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Limpida acqua pura
Limpida acqua pura
ch’io bramo
di freschi dolci pensieri
che lascino tracce
nitide saltellando
allegre sulle rocce
e le pietre
ch’io guardo seduto
a bordo del ciglio.
Limpida e pura che
nel colore
riflette tutti gli umori
del cielo e i riflessi
lampi o raggi di sole
che brillano
gai sui mulinelli.
Fonte sorgiva
che disseti il mio arido
petto e quieti l’arsura
del cuore,
mostrandomi crudeli
mutilazioni e in quel tuo
specchio visioni
di immense sciagure
e la mia terra d’infanzia
che non più riconosco.
Trasportatore, ora
silenzioso, ora irruento
di storie, di gente
che prega, del pianto,
del mondo e di sole
che scalda le mie spalle
e il mio cuore
senza più una fede ,
di speranza coscienziosa
e di assurde ricerche
d’amore.
Limpida acqua pura
ch’io bramo ispirata a che
sempre canti melodie
di buon senso, rispettosa
della brevità
del tempo che vive.
di Aurelio Albanese -
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Nuovi sacerdoti del piacere
Fa scuola il cristianesimo
per ogni tortura di cui
non trascurava neppure
un solo dettaglio.
Fa scuola la sua crudeltà
che blasfema
imponeva nel nome di Dio
alla sua stessa gente
con sofferenze inaudite,
tagliando mani, piedi
e teste che poi esponeva
alla gogna, i segati a metà
e di uccisi nella pece
o nell’olio bollente.
Il cristianesimo
che strappava i denti
le unghie, impalava,
o metteva al rogo e poi
diceva al contadino
ignorante abiura, pentiti
e convertiti alla pietà.
Oggi, impotenti assistiamo
all’orrore dei nuovi
evangelizzatori che vestiti
di nero nel nome
di Allah, stuprano
tagliano mani, piedi e teste
che poi mettono alla berlina
su dei pali, vigliacchi
non meno crudeli e,
non meno blasfemi .
Oggi gridiamo giustizia
spaventati dai nuovi crociati
che stringono in mano
il machete e che si buttano
sui nostri moderni villaggi
e sulle folle con ogni
mezzo che hanno, gridando
Allah akbar e scegliendo
il martirio.
Nuovi sacerdoti
del piacere e di tutti i vizi
abietti di ogni tempo,
servi del male, vergogna
del mondo che noi
con l’esempio abbiamo
abituato all’odore
e al gusto del sangue.
di Aurelio Albanese -
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Dove lei era, così bella e profumata
In quei giorni
spensierati, io pure ero
con voi seduto
su di un plaid aperto
nel prato tra i fiori
sotto un sole bugiardo
e quanto vi ho amato
miei giovani amici,
quante canzoni ho
a squarciagola in coro
con voi tutti cantato
di Baglioni, Celentano
o di Battisti.
In quei giorni dove lei
era, così bella e profumata
e noi avevamo
i pantaloni rattoppati,
le tasche vuote, magri
da fare paura
e i capelli lunghi e,
sognavamo sospirando
il futuro sdraiati
a petto nudo, la pagliuzza
tra i denti e innamorati
della vita.
Giorni, di madri ancora
vergini e ingenue ma,
incredibilmente coraggiose
che amavano i figli
e di padri cresciuti troppo
in fretta che ricorderò
sempre come i più belli.
Giorni, ormai lontani
dal tuo grembo oh mamma
e dai tuoi occhi severi
e tristi papà.
Lontani dalla bella terra
pulita di un tempo, le fughe,
le sigarette fumate
di nascosto e gli errori
che raccontano
parte delle nostre storie.
Lontani dalla gustosa
frutta raccolta sugli alberi
che mangiavamo,
dalle pugnette o dai baci
che ancora bruciano .
di Aurelio Albanese -
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Come una torcia in mezzo alle gambe
Quante bestemmie
si dicono tutti i giorni
a giustificazione di vizi,
uniti ad un coro
di puttane e di sacerdoti
del piacere, guardiani
di una morale
sporca di sangue
e confinata in terribili
campi di concentramento.
Quante bestemmie
verso Dio per ringraziarlo
e dove affogare
la nostra viziosa carne,
consapevoli di offendere
ogni suo comandamento
e amoroso disegno .
Bestemmie condite
magnificamente per alleviare
le nostre coscienze
e bestemmie che ci legano
mani e piedi, imbavagliano
e lasciano morire
nella tristezza e nel buio.
Quante bestemmie
ipocrite misurano il cuore
di ogni povero della terra
nascondendo la lussuria
di tutti che oscena
ha sguardi immorali
e che brucia come una torcia
in mezzo alle gambe
di chi finge umanità,
altruismo con la lampo aperta
e la mano sullo scettro
ancora sporco
di merda e sangue.
Quante volgari bestemmie
stabiliscono il valore
di un essere umano
in oro neo o diamanti
e poi pongono la loro mano
santa sul capo degli
increduli benedicendoli
e quante soffocano
ogni grido di disperazione...
di Aurelio Albanese -
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In una finzione d’amore
Eppure è un rimprovero
ciò che io avverto
silenzioso dentro me
come un rovente pungolo
e quand’anche taccia
il mio amoroso sentire
più tenero.
È uno sguardo giornaliero
che quotidiano
non si ribella alla fatica
restauratrice di giustizia
di una umanità ripugnante
così amata e così detestata
e puglia di figli stupidi.
Eppure,
appena di là delle Alpi
già dalle scoscese
verdeggianti colline e giù
per le pianure fino al mare,
vivaci attendono
pazienti d’essere raccolti
i sogni e le bugie
che ci fanno amare la vita
o c’è quella via di fuga
dall’ipocrisia di un amore
cannibale.
Oh ! Immaginazione
che mi liberi sempre
dalla mia crudele prigione,
ma che pure e non meno
mi ricordi la bellezza
immortale dell’innocenza
rinfacciandomela come
una colpa taciuta,
o per non averla
adeguatamente difesa.
Già ! E come tutti
pure io sono un ipocrita
e infelice come ogn’altro
mio compagno che
ostenta felicità cercando
di qua di comprare
un pezzetto o anche solo l’idea
di eternità nascondendo
con accorgimento
gli orribili delitti commessi
con gli occhi, la malevola
lingua e nel cuore, in una
finzione d’amore .
di Aurelio Albanese -
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Sperando che il vento cambi
Tanto ricco
m’appariva il buon pane
e formaggio
mentre a bocconi grossi
mangiavo delle croste
più dure avanzate
bagnate nel latte e condite
con dello zucchero.
Già ! Ai miei occhi
che guardavano sempre
lontano oltre le nuvole,
a volte arrabbiati
con il cielo e, altre pieni
di vergogna nascosti
dietro ad una maschera triste
e dal dolore sconfitti.
Tanto belle
mi apparivano le scarpe
degli altri bambini
o il profumo di pulito
che aveva la loro pelle
mentre cercavo
di non fare uscire dai miei
pesanti scarponi l’alluce
che imbarazzato ritraevo
e un diverso odore
da far storcere il naso.
Miseria dove ancora
chissà quanti figli d’immigrati
nascono e vivono, sperando
che un giorno pure per loro
il vento cambi.
Sperando che la miseria
di oggi mai più
li costringa o costringa
i loro figli a dovere
abbandonare la propria terra
per tentare con l’intera
famiglia d’affrontare
la furia rabbiosa del mare.
Tanto ricco m’appariva
l’amore che avevo e, tanto
buono il mio cuore
e vi giuro che mai avrei
immaginato davvero
di rivivere nella loro
sofferenza e tribolazione
la mia.
di Aurelio Albanese -
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Scusate il mio sfogo
La gente, risentita
come una vedova o orfana,
spoglia di ogni bellezza
e priva di tutto, aspetta
quell’incanto che sappia
sublime e dolce
portare tempo bello e aria
serena, piena di gioia.
La gente, attende
il buonumore sul viso
come una carezza,
volgendo al cielo
e a quel sole nascosto
dietro le nuvole
i suoi occhi innamorati
che vorrebbero essere
baciati con amore.
La gente, non sa più
definire la sua stagione
e come impazzita
confonde il tempo
delle rughe con il cattivo
gusto e il bello
della gioventù con
l’ostentato esibizionismo,
dimenticando finanche
chi era, quando
non aveva un soldo in tasca
ma era felice davvero.
La gente risentita
e addolorata, accecata
dalla rabbia trascura
l’incanto che è vivo
in ogni cosa che lo circonda
e accumula cose inutili
per distrarsi, illudendosi
che queste vanità
gli portino gioia
e così implora la fortuna
che nessuno vede né ode
come una madre in lutto
che trascura i figli
lasciati soli, lontano dalle
loro coscienze
… e noi scusate il mio sfogo,
ne udiamo il pianto.
di Aurelio Albanese -
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Ancora calda e scossa fuma
Gridano forte !
Lampano e gridano
nere e gonfie di pioggia
come se fossero sempre
arrabbiate, come chi è
davvero stanco
della continua indecenza
di un uomo stupido
che fa scempio
e rovina ogni bene
e bellezza del mondo.
Il vento infuria
e divertito quest’oggi
scorrazza rumoroso
nelle vie e nelle piazze
del centro e delle
periferie buttando
per aria
cartacce e bottiglie
di vetro e di plastica
lasciate in ogni
angolo dei portoni,
ai bordi dei marciapiedi,
fuori dai cassonetti
e in ogni dove.
Viola di rabbia
per il germogliar delle
teneri sementi
su una discarica a cielo
aperto, grida ! Quasi
a rifugiarsi tra i solchi
profondi dell’aratro
e come una grande mano
poi li accarezza emettendo
un lamento che sembra
il pianto umano.
E la terra, sotto il fitto
tambureggiare di guerra
del cielo, ancora
calda e scossa fuma
sotto le pesanti gocce
cariche di rabbia,
rilasciando un orribile
odore di sangue
e di cadaveri che in fila
come un fiume in piena
galleggiano ora riversi
in un fango nero
senza trovare riposo.
di Aurelio Albanese -
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Dove gli uomini non mi deridono
Affacciato al mare,
ti vedo per la prima volta
volare leggero al
crepuscolo, tra i caldi
raggi di sole
e sulle onde dorate
come un’anima libera.
E quasi piango
per l’emozione
guardando le tue ali
giganti volteggiare
verso il sole
che già tramonta
e poi planare leggere
sulle crespate onde .
Pure io non meno goffo
e maldestro sul molo
muovo il mio sguardo,
deriso per le mie
ferite gambe e il mio
sentire amoroso
e, nell’infinito io pure,
non meno getto la rete
per quella pesca
che fruttuosa poi sazi
i miei sentimenti.
Principe dei nembi,
tu sfidi temerario il mare
turbolento ed ogni
tempesta e così anch’io
non meno faticando
come te mi alzo da terra
per volare alto nel cielo
dove gli uomini
non mi deridono
e torno ad essere bello.
Ti vedo, nella tua
insicurezza e desiderio
e per la prima volta
con te io volo libero
su quegli amari abissi
che tanto fanno paura,
lasciando che il vento
della libera poesia
soffi amoroso sotto
pure le mie grandi ali
e mi sostenga.
di Aurelio Albanese -
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Canto d’uccelletti
È, per questa mia voglia
che abbisogna d’amore,
di fresca rugiada,
di fiori e canto di uccelletti.
Questo desiderio di sole
che scaldi e asciughi
le lacrime dei mille e mille
orfanelli lasciati soli
a giocare come tanti uccelletti
con candide voci nei loro nidi.
È, per lo spettacolo
d’un cielo trapunto di stelle
che mi consola nella notte
più nera, mentre il cielo
infuria, lampa e rimugghia
poi placato apre una
breccia tra le nuvole viola
e spalanca le porte.
È, per questo Dio ch’io
chiamo innamorato di continuo
Padre, come un albero
vecchio che, offre i suoi frutti
su dei rami rugosi o,
se aprisse le braccia al cielo
e abbisogni di sole e pace.
È, per la musica che
sento ogni giorno nel cuore
e che vorrei sentissero tutti,
o per il buon profumo
del pane appena sfornato
e l’odore di legna
e di briciole che con la brace
saltellano rosse nel forno.
È per il profumo che sale
dalla terra già pronta alla semina
e mio nonno curvato
sull’aratro che levando
la mano alla fronte
si asciuga il sudore
guardando sorgere il sole,
o per quegli ultimi raggi
che nel mare
lentamente si spengono
con ogni altro frastuono
lasciando il posto alla luna
e ai miei occhi il sonno
innocente.
di Aurelio Albanese -
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In attesa di assaggiare pezzi di cielo
Piange la mia anima
quest’oggi, come un bimbo
lasciato solo e che,
spaventato non trova più
la sua mamma.
Piange, per un amore
sempre più senza futuro,
che non allatta
più al seno i suoi figli,
con quelle lacrime
di chi amava davvero,
di chi senza paura aveva
grandi sogni per loro
di un mondo migliore.
Quest’anima mia
che così poco conosco,
scheggiata da un mondo
chiacchierone e dai
locali lucenti che come
un fiume di birra
pieno di curve annebbiano
il cuore e gli occhi.
Questa notte così bella
d’estate, con odori
di paglia che sale dai campi
e dagli angoli bui
dove gli innamorati
si abbracciano e baciano
e le vie sono già tutte
piene di ragazzi
che tornano a casa.
Questa mia anima che
vuole capire la sua borgata
tutta calce e polvere,
immersa nel verde e
costretta a fingere d’avere
una madre gentile
e a invecchiare confusa
nei vizi del mondo
che, come un caldo
venticello sull’ondulata
pianura si trascina
qua e là sui fili stesi,
alzando cartacce e polvere
in attesa di assaggiare
pezzi di cielo.
di Aurelio Albanese -
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Quello sconforto che affievolisce ogni fulgore
Nella miseria della realtà,
quasi ogni giorno si spegne
la mia gioia e ha
il sopravvento quello
sconforto che affievolisce
ogni fulgore... In una
tumultuosa inquietudine
che dentro me non si placa
e nella incomprensibile
solitudine e distanza
di un cielo silenzioso...
Nella miseria
che tormentata dal dolore
dentro me brucia
come un fuoco che fatico
ancora oggi a comprendere
e che racconta sempre
d’un passato
che di continuo torna
con troppe lacrime
e una gioia
incomprensibile, ricca
di tanti dubbi, curiosità
e un’anima fragile
incessantemente in cerca
di eternità.
Tra ombre fluttuanti
nel tempo
che senza età nella mia
memoria mi giungono
come attraverso una grata
fissata sulla finestra
di una grande camerata
con decine e decine di letti
e che poi legava
la mia anima a quelle
fredde sbarre di ferro
che mi toglievano
il sorriso e derubavano
della mia libertà.
Miseria, di una realtà
che non è mai cambiata
nel tempo, un’onda
eterna che dai miei occhi
non toglie i fantasmi tristi,
il cielo, i monti, il mare
e le grida gioiose
di centinaia di bambini
amputati o polio che,
nella Fondazione Don Gnocchi
a Marina di Massa
giocavano sul bagnasciuga
o tra le onde del mare .
di Aurelio Albanese -
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Come un profumo nell’aria
Dall’alto del campanile
della piccola chiesa
di San Pio Decimo,
della borgata Falchera
cadono con dolcezza
già dalle
prime ore mattutine
quei domenicali rintocchi
che raggiungono
chi come me è ancora
assonnato a letto
sotto delle calde lenzuola
e lo fanno con una
tenera materna carezza
d’amore.
Così mesti e dolci,
dall’alto scendono
gioiosi nel cuore di tutti,
cantando l’Alleluia
e aspergendo come
un profumo nell’aria
un prezioso messaggio
di amorosa speranza
che dice al mondo
intero che sia infine pace
su tutta la terra
per amore di Dio.
Il canto degli uccelletti
ti spezza il cuore e,
sembra che ringrazino
sempre il Signore grati
di tutto e la natura
nel suo risveglio pure
prega piena di colore
per una pace che faccia
cessare ogni guerra.
La gente giù in strada
sciolta nella catena
dell’amore e dell’odio
quest’oggi passeggia
ascoltando nel suo cuore
cadere dall’alto
quel suono dolce, avendo
solo voglia sottrarsi
dai viziati sguardi di chi
è ebro di rabbia e
la loro anima rallegrata
si perde sulle labbra
della donna che ama
di Aurelio Albanese -
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Che bel viaggio
Che bel viaggio
è tutto sommato la vita
e lo è ancor più
quando scegliamo
di vivere
e di non arrenderci.
Ed è bello
il mondo tutto, se ogni
giorno noi lo guardiamo
con gli occhi
di un innamorato che
manda al diavolo
tutto e, fischiettando
passeggia ballando
senza l’ombrello
sotto la pioggia o
a piedi nudi
sul bagnasciuga sotto
un cielo sereno, trapunto
di mille e mille stelle
e travolto dal profumo
del mare e la magica
bellezza mozzafiato
che si pregna di colori
ogni sera al tramonto.
Come dolce uva
ti riempie ogni giorno
la bocca e ogni suo
chicco è un dolce bacio
profumato che tutto
accende di Primavera,
ed è come un braciere
pieno di fuoco
che tiene vivo nel cuore
quell’amore che ti fa sentire
a dispetto di tutto felice.
Che bel viaggio
ho fatto con voi amici
miei cari, bello davvero
anche quando
tutto sembrava spegnersi
in una notte fredda
e felice sempre di andare
alla più bella festa della vita
e quand’anche a volte
lei si nasconda tra le nubi
ai miei occhi .
di Aurelio Albanese -
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Sempre davanti alla bocca del leone
È, questo mio stare
sempre davanti alla bocca
del leone, sfidando la
sua fame e istinto violento
non mostrando paura.
È, la battaglia che dentro
me fin da ragazzo
infiammava e che
impavida ancora oggi
maledice la sorte e
ogni inganno che la vita
promette .
Come da fumi lasciati
dal vino, la mia testa osserva
tra le gambe socchiuse
di una donna, l’amore
e innamorato i bei monti,
le valli e la meraviglia
del mare, sotto il sole
e nel gelo del freddo inverno,
con dentro se un
pungente vento furioso
e il desiderio di infinito.
Pensoso e pieno
d’orgoglio nella fioca luce
dolce degli anni,
io levo gli occhi al cielo,
calmando il mio cuore
che scoppia, senza sapere
quale sia la radice
che sì tanto radica nella
mia gioia e che poi,
a muso duro mi spinge
a sfidare la terra.
Nelle mascelle del leone e,
sfidando il suo istinto
violento, io metto la testa
per dimostrare a me stesso
che valgo e per dare
a mio figlio quell’esempio
che sia di guida
nella sua vita che sboccia.
È, questo mio stare
sempre davanti… il primo
a prendere sempre
le botte e a fare la corte
alla luna e incantato
guardare le stelle…...
di Aurelio Albanese