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Posts written by aaurelio

  1. .

    Limpida acqua pura



    Limpida acqua pura
    ch’io bramo
    di freschi dolci pensieri
    che lascino tracce
    nitide saltellando
    allegre sulle rocce
    e le pietre
    ch’io guardo seduto
    a bordo del ciglio.
    Limpida e pura che
    nel colore
    riflette tutti gli umori
    del cielo e i riflessi
    lampi o raggi di sole
    che brillano
    gai sui mulinelli.
    Fonte sorgiva
    che disseti il mio arido
    petto e quieti l’arsura
    del cuore,
    mostrandomi crudeli
    mutilazioni e in quel tuo
    specchio visioni
    di immense sciagure
    e la mia terra d’infanzia
    che non più riconosco.
    Trasportatore, ora
    silenzioso, ora irruento
    di storie, di gente
    che prega, del pianto,
    del mondo e di sole
    che scalda le mie spalle
    e il mio cuore
    senza più una fede ,
    di speranza coscienziosa
    e di assurde ricerche
    d’amore.
    Limpida acqua pura
    ch’io bramo ispirata a che
    sempre canti melodie
    di buon senso, rispettosa
    della brevità
    del tempo che vive.




    di Aurelio Albanese

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  2. .

    Nuovi sacerdoti del piacere



    Fa scuola il cristianesimo
    per ogni tortura di cui
    non trascurava neppure
    un solo dettaglio.
    Fa scuola la sua crudeltà
    che blasfema
    imponeva nel nome di Dio
    alla sua stessa gente
    con sofferenze inaudite,
    tagliando mani, piedi
    e teste che poi esponeva
    alla gogna, i segati a metà
    e di uccisi nella pece
    o nell’olio bollente.
    Il cristianesimo
    che strappava i denti
    le unghie, impalava,
    o metteva al rogo e poi
    diceva al contadino
    ignorante abiura, pentiti
    e convertiti alla pietà.
    Oggi, impotenti assistiamo
    all’orrore dei nuovi
    evangelizzatori che vestiti
    di nero nel nome
    di Allah, stuprano
    tagliano mani, piedi e teste
    che poi mettono alla berlina
    su dei pali, vigliacchi
    non meno crudeli e,
    non meno blasfemi .
    Oggi gridiamo giustizia
    spaventati dai nuovi crociati
    che stringono in mano
    il machete e che si buttano
    sui nostri moderni villaggi
    e sulle folle con ogni
    mezzo che hanno, gridando
    Allah akbar e scegliendo
    il martirio.
    Nuovi sacerdoti
    del piacere e di tutti i vizi
    abietti di ogni tempo,
    servi del male, vergogna
    del mondo che noi
    con l’esempio abbiamo
    abituato all’odore
    e al gusto del sangue.




    di Aurelio Albanese

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  3. .

    Dove lei era, così bella e profumata



    In quei giorni
    spensierati, io pure ero
    con voi seduto
    su di un plaid aperto
    nel prato tra i fiori
    sotto un sole bugiardo
    e quanto vi ho amato
    miei giovani amici,
    quante canzoni ho
    a squarciagola in coro
    con voi tutti cantato
    di Baglioni, Celentano
    o di Battisti.
    In quei giorni dove lei
    era, così bella e profumata
    e noi avevamo
    i pantaloni rattoppati,
    le tasche vuote, magri
    da fare paura
    e i capelli lunghi e,
    sognavamo sospirando
    il futuro sdraiati
    a petto nudo, la pagliuzza
    tra i denti e innamorati
    della vita.
    Giorni, di madri ancora
    vergini e ingenue ma,
    incredibilmente coraggiose
    che amavano i figli
    e di padri cresciuti troppo
    in fretta che ricorderò
    sempre come i più belli.
    Giorni, ormai lontani
    dal tuo grembo oh mamma
    e dai tuoi occhi severi
    e tristi papà.
    Lontani dalla bella terra
    pulita di un tempo, le fughe,
    le sigarette fumate
    di nascosto e gli errori
    che raccontano
    parte delle nostre storie.
    Lontani dalla gustosa
    frutta raccolta sugli alberi
    che mangiavamo,
    dalle pugnette o dai baci
    che ancora bruciano .




    di Aurelio Albanese

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  4. .

    Come una torcia in mezzo alle gambe


    Quante bestemmie
    si dicono tutti i giorni
    a giustificazione di vizi,
    uniti ad un coro
    di puttane e di sacerdoti
    del piacere, guardiani
    di una morale
    sporca di sangue
    e confinata in terribili
    campi di concentramento.
    Quante bestemmie
    verso Dio per ringraziarlo
    e dove affogare
    la nostra viziosa carne,
    consapevoli di offendere
    ogni suo comandamento
    e amoroso disegno .
    Bestemmie condite
    magnificamente per alleviare
    le nostre coscienze
    e bestemmie che ci legano
    mani e piedi, imbavagliano
    e lasciano morire
    nella tristezza e nel buio.
    Quante bestemmie
    ipocrite misurano il cuore
    di ogni povero della terra
    nascondendo la lussuria
    di tutti che oscena
    ha sguardi immorali
    e che brucia come una torcia
    in mezzo alle gambe
    di chi finge umanità,
    altruismo con la lampo aperta
    e la mano sullo scettro
    ancora sporco
    di merda e sangue.
    Quante volgari bestemmie
    stabiliscono il valore
    di un essere umano
    in oro neo o diamanti
    e poi pongono la loro mano
    santa sul capo degli
    increduli benedicendoli
    e quante soffocano
    ogni grido di disperazione...


    di Aurelio Albanese

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  5. .

    In una finzione d’amore



    Eppure è un rimprovero
    ciò che io avverto
    silenzioso dentro me
    come un rovente pungolo
    e quand’anche taccia
    il mio amoroso sentire
    più tenero.
    È uno sguardo giornaliero
    che quotidiano
    non si ribella alla fatica
    restauratrice di giustizia
    di una umanità ripugnante
    così amata e così detestata
    e puglia di figli stupidi.
    Eppure,
    appena di là delle Alpi
    già dalle scoscese
    verdeggianti colline e giù
    per le pianure fino al mare,
    vivaci attendono
    pazienti d’essere raccolti
    i sogni e le bugie
    che ci fanno amare la vita
    o c’è quella via di fuga
    dall’ipocrisia di un amore
    cannibale.
    Oh ! Immaginazione
    che mi liberi sempre
    dalla mia crudele prigione,
    ma che pure e non meno
    mi ricordi la bellezza
    immortale dell’innocenza
    rinfacciandomela come
    una colpa taciuta,
    o per non averla
    adeguatamente difesa.
    Già ! E come tutti
    pure io sono un ipocrita
    e infelice come ogn’altro
    mio compagno che
    ostenta felicità cercando
    di qua di comprare
    un pezzetto o anche solo l’idea
    di eternità nascondendo
    con accorgimento
    gli orribili delitti commessi
    con gli occhi, la malevola
    lingua e nel cuore, in una
    finzione d’amore .



    di Aurelio Albanese

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  6. .

    Sperando che il vento cambi


    Tanto ricco
    m’appariva il buon pane
    e formaggio
    mentre a bocconi grossi
    mangiavo delle croste
    più dure avanzate
    bagnate nel latte e condite
    con dello zucchero.
    Già ! Ai miei occhi
    che guardavano sempre
    lontano oltre le nuvole,
    a volte arrabbiati
    con il cielo e, altre pieni
    di vergogna nascosti
    dietro ad una maschera triste
    e dal dolore sconfitti.
    Tanto belle
    mi apparivano le scarpe
    degli altri bambini
    o il profumo di pulito
    che aveva la loro pelle
    mentre cercavo
    di non fare uscire dai miei
    pesanti scarponi l’alluce
    che imbarazzato ritraevo
    e un diverso odore
    da far storcere il naso.
    Miseria dove ancora
    chissà quanti figli d’immigrati
    nascono e vivono, sperando
    che un giorno pure per loro
    il vento cambi.
    Sperando che la miseria
    di oggi mai più
    li costringa o costringa
    i loro figli a dovere
    abbandonare la propria terra
    per tentare con l’intera
    famiglia d’affrontare
    la furia rabbiosa del mare.
    Tanto ricco m’appariva
    l’amore che avevo e, tanto
    buono il mio cuore
    e vi giuro che mai avrei
    immaginato davvero
    di rivivere nella loro
    sofferenza e tribolazione
    la mia.




    di Aurelio Albanese

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  7. .

    Scusate il mio sfogo


    La gente, risentita
    come una vedova o orfana,
    spoglia di ogni bellezza
    e priva di tutto, aspetta
    quell’incanto che sappia
    sublime e dolce
    portare tempo bello e aria
    serena, piena di gioia.
    La gente, attende
    il buonumore sul viso
    come una carezza,
    volgendo al cielo
    e a quel sole nascosto
    dietro le nuvole
    i suoi occhi innamorati
    che vorrebbero essere
    baciati con amore.
    La gente, non sa più
    definire la sua stagione
    e come impazzita
    confonde il tempo
    delle rughe con il cattivo
    gusto e il bello
    della gioventù con
    l’ostentato esibizionismo,
    dimenticando finanche
    chi era, quando
    non aveva un soldo in tasca
    ma era felice davvero.
    La gente risentita
    e addolorata, accecata
    dalla rabbia trascura
    l’incanto che è vivo
    in ogni cosa che lo circonda
    e accumula cose inutili
    per distrarsi, illudendosi
    che queste vanità
    gli portino gioia
    e così implora la fortuna
    che nessuno vede né ode
    come una madre in lutto
    che trascura i figli
    lasciati soli, lontano dalle
    loro coscienze
    … e noi scusate il mio sfogo,
    ne udiamo il pianto.


    di Aurelio Albanese

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  8. .

    Ancora calda e scossa fuma


    Gridano forte !
    Lampano e gridano
    nere e gonfie di pioggia
    come se fossero sempre
    arrabbiate, come chi è
    davvero stanco
    della continua indecenza
    di un uomo stupido
    che fa scempio
    e rovina ogni bene
    e bellezza del mondo.
    Il vento infuria
    e divertito quest’oggi
    scorrazza rumoroso
    nelle vie e nelle piazze
    del centro e delle
    periferie buttando
    per aria
    cartacce e bottiglie
    di vetro e di plastica
    lasciate in ogni
    angolo dei portoni,
    ai bordi dei marciapiedi,
    fuori dai cassonetti
    e in ogni dove.
    Viola di rabbia
    per il germogliar delle
    teneri sementi
    su una discarica a cielo
    aperto, grida ! Quasi
    a rifugiarsi tra i solchi
    profondi dell’aratro
    e come una grande mano
    poi li accarezza emettendo
    un lamento che sembra
    il pianto umano.
    E la terra, sotto il fitto
    tambureggiare di guerra
    del cielo, ancora
    calda e scossa fuma
    sotto le pesanti gocce
    cariche di rabbia,
    rilasciando un orribile
    odore di sangue
    e di cadaveri che in fila
    come un fiume in piena
    galleggiano ora riversi
    in un fango nero
    senza trovare riposo.



    di Aurelio Albanese

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  9. .

    Dove gli uomini non mi deridono



    Affacciato al mare,
    ti vedo per la prima volta
    volare leggero al
    crepuscolo, tra i caldi
    raggi di sole
    e sulle onde dorate
    come un’anima libera.
    E quasi piango
    per l’emozione
    guardando le tue ali
    giganti volteggiare
    verso il sole
    che già tramonta
    e poi planare leggere
    sulle crespate onde .
    Pure io non meno goffo
    e maldestro sul molo
    muovo il mio sguardo,
    deriso per le mie
    ferite gambe e il mio
    sentire amoroso
    e, nell’infinito io pure,
    non meno getto la rete
    per quella pesca
    che fruttuosa poi sazi
    i miei sentimenti.
    Principe dei nembi,
    tu sfidi temerario il mare
    turbolento ed ogni
    tempesta e così anch’io
    non meno faticando
    come te mi alzo da terra
    per volare alto nel cielo
    dove gli uomini
    non mi deridono
    e torno ad essere bello.
    Ti vedo, nella tua
    insicurezza e desiderio
    e per la prima volta
    con te io volo libero
    su quegli amari abissi
    che tanto fanno paura,
    lasciando che il vento
    della libera poesia
    soffi amoroso sotto
    pure le mie grandi ali
    e mi sostenga.





    di Aurelio Albanese

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  10. .

    Canto d’uccelletti


    È, per questa mia voglia
    che abbisogna d’amore,
    di fresca rugiada,
    di fiori e canto di uccelletti.
    Questo desiderio di sole
    che scaldi e asciughi
    le lacrime dei mille e mille
    orfanelli lasciati soli
    a giocare come tanti uccelletti
    con candide voci nei loro nidi.
    È, per lo spettacolo
    d’un cielo trapunto di stelle
    che mi consola nella notte
    più nera, mentre il cielo
    infuria, lampa e rimugghia
    poi placato apre una
    breccia tra le nuvole viola
    e spalanca le porte.
    È, per questo Dio ch’io
    chiamo innamorato di continuo
    Padre, come un albero
    vecchio che, offre i suoi frutti
    su dei rami rugosi o,
    se aprisse le braccia al cielo
    e abbisogni di sole e pace.
    È, per la musica che
    sento ogni giorno nel cuore
    e che vorrei sentissero tutti,
    o per il buon profumo
    del pane appena sfornato
    e l’odore di legna
    e di briciole che con la brace
    saltellano rosse nel forno.
    È per il profumo che sale
    dalla terra già pronta alla semina
    e mio nonno curvato
    sull’aratro che levando
    la mano alla fronte
    si asciuga il sudore
    guardando sorgere il sole,
    o per quegli ultimi raggi
    che nel mare
    lentamente si spengono
    con ogni altro frastuono
    lasciando il posto alla luna
    e ai miei occhi il sonno
    innocente.






    di Aurelio Albanese

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  11. .

    In attesa di assaggiare pezzi di cielo



    Piange la mia anima
    quest’oggi, come un bimbo
    lasciato solo e che,
    spaventato non trova più
    la sua mamma.
    Piange, per un amore
    sempre più senza futuro,
    che non allatta
    più al seno i suoi figli,
    con quelle lacrime
    di chi amava davvero,
    di chi senza paura aveva
    grandi sogni per loro
    di un mondo migliore.
    Quest’anima mia
    che così poco conosco,
    scheggiata da un mondo
    chiacchierone e dai
    locali lucenti che come
    un fiume di birra
    pieno di curve annebbiano
    il cuore e gli occhi.
    Questa notte così bella
    d’estate, con odori
    di paglia che sale dai campi
    e dagli angoli bui
    dove gli innamorati
    si abbracciano e baciano
    e le vie sono già tutte
    piene di ragazzi
    che tornano a casa.
    Questa mia anima che
    vuole capire la sua borgata
    tutta calce e polvere,
    immersa nel verde e
    costretta a fingere d’avere
    una madre gentile
    e a invecchiare confusa
    nei vizi del mondo
    che, come un caldo
    venticello sull’ondulata
    pianura si trascina
    qua e là sui fili stesi,
    alzando cartacce e polvere
    in attesa di assaggiare
    pezzi di cielo.





    di Aurelio Albanese

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  12. .

    Quello sconforto che affievolisce ogni fulgore


    Nella miseria della realtà,
    quasi ogni giorno si spegne
    la mia gioia e ha
    il sopravvento quello
    sconforto che affievolisce
    ogni fulgore... In una
    tumultuosa inquietudine
    che dentro me non si placa
    e nella incomprensibile
    solitudine e distanza
    di un cielo silenzioso...
    Nella miseria
    che tormentata dal dolore
    dentro me brucia
    come un fuoco che fatico
    ancora oggi a comprendere
    e che racconta sempre
    d’un passato
    che di continuo torna
    con troppe lacrime
    e una gioia
    incomprensibile, ricca
    di tanti dubbi, curiosità
    e un’anima fragile
    incessantemente in cerca
    di eternità.
    Tra ombre fluttuanti
    nel tempo
    che senza età nella mia
    memoria mi giungono
    come attraverso una grata
    fissata sulla finestra
    di una grande camerata
    con decine e decine di letti
    e che poi legava
    la mia anima a quelle
    fredde sbarre di ferro
    che mi toglievano
    il sorriso e derubavano
    della mia libertà.
    Miseria, di una realtà
    che non è mai cambiata
    nel tempo, un’onda
    eterna che dai miei occhi
    non toglie i fantasmi tristi,
    il cielo, i monti, il mare
    e le grida gioiose
    di centinaia di bambini
    amputati o polio che,
    nella Fondazione Don Gnocchi
    a Marina di Massa
    giocavano sul bagnasciuga
    o tra le onde del mare .


    di Aurelio Albanese

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  13. .

    Come un profumo nell’aria



    Dall’alto del campanile
    della piccola chiesa
    di San Pio Decimo,
    della borgata Falchera
    cadono con dolcezza
    già dalle
    prime ore mattutine
    quei domenicali rintocchi
    che raggiungono
    chi come me è ancora
    assonnato a letto
    sotto delle calde lenzuola
    e lo fanno con una
    tenera materna carezza
    d’amore.
    Così mesti e dolci,
    dall’alto scendono
    gioiosi nel cuore di tutti,
    cantando l’Alleluia
    e aspergendo come
    un profumo nell’aria
    un prezioso messaggio
    di amorosa speranza
    che dice al mondo
    intero che sia infine pace
    su tutta la terra
    per amore di Dio.
    Il canto degli uccelletti
    ti spezza il cuore e,
    sembra che ringrazino
    sempre il Signore grati
    di tutto e la natura
    nel suo risveglio pure
    prega piena di colore
    per una pace che faccia
    cessare ogni guerra.
    La gente giù in strada
    sciolta nella catena
    dell’amore e dell’odio
    quest’oggi passeggia
    ascoltando nel suo cuore
    cadere dall’alto
    quel suono dolce, avendo
    solo voglia sottrarsi
    dai viziati sguardi di chi
    è ebro di rabbia e
    la loro anima rallegrata
    si perde sulle labbra
    della donna che ama



    di Aurelio Albanese

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  14. .

    Che bel viaggio



    Che bel viaggio
    è tutto sommato la vita
    e lo è ancor più
    quando scegliamo
    di vivere
    e di non arrenderci.
    Ed è bello
    il mondo tutto, se ogni
    giorno noi lo guardiamo
    con gli occhi
    di un innamorato che
    manda al diavolo
    tutto e, fischiettando
    passeggia ballando
    senza l’ombrello
    sotto la pioggia o
    a piedi nudi
    sul bagnasciuga sotto
    un cielo sereno, trapunto
    di mille e mille stelle
    e travolto dal profumo
    del mare e la magica
    bellezza mozzafiato
    che si pregna di colori
    ogni sera al tramonto.
    Come dolce uva
    ti riempie ogni giorno
    la bocca e ogni suo
    chicco è un dolce bacio
    profumato che tutto
    accende di Primavera,
    ed è come un braciere
    pieno di fuoco
    che tiene vivo nel cuore
    quell’amore che ti fa sentire
    a dispetto di tutto felice.
    Che bel viaggio
    ho fatto con voi amici
    miei cari, bello davvero
    anche quando
    tutto sembrava spegnersi
    in una notte fredda
    e felice sempre di andare
    alla più bella festa della vita
    e quand’anche a volte
    lei si nasconda tra le nubi
    ai miei occhi .




    di Aurelio Albanese

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  15. .

    Sempre davanti alla bocca del leone



    È, questo mio stare
    sempre davanti alla bocca
    del leone, sfidando la
    sua fame e istinto violento
    non mostrando paura.
    È, la battaglia che dentro
    me fin da ragazzo
    infiammava e che
    impavida ancora oggi
    maledice la sorte e
    ogni inganno che la vita
    promette .
    Come da fumi lasciati
    dal vino, la mia testa osserva
    tra le gambe socchiuse
    di una donna, l’amore
    e innamorato i bei monti,
    le valli e la meraviglia
    del mare, sotto il sole
    e nel gelo del freddo inverno,
    con dentro se un
    pungente vento furioso
    e il desiderio di infinito.
    Pensoso e pieno
    d’orgoglio nella fioca luce
    dolce degli anni,
    io levo gli occhi al cielo,
    calmando il mio cuore
    che scoppia, senza sapere
    quale sia la radice
    che sì tanto radica nella
    mia gioia e che poi,
    a muso duro mi spinge
    a sfidare la terra.
    Nelle mascelle del leone e,
    sfidando il suo istinto
    violento, io metto la testa
    per dimostrare a me stesso
    che valgo e per dare
    a mio figlio quell’esempio
    che sia di guida
    nella sua vita che sboccia.
    È, questo mio stare
    sempre davanti… il primo
    a prendere sempre
    le botte e a fare la corte
    alla luna e incantato
    guardare le stelle…...



    di Aurelio Albanese

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