CONSIGLI E CURIOSITA' CULINARIE

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    IL CARCIOFO COME VIENE TRATTATO IN CUCINA




    Il carciofo è una delle verdure più “ostiche”, ma allo stesso tempo più gustose che il panorama gastronomico ci offre. Il suo sapore, pur così deciso, è capace di sposarsi perfettamente con altri ingredienti senza coprirli. Il carciofo è una pianta perenne che sviluppa le gemme tra la fine dell’inverno e la primavera. Quello che noi consumiamo a tavola è il “bocciolo”, raccolto prima che sviluppi il fiore. In questo post parliamo proprio di come trattare al meglio in cucina questo prodotto, con un esempio di ricetta, quella delle pennette al sugo di carciofo e pomodoro, e con relativo abbinamento di vino a cura del nostro blog “cugino” Avvinando di Stefano Tamiglio con cui iniziamo questa collaborazione “interblog” cibo-vino per tutte le ricette.

    Dunque, partiamo dal carciofo. Tradizionalmente si tratta di un prodotto legato al periodo di Pasqua. A Roma è parte del classico menù di Pasquetta, consumato solo (in genere arrostito con un trito di prezzemolo, aglio e menta) oppure abbinato all’agnello (ovvero l’abbacchio - ecco come lo prepara Benedetta Parodi di “Cotto e Mangiato”). In Liguria è l’ingrediente della classica “torta pasqualina”.

    Ciò che però bisogna imparare, prima di cucinarlo, è come pulirlo perché è indispensabile conoscere il procedimento per non rischiare di creare un piatto immangiabile ;-)
    Il carciofo infatti è munito di foglie esterne estremamente coriacee e anche di spine acuminate nel caso della varietà più comunemente utilizzata nel nord Italia. Da Roma in giù invece il carciofo per eccellenza è il “mammolo” o “romano”, con grossi fiori a foglie arrotondate senza spine.

    Prima di tutto un consiglio: quando volete farlo, mettete i guanti o usate una protezione perché maneggiarlo scurisce le mani; in alternativa si possono strofinare le dita con una fetta di limone, cosa che tra l’altro ne impedirà l’ossidazione che si crea a contatto con l’aria.
    Il carciofo va dunque ben sfogliato fino a tenerne solamente il cuore, vanno eliminate le brattee dure alla base, ripulito il gambo (delizioso se tenero) e spuntato a circa metà della circonferenza; infine va svuotato della peluria all’interno, molto fastidiosa al palato. Utile un video su YouTube che ci spiega come fare nel dettaglio; notate le dimensioni dei carciofi… Beati i commensali!! :D

    E adesso ecco una ricetta sfiziosa per chi, dopo tanto lavoro, cerca una preparazione veloce e poco impegnativa, un primo piatto al volo:


    PENNETTE AL SUGO DI CARCIOFO E POMODORO

    Ingredienti:
    pennette
    carciofi e gambi a spicchi
    pomodori freschi
    aglio
    prezzemolo
    vino bianco
    limone
    sale
    pepe
    olio extravergine

    Preparazione:
    Preparate il soffritto con olio e aglio tritato e aggiungete i carciofi - che avrete conservato ben puliti a bagno in acqua e limone - facendoli a fettine, unite anche i gambi tagliati a rondelle e condite con sale e del prezzemolo fresco. Lasciate cuocere una ventina di minuti bagnando con il vino bianco; intanto mettete e bollire l’acqua per la pasta. Quando i carciofi sono teneri, unite i pomodori freschi a pezzetti; regolate di sale e a fine cottura non dimenticate una bella macinata di pepe fresco; condite le pennette con il sugo e servite subito.

    Se invece non avete voglia di preparlo voi, fra pochi giorni, l’1 il 2 e il 3 maggio, si terrà una delle tante sagre del carciofo che si svolgono in tutta Italia in questo periodo, quella dedicata al Carciofo preturese a Preturo di Montoro inferiore; la sua coltivazione prevede un’interessante particolarità: i fiori vengono coperti da una coppetta in terracotta fatta a mano che aiuta a mantenerne il “cuore” morbido. Sarà l’occasione ideale per gustarlo in tutti i modi!

    Il carciofo italiano è dunque una prelibatezza regionale (viene prodotto nel Lazio, in Sardegna, in Campania e Sicilia) e come tale ne sono state riconosciute alcune varietà legate al territorio che possono fregiarsi del marchio IGP della Comunità Europea: il “Tondo” di Paestum per esempio; da assaggiare poi il “Violetto” di Castellammare, quello di Sant´Erasmo e il “Bianco” di Pertosa - località a 70km da Salerno, varietà pò più piccola del carciofo classico e dalla caratteristica colorazione verde chiara - il “Precoce” di Chioggia, il “Moretto” di Brisighella e tanti altri, tutti da provare!

    E per l’abbinamento con un vino prelibato? Ecco il parere del nostro blogger di Avvinando, Stefano Tamiglio, fondamentale perché a quanto pare il matrimonio tra vino e carciofi è davvero difficile…!


    fonte tgcom
     
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    PANE NON SPRECHIAMOLO

    Buttare via il pane vecchio è un vero peccato: ci sono una gran quantità di modi per riutilizzare il "re della tavola" quando è diventato secco e raffermo, creando piatti sfiziosi e pietanze di antica tradizione contadina, semplici e al contempo ricche di sani principi nutritivi.


    Pangrattato
    Il modo più "banale", ma utilissimo, per utilizzare il pane secco, è grattugiarlo. Tra l'altro, ad acquistarlo già imbustato, costa molto di più rispetto al prezzo del pane fresco.



    Bruschetta
    Le pagnotte e gli sfilatini possono essere affettati, passati per 10 minuti nel forno preriscaldato e quindi conditi con olio, aglio, pomodoro, origano, crema di carciofi o di olive e ogni altro ingrediente che suggerisce la fantasia culinaria.



    Crostini
    Qualsiasi taglio di pane può essere ridotto in tocchetti e poi ripassato in forno, in modo che diventi croccante e dorato. Quindi si condisce il tutto con sale, olio e origano. I più golosi, invece del forno, possono friggere direttamente i tocchetti in una padella con olio extravergine di oliva. Il risultato sarà quello di avere dei crostini sfiziosissimi da sgranocchiare come stuzzichino o da intingere nel brodo, nella zuppa di pesce, nel minestrone o nella crema di asparagi.



    Polpette di pane
    Oltre al pane raffermo, servono latte, uova, mezzo spicchio di aglio, prezzemolo, formaggio grattugiato, sale e pepe. Il tutto in quantità proporzionale al pane utilizzato (tenete come parametro le dosi usate per le normali polpette di carne). Ridurre il pane in pezzettini e lasciarlo ammorbidire dentro al latte per una mezz'ora, quindi strizzarlo bene e riporlo dentro a una ciotola. Aggiungere l'uovo, il formaggio, sale, pepe, aglio e prezzemolo tritati. Amalgamare l'impasto con le mani e infine formare delle piccole polpettine da riporre in frigo per almeno un'ora. Quindi friggerle con olio extravergine di oliva ben caldo.



    Panzanella
    Immergere alcune fette di pane raffermo in acqua per un quarto d'ora, quindi strizzarlo e lavorarlo con le mani per ridurlo in "pappetta". Poi condirlo con pomodorini, sedano e cipolla rossa ben affettati, tonno, olio extravergine d'oliva, sale e foglie di basilico.



    Pappa al pomodoro
    Per 400 grammi di pane raffermo occorrono foglioline di basilico, 1 porro, 1 bicchiere di olio extravergine d'oliva, 400 grammi di pomodori pelati, 1litro di brodo, sale e pepe. Preparate un soffritto con il porro, aggiungere i pomodori pelati e fare cuocere per 15 minuti; poi versare il brodo caldo, aggiungere un po' di sale e pepe e il basilico tritato finemente. Quando il sugo sarà cotto, immergervi il pane a fette o a tocchetti e lasciare cuocere per 10 minuti. Una volta ultimata la cottura, lasciare riposare per almeno 20 minuti, quindi mescolare bene il tutto con una frusta e servire a tavola con un filo d'olio crudo e un po' di pepe.



    Crostoni di pane-pizza
    Servono pane raffermo, latte, pomodori pelati, olio extravergine di oliva, sale, pepe, origano o basilico, mozzarella. Tagliare il pane a fette e spennellare un lato di ogni fetta con un po' di latte per farla ammorbidire, quindi disporlo sulla teglia del forno ricoperta di carta antiaderente, condire con i pelati tagliati a pezzi e la mozzarella. Aggiungere olio, sale, e origano o prezzemolo e infornare a 180 gradi finché la mozzarella non si sarà fusa. Una gustosa variante è quella, in bianco o anche rossa, con i filetti di alici sott'olio e i capperi.



    Pane dolce
    Per 6 fette di pane occorrono 50 grammi di burro, biscotti secchi, 1 bicchiere di latte, 2 uova, 50 grammi di mandorle sgusciate, 75 grammi di zucchero. Imburrare uno stampo per dolci e cospargerne il fondo con dei biscotti secchi ben sbriciolati; quindi disporvi le fette di pane. Montare un uovo intero e un tuorlo con lo zucchero, il latte e il burro fuso; amalgamare il tutto e aggiungere infine le mandorle tritate. Versare il composto ottenuto sul pane e infornare per 20 minuti.



    Budino di pane
    Per 250 grammi di pangrattato occorrono mezzo bicchiere di latte, 150 grammi di burro, 100 grammi di zucchero, 3 uova, la scorza di 1 limone. Lasciate ammorbidire il pane grattuggiato dentro al latte per circa 10 minuti. Intanto lavorate il burro con un cucchiaio di legno facendolo diventare un crema (è consigliabile tirare fuori il burro dal frigo 10 minuti prima di iniziare). Aggiungere quindi i tuorli delle uova - conservando l'albume in una tazza - lo zucchero, il pangrattato, la scorza di limone. Infine montare a neve l'albume e aggiungetelo poco per volta mescolando. Il composto così ottenuto va travasato in uno stampo da budino, precedentemente unto con del burro, e messo in cottura a bagnomaria per circa 45 minuti.



    Torta di pane
    Oltre al pane raffermo, servono un uovo, un po' di latte, due cucchiai di zucchero e frutta a piacere. Disporre il pane spezzettato in una terrina, riscaldare il latte e versarlo sul pane, mescolare, aggiungere l'uovo e i due cucchiai di zucchero e infine aggiungere la frutta tagliata in piccoli pezzi. Amalgamare tutto con un cucchiaio di legno e versare il composto in una teglia. Infine infornare a temperatura medio-alta per circa 30 minuti. Servire a temperatura ambiente.



    Buon appetito!
     
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    VOL - AU - VENT

    Per gli amanti degli stuzzichini e per presentare degli antipasti in modo elegante.
    I vol-au-vent sono piccoli contenitori di pasta sfoglia che, di solito, sono rotondi ma possono avere anche forme più originali (es. quadrati o rettangolari).
    In genere, dopo essere stati cotti in forno vengono farciti con salse (ottima la besciamella) e con pezzettini di formaggio, funghetti, gamberi, prosciutto...

    Se volete realizzarli da soli - senza acquistare le formine di sfoglia già pronte - ecco come fare:

    Stendete la sfoglia a 2 - 3 millimetri di spessore e, aiutandovi con un tagliapasta rotondo (o una tazzina se non lo avete), ricavate delle formine (il diametro decidetelo voi).
    Mettete la metà dei dischetti in una teglia rivestita di carta da forno bagnata e strizzata benissimo e spennellateli velocemente con un uovo sbattuto.
    Prendete quindi i dischetti rimanenti e utilizzando un tagliapasta rotondo più piccolino (o una tazzina più piccola) incidetene l'interno, ottenendo delle coroncine. Sovrapponete ogni coroncina su ogni altro fondo messo precedentemente sulla teglia e passate con l'uovo anche le coroncine.
    Per far lievitare al meglio i vol-au-vent prima di mettere la coroncina, potete incidere con delicatezza il fondo con lo stampino della corona. Fate inoltre molta molta attenzione all'uovo. Non usatene troppo perchè se cola compromette la crescita del cestino quando è in forno.
    Mettete i vostri vol-au-vent in frigo almeno per un'oretta. Intanto scaldate il forno a 200 gradi. Infornateli quindi nel ripiano intermedio per circa 20 minuti.
    Farciteli a piacere.
     
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    I segreti per una cottura ottimale della pasta

    Il segreto per preparare una buona pasta non risiede soltanto nella scelta delle materie prime, nell'impasto e nella tecnologia, ma anche nel rispetto di alcune semplici regole di cottura.

    - Utilizzare almeno 1 litro di acqua per ogni 100 g di pasta. Inoltre, scegliete sempre una pentola piuttosto grande e alta: in questo modo la temperatura dell'acqua si manterrà costante e si eviterà la formazione di colla.

    - Al raggiungimento del pieno bollore (mai prima) salate l'acqua (circa 10 g, pari a 1 cucchiaiano, per ogni 100 g di pasta) e lasciate sciogliere il sale.

    - Gettate la pasta solo quando l'acqua ha ripreso a bollire. Poichè la pasta provoca un abbassamento della temperatura dell'acqua, alzate la fiamma per mantenere il bollore.

    - La pasta lunga va allargata a ventaglio e mai spezzata; i formati di pasta corta vanno tuffati a pioggia per evitare che si ammassino sul fondo della pentola: la pasta a matassine, infine, va immersa in acqua e subito dipanata con laiuto di un forchettone.

    - Mescolate delicatamente la pasta, di frequente per i primi minuti affinche non si incolli.

    - Scolate la pasta al dente, risulterà più buona e più facile da digerire. Ogni formato di pasta ha i suoi tempi di cottura.

    Se la ricetta prevede che la pasta sia fatta saltare in padella, scolatela con uno o due minuti di anticipo e terminate la cottura, con il sugo che avrete preparato, a fuoco vivo.
    Fonte: dolcienonsolo.myblog


     
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    Pasqua/ A Milano un Duomo di cioccolato da Guinness: 4.868 chili

    Record del mondo per la scultura (dolce) più pesante
    Milano, 3 apr. (Apcom) - Un Duomo di Milano in purissimo cioccolato bianco del peso di 4.868 chilogrammi, realizzato dal maestro artigiano Mirco Della Vecchia, si è aggiudicato il "Guinness World Record 2010" per la scultura di cioccolato più pesante del mondo. A sancirlo è stato un giudice londinese, Tarika Vara, inviato dall'apposita Commissione di certificazione presso il centro commerciale "Carosello" di Carugate (Milano). Della Vecchia e altri otto artigiani del cioccolato si sono alternati 8 ore al giorno per 7 giorni consecutivi "disintegrando" il precedente record del 2009, 3.500 kg, detenuto dallo stesso maestro cioccolatiere. Nel corso della manifestazione il "Carosello" ha raccolto fino ad oggi 5mila euro che saranno destinati al progetto "Una casa per Hubens" della Fondazione Francesca RAVA N.P.H. Italia Onlus. "La speranza del Carosello è di superare i 7mila euro entro l'8 maggio" ha spiegato Ilic Ravagnani, direttore del centro commerciale, ultimo giorno utile per vedere la scultura da guinness e quando Martina Colombari, testimonial d'eccezione della Fondazione, ritirerà il ricavato dell'iniziativa.
     
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    DIETA DEPURATIVA

    Soltanto per un giorno,
    il giorno dopo le grandi abbuffate....

    potete seguire questo schema:

    APPENA SVEGLI: 2 bicchieri di acqua (400 ml)

    COLAZIONE: 1 te verde (io ho fatto quello al limone :) ) e 1 kiwi

    PRANZO: petto di pollo alla griglia, carote bollite condite con pochissimo olio

    SPUNTINO: 1 spremuta d'arancia

    CENA: riso in bianco condito con pochissimo olio, finocchi bolliti

    SPUNTINO: 1 yogurt magro

    SUBITO PRIMA DI ANDARE A LETTO: 1 camomilla
    FONTE

    Io invertirò il pranzo con la cena.... i carboidrati non li digerisco la notte...



     
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    UTENSILERIA DA CUCINA

    Per quanto riguarda gli utensili che a mio parere bisognerebbe sempre avere nel cassetto della cucina vi faccio un elenco...
    1- mestoli/cucchiai e forchettone di legno o altro materiale
    2- la mezzaluna per tritare cipolle, aromi ecc.ecc.
    3- grattugia una per le verdure e una per il formaggio
    4- taglieri e mattarello
    5- batticarne possibilmente di acciaio
    6- l'apriscatole/apribottiglie
    7- piastra diffusione calore (non so se si chiama così ma spero mi abbiate capita)...

    affila coltelli

    mandolina regolabile (una per le verdure ed una per il formaggio e per i funghi)

    passaverdure a mano

    tagliaverdure a mano (quello a manovella che serve a tagliarea julienne)

    stampini vari per biscotti dolci o salati rigorosamente in acciaio

    coppapasta

    frusta a mano (una in plastica o legno per le penstole antiaderenti ed una in acciaio)

    rotella dentellata e liscia (per tagliare la pasta fresca, la frolla e le pizze)

    colino a maglie fittissime (uno in plastica ed uno in acciaio)

    lo spremiaglio

    tasca da pasticcere (una per le creme dolci ed una per quelle salate come la maionese)

    lo spremiagrumi
     
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    "NO ALLA CUCINA MOLECOLARE
    I CUOCHI ITALIANI CONDIVIDONO L'ORDINANZA ANTI-ADDITIVI SOTTOSEGRETARIO ALLA SALUTE MARTINI."


    L'utilizzo di interventi chimici o di alcune sostanze per alterare l’aspetto, l'estetica e il sapore dei cibi, non giova alla reale natura della nostra vera e sana cucina". Così i cuochi d’Italia si schierano dalla parte del sottosegretario alla Salute Francesca Martini contro la cucina molecolare. La campagna del ministero culminata nell’ordinanza recante "Misure urgenti in merito alla tutela della salute del consumatore con riguardo al settore della ristorazione” non sembra quindi aver scosso la Federazione Italiana Cuochi.

    Rinnegando la moderna cucina fatta di spume, destrutturazioni e creatività, gli chef condividono il provvedimento e, in particolare, “il divieto di utilizzo di additivi chimici”, come si legge in una lettera inviata al ministero. La Martini non può che essere entusiasta: "Sono lieta di apprendere che la Federazione Italiana Cuochi, organismo con riconoscimento giuridico, ha compreso e condivide l’intento della mia ordinanza e ringrazio il Presidente Paolo Caldana per aver reso pubblica la lettera inviata a questo Ministero. Le dichiarazioni testimoniano la serietà e la professionalità della Federazione, già ampiamente dimostrata nel corso della partecipazione alla manifestazione La Tre Giorni della Salute, organizzata da questo Ministero per sensibilizzare la popolazione sull'importanza di una sana e corretta alimentazione".

    Non tutti i cuochi però sono d'accordo. Emiliano Gusella del ristorante Piccin, in un'intervista, a proposito di Ferran Adrian e di un'inchiesta di Striscia la notizia sulla cucina dello spagnolo, ha dichiarato che "anche la nouvelle cuisine, il movimento culinario nato in Francia nel 1973, suscitò scalpore, poi però tutti l'hanno seguita".

    L'ordinanza - Il 19 febbraio è entrato in vigore il provvedimento che disciplina l’utilizzo degli additivi e delle sostanze gassose nella ristorazione. L’obiettivo, spiegava il sottosegretario alla Salute, è “garantire la sicurezza degli alimenti che vengono somministrati ai nostri cittadini in qualsiasi ristorante o esercizio pubblico. Gli operatori del settore della ristorazione dovranno controllare le caratteristiche delle sostanze e degli ingredienti impiegati nella preparazione dei pasti informando adeguatamente il consumatore, in particolar modo per quanto riguarda la possibile presenza di allergeni. Abbiamo inoltre vietato la detenzione e l’utilizzo di qualsiasi sostanza in forma gassosa, ad eccezione degli additivi che sono stati autorizzati a livello comunitario e non hanno limitazioni d’uso in quanto estremamente sicuri”. Per la Martini, “i piatti della cucina italiana non hanno bisogno di additivi perché nascono dalla tradizione e dalla bontà delle materie prime utilizzate”.
     
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    LA PIZZA
    Impasto classico

    La pizza è composta da un impasto base e da un condimento. La pasta base è composta da farina di frumento integrale o raffinata di tipo `00' o semiraffinata di tipo 2, lievito di birra fresco, acqua e sale. La pasta si ottiene impastando farina, lievito e acqua fino a quando non ha raggiunto il giusto grado di solidità (non deve appiccicarsi alle mani), lasciarlo riposare per 5 minuti, e poi porzionarlo in palline. A questo punto devono essere riposte in appositi contenitori dove rimarranno a lievitare fino al momento dell'impiego. È bene ricordare che per ogni litro d'acqua occorrono circa 2 Kg farina e 60 gr. di lievito.

    La Farina

    La farina è un componente fondamentale perché è la base dell'impasto della pizza. Non è altro che il risultato della macinazione del frumento, nel nostro caso il grano. In Italia vengono commercializzate quattro tipologie di farina: zero, doppio zero, uno, integrale. La tipologia più utilizzata è senz'altro la doppio zero, perché più facile da lavorare, mentre le altre possono essere utilizzate ma richiedono una maggior attenzione. La farina doppio zero, come già detto, è la più comoda da utilizzare ma per contro bisogna considerare che, essendo la più raffinata è anche quella che ha perso più elementi quali vitamine, proteine, sali minerali durante la rimacinazione e raffinazione, risulta quindi essere una farina sostanzialmente più povera. Il pizzaiolo professionista valuta con attenzione la farina da utilizzare per la preparazione della ricetta. Quando si appresta ad acquistare una partita di farina valuterà la tipologia, cioè il grado di raffinazione (come si è già detto prevede i tipi 0, 00, 1 e integrale), l'abburattamento, cioè la separazione della farina dalla crusca, la forza rappresentata dal simbolo “W” che va da una farina debole (100 W) ad una farina forte (450 W). Le farine deboli sono più indicate per le preparazioni di prodotti non lievitati mentre quelle forti devono necessariamente essere miscelate prima dell'uso altrimenti il prodotto finale sarebbe immangiabile. La “forza” in una farina non ha nessuna relazione con la qualità, ma rappresenta solo un indice che va valutato a seconda del tipo di preparazione che si vuole ottenere.

    La Lievitazione

    La lievitazione è un fenomeno naturale svolto da un esercito di microrganismi che aggrediscono alcune sostanze e dando origine ad una decomposizione, il risultato è la produzione di anidride carbonica e alcool etilico che conferiscono volume ed aroma all'impasto. Il lievito utilizzato tradizionalmente per la produzione della pizza è da sempre il lievito di birra.

    Il lievito di birra, reperibile in qualsiasi panificio, va conservato in frigorifero fino al suo impiego. La lievitazione, essendo un fenomeno naturale, risponde a certe regole che vanno rispettate e considerate quando si deve aggiungere del lievito all'impasto. La temperatura gioca un ruolo fondamentale, tanto che sarà proprio in funzione di essa che cambierà la quantità di lievito da usare. Per esempio nel caso in cui la pasta dovrà lievitare, prima di usarla, per 60 minuti ad una temperatura ambiente di 16-20 gradi, si avrà bisogno di circa 70 grammi di lievito, se la temperatura ambiente è invece di 20-25 gradi, la quantità di lievito sarà minore e di circa 50 grammi.


    La Cottura

    Alcuni sostengono che il forno a legna sia l'ideale per la cottura di un buona pizza. Questo è probabilmente dovuto alle caratteristiche peculiari del forno a legna, costruito con materiali naturali che consentono la cottura uniforme, assorbendo l'umidità in eccesso fin dall'inizio della cottura e mantenendola durante il processo, favorendo una cottura uniforme e costante senza seccare eccessivamente le vivande in esso contenute. Da considerare anche il tipo di legno utilizzato per scaldare il forno. Il legno, bruciando, trasferisce tutte le sostanze aromatiche nel forno che di conseguenza le rilascerà durante la cottura trasferendole quindi ai cibi in maniera delicata ma comunque apprezzabile. Se la cottura a legna sia migliore o peggiore rimane comunque una questione di preferenze personali, tuttavia è certamente diversa da quella effettuata utilizzando forni metallici alimentati a gasolio.

    Il Condimento

    Durante il condimento è importante non esagerare con gli ingredienti, è consigliabile valutare la buona qualità e l'abbinamento dei sapori e, considerando che gli ingredienti per il condimento devono stare bene insieme, legare ed amalgamarsi con armonia, la pizza non verrà valutata per l'aspetto visivo ma senza dubbio per il suo gusto.

    La pizza è senz'altro l'alimento più conosciuto della dieta mediterranea. Gli ingredienti classici della pizza sono farina, pomodoro e mozzarella, elementi tipici a caratteristici della cosiddetta dieta mediterranea.


    Ingredienti

    Fra gli ingredienti più comuni per la preparazione della pizza si ricordano:

    Cereali - carboidrati complessi, di più lento assorbimento di quelli semplici, saziano e forniscono energia costante neutralizzando la fame e dando una sazietà più duratura. Ottimi per una dieta orientata al dimagramento.
    Olio Extravergine d'Oliva - il grasso più sano, tipicamente mediterraneo, ricco di colesterolo HDL, quello che favorisce la pulizia delle arterie e di vitamine A, D, E e K.
    Mozzarella - è ricca di lisina ed altre proteine animali tipiche del formaggio.
    Pomodoro - fonte di vitamine, contribuisce notevolmente all'apporto vitaminico di una pizza.
    Gli ingredienti appena citati costituiscono solamente una minima parte di quelli che generalmente vengono utilizzati per la preparazione della pizza, tuttavia le varianti sono praticamente infinite e gli ingredienti da aggiungere al condimento della pasta portano con se tutte le loro caratteristiche organolettiche e nutritive. Uno di questi, per esempio, è il basilico, che apporta proprietà antidispeptiche e antisettiche, è inoltre un antinfiammatorio e favorisce la digestione. L'aglio porta con sè proprietà antisettiche intestinali, cardiotoniche e diuretiche. L'origano, altro protagonista nella pizza napoletana, apporta proprietà espettoranti, stimola l'appetito ed è antidolorifico.

    I benefici della dieta mediterranea sono ben noti, combatte numerose malattie tipiche della nostra vita moderna come arteriosclerosi, infarto ed ipertensione. La pizza contiene numerose vitamine e ferro, evita la formazione di acido urico, non ingrassa ed è più digeribile rispetto ad altri cibi. Grazie alle sue caratteristiche è un valido piatto unico che, integrato con frutta e verdura, risulta essere una valida alternativa al consumo della carne.


    Varianti della pizza

    Un'interessante derivato della pizza è il calzone, chiara variante della pizza, simile negli ingredienti, praticamente uguale la preparazione della pasta, differisce solo nell'esecuzione e nella tipologia di condimento. Viene preparata una sfoglia di pasta di forma circolare e viene successivamente farcita solo per metà, l'altra metà viene ripiegata sopra la farcitura pressando bene sui lati in modo da far aderire bene la pasta. Si cuoce come la pizza in forno ben caldo. Una variante consiste nel friggere il calzone in olio molto caldo anzichè cuocerlo al forno.

    L'origine del calzone sembra essere la Campania ma, come la pizza, la produzione ed il consumo si è esteso prima in tutta Italia poi anche all'estero. Il calzone, in napoletano “casone”, significa proprio calzone, per alcuni etimologi calzone è una voce diffusa in tutto il paese anche se non è molto chiara la provenienza.

    All'origine pizze, calzoni, focacce furono un'importante risorsa per combattere la fame. Con il passare del tempo e con l'arrivo di nuove risorse nonché di maggiori disponibilità sia in termini economici sia in termini di risorse alimentari, le semplici focacce si arricchiscono e si sposano con prodotti inconsueti, da cibo riservato al povero contadino diventa cibo da re, come la pizza Margherita. Dai documenti d'epoca risulta che Il comune di Trieste nel 1400 ordinava alle monache “calzoni” e “calisoni” da mandare come dono a personaggi illustri.

    Una variante del calzone è la “pizzella del pezzente” ottenuta friggendo il disco di pasta condito con pomodoro e mozzarella quando è ancora molto caldo in modo da far sciogliere la mozzarella. Naturalmente il condimento è sempre variabile e il classico “pomodoro e mozzarella” puo' essere sostituito, per esempio, da capperi ed olive oppure ricotta e salame.


    Storia

    Dall'Africa all'Asia, tutte le civiltà hanno conosciuto varie forme di focacce, impasti di farina di cereali o legumi, acqua, e condimenti vari, fonte di nutrimento fondamentale per l'alimentazione. Nell'antico Egitto, in occasioni particolari, veniva consumata, condita con erbe aromatiche, una focaccia schiacciata. In India Nan e Chapati sono delle focacce che fanno tutt'ora parte della tradizione alimentare indiana. Il Nan, in particolare, viene cotto in un forno specifico detto “tanduri” diffuso nel paese dai sovrani Mugul. Erodoto tramanda alcune ricette Babilonesi, numerosi sono gli scrittori greci a parlare di pizza, a quel tempo “maza”.

    Al tempo dei romani era solito cucinare una focaccia di farro, un tipo di frumento molto usato a quei tempi, si pensa infatti che la parola farina derivi proprio da farro. Il farro veniva macinato e la farina utilizzata per cucinare focacce. In alcuni scritti di Virgilio Marone possiamo trovare alcune ricette di quella che sarà la progenitrice della pizza. In questi scritti si legge che i contadini usavano macinare il frumento, setacciare la farina, impastarla con acqua, erbe aromatiche e sale, schiacciarla fino a farla diventare sottile e di forma circolare, quindi cuocerla con il calore delle ceneri del focolare.

    Fino a dopo il 1500 non si hanno più notizie dell'evoluzione della preparazione della pizza. In alcuni documenti e ricettari del 1500, trovati nel nord Italia, si possono trovare notizie sulla preparazione della pizza. Naturalmente non si tratta di pizza come la si intende oggi, ma di un impasto sottile a base di burro, uova, zucchero che veniva cotto nel forno, oppure fritto: una torta più che una pizza.

    La scoperta dell'America introdusse in Europa nuovi alimenti come il pomodoro, mais, patate e fagioli. Mentre nel nord italia il mais si sostituisce progressivamente al frumento, al sud la tradizione resiste e continua a basare la propria alimentazione sul frumento, la “schiacciata di frumento” continua ad essere arricchita con nuovi e diversi ingredienti e condimenti. Con il tempo l'olio d'oliva sostituisce il grasso animale, come lo strutto, ed i formaggi cominciano ad affiancare le erbe aromatiche.

    Solo dopo il 1700 a Napoli si comincia a condire la pizza con pomodoro e mozzarella di bufala. Solo dopo la metà del 1800 cominciano a nascere le prime ricette della pizza come la conosciamo noi. Una delle caratteristiche della preparazione della pizza consiste nel condimento che puo' essere costituito da qualunque ingrediente, è proprio il condimento che dà il nome alla pizza: pizza al prosciutto, pizza al pomodoro, alla marinara, ai funghi, tanto per fare degli esempi. La pizza, grazie agli emigranti, arriva anche in America. Dopo la seconda guerra mondiale la pizza esce dai confini meridionali dell'Italia per sbarcare verso il nord. Il boom industriale del nord richiama forza lavoro e migliaia di persone decidono di trasferirsi dal sud al nord, portando con se le proprie tradizioni fra cui la pizza: in questo periodo proliferano pizzerie in tutto il nord Italia. La pizza più conosciuta è senz'altro la “pizza Margherita”. La storia racconta che nel 1889 Raffaele Esposito, uno dei migliori, se non il migliore pizzaiolo dell'epoca, in occasione della visita alla città Partenopea del re d'Italia Umberto I e della regina Margherita, volle preparare per loro tre pizze classiche: la pizza alla Mastunicola, la pizza alla marinara e la pizza pomodoro, mozzarella e basilico, realizzata in onore della regina ed i cui colori richiamavano intenzionalmente il tricolore della bandiera Italiana. La regina apprezzo' molto quest'ultima pizza fino al punto che volle ringraziare ed elogiare personalmente e per iscritto il pizzaiolo. Raffaele Esposito per contraccambiare penso' di dare il nome della regina alla pizza pomodoro, mozzarella e basilico che da quel momento per tutti si chiamerà “Pizza Margherita”.


     
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    Il Mississipi, i Cajun ed il Gumbo


    di Konrad la Taccola


    Il "Gumbo" è un termine che significa "baccello di okra", frutto dell'Ibiscus (Abelmoschus) esculentus, con grandi fiori gialli, il cui succo vischioso è un raddensante per le salse. Con la parola "Gumbo" si indicano anche una serie di ricette, in genere stufati o zuppe, caratteristici di un area degli Stati Uniti che comprende Florida, Georgia, Alabama, Mississippi e Louisiana (l'area attorno al Golfo del Messico, con il bacino del fiume Mississippi), Stati in cui la presenza di schiavi deportati dall'Africa era forte. I Danesi e gli Olandesi erano, purtroppo i primi implicati in questo commercio. Unioni "miste" tra i Francesi provenienti dell'Acadia (Nova Scotia, Canada), e le popolazioni originarie dell'Africa hanno popolato questi stati, soprattutto la Louisiana, della gente "Cajun", (Creoli), che hanno dato un forte contributo alla cultura culinaria e musicale americana. Gli "Acadiani" erano francesi che emigrarono dalla Francia ai primi del '600 per stabilirsi nella Nova Scotia ed immigrarono nel sud della Louisiana alla fine del '700.

    I Cajuns erano o coltivatori di cotone e patate dolci o pescatori e cacciatori con le trappole, non avevano elettricità o automobili fino a molto recentemente. Quindi locomozione "equina" sulla terra e su lunghe barche di legno sull'acqua (e niente frigoriferi!)- un po' come gli Hamish (vedi "Il Testimone" con H. Ford). Le spezie usate erano anche un sistema per prolungare la conservazione del cibo (sempre che ne rimanesse, viste le loro abitudini "goderecce!"). I Gumbos sono dei piatti "voluminosi" cucinati per tutta la famiglia ed amici che si riunivano la sera, soprattutto per i "Fais Do-Do", intrattenimenti in cui TUTTI davano una mano per i cibi, anche per due giorni di seguito. Il termine Anglo-francese è un'espressione infantile che significa "Fai tanta nanna", cioè quello che si spera che i bambini facciano durante questi lunghi ricevimenti (lo dice Chef Paul Prudhomme!). Nei Fais-Do-Do si danzava anche, dopo la grande cena (che era il modo con cui si compensavano i musicisti).

    Uno di questi festini è ben descritto nel film "Pomodori Verdi Fritti alla Fermata del Treno" (1991-Jon Avnet).
    Ma veniamo alla ricetta:

    Per 6/8 persone

    * 500 gr. di polpa fresca o in scatola di "Granchio Blu" ( Callinectes sapidus) -vedi illustrazioni- ma ovviamente va bene la polpa di granchio atlantico (una marca francese lo inscatola ed è molto buono).
    * 500 gr. di code di gamberoni (originalmente quelli del Golfo del Messico! Tuleariocaris neglecta, - vi ricordate di "Forrest Gump" ?), estratte dal carapace chitinoso e private del budellino nero.
    * 6 cucchiai di burro fuso
    * 6 cucchiai di maizena
    * 1 cipolla a fettine
    * 1/2 peperoni verde tagliato a dadini
    * 2 cucchiai di cipollotti o porri freschi, sminuzzati
    * 1 spicchio d'aglio, sminuzzato
    * 1 litro di fumetto di pesce (fatto possibilmente con gli avanzi dei crostacei)
    * 1 cucchiaio di coriandolo fresco tritato (va bene anche il prezzemolo, ma non è la stessa cosa)
    * 1/2 cucchiaio di sale (possib. grosso)-Non aggiungere se c'è già il sale nel mix di spezie!
    * 1 cucchiaio di "Cajun seasoning" - vedi ricetta, appresso.
    * 1 foglia d'alloro
    * 1 lime a fettine
    * Tabasco (scusate la pubblicità, ma è l'unico in giro!)
    * 1 scatola di Okra (vedi all'inizio)- si trova nei negozi di "delikatessen".
    * Sale q.b.
    * Una scodella di riso cucinato Pilau (o Pilav, o Pilaff). Dovrebbe essere "Long Grain Rice" - riso a chicco lungo.





    Pulite i crostacei, mettete da parte i carapaci che userete per preparare il fumetto. Tagliate i gamberi più grossi a metà.
    In una grande casseruola (magari di ghisa !) con il coperchio versate il burro fuso e la maizena e preparate così un roux che lascerete brunire, girando continuamente.
    Aggiungete la cipolla, l'aglio, il peperone ed i cipollotti fino ad imbiondirli. Lentamente aggiungete il fumetto di pesce. Quindi il mix di spezie, l'alloro ed il Tabasco. Portate ad ebollizione, abbassate la fiamma e lasciate "mormorare" per 30 minuti, rimestando spesso. Aggiungete l'Okra sgocciolata, il lime, i gamberi e la polpa di granchio. Coprire e sobbollire per 5/6 minuti o finché i gamberi non siano diventati rosa e teneri. Togliete le fettine di lime. Servite in ciotole, sopra un mestolo abbondante di riso.

    Cajun seasoning mix

    * 2 cucchiai abbondanti di paprika dolce
    * 4 cucchiaini da tè di sale (facoltativo)
    * 4 cucch. da tè di cipolla in polvere
    * 4 " " di aglio in polvere
    * 4 " " di pimento (pepe di Cayenna)
    * 1 cu. di pepe bianco macinato
    * 1 cu. di pepe nero macinato
    * 1 cu. di basilico secco in polvere
    * 1 cu. di timo secco
    * 1 cu. di origano secco
    * 2 cu. di semi di senape nera.
    * 1 cu. di zucchero bruno di canna.




    Preparatene in quantità, proporzionalmente e conservatelo in un barattolo a chiusura ermetica, possibilmente in frigo.
    Saluti e buon appetito!


     
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    GLOSSARIO IN CUCINA

    # Padèlla: specie di teglia rotonda.
    # Padellare: si dice padellare quel procedimento con cui una pasta viene condita con il sugo d'accompagnamento e amalgamata direttamente a fuoco vivo.
    # Paletta: utensile di legno, metallo o plastica, dotato da una parte di manico e, dall’altra, di una piastra di vario spessore, larghezza e forma. Viene usata per voltare cibi durante la frittura (in questo caso la p. è forata, in modo da lasciar colare via i grassi di cottura), servire torte dolci o salate, togliere dal brodo i pesci lessati, e altre numerose funzioni.
    # Panare: passare nel pan grattato carne o altro, per friggere; impanare.
    # Panata: apparecchio a base di farina o di pane o di riso utilizzato per legare farce ed altro.
    # Panna acida: panna resa leggermente acida tramite fermentazione batterica, si conserva per un tempo limitato. In casa può essere preparata aggiungendo succo di limone alla panna.
    # Parare: eliminare le parti grasse dalla carne.
    # Parfait: termine francese che significa perfetto. È un semifreddo di panna e uova, solitamente profumato con aromi diversi..
    # Passare: sbattere con il burro una salsa e completarla. Dare l'ultimo tocco al condimento di un risotto aggiungendo burro e parmigiano.
    # Passaverdure: setaccio di metallo stagnato o acciaio inossidabile adatto a preparare puree o passati di verdura e frutta. È costituito da un contenitore rotondo, nella cui parte inferiore è situato un disco forato (ogni passaverdure viene venduto con tre o quattro dischi dotati di forature diverse).
    # Pasta d'acciughe: prodotto industriale cremoso, confezionato in tubi, a base di acciughe o scarti della loro lavorazione, amalgamati con oli vegetali idrogenati e sale. Si può sostituire con un impasto casalingo fatto con acciughe sotto sale precedentemente dissalate e burro.
    # Pasta di mandorle: prodotto di pasticceria, a base di mandorle pelate, tostate, tritate finemente, miscelate con zucchero, cotte, passate al setaccio e infine impastate con liquori e coloranti. Viene utilizzata per confezionare i tipici dolci a forma di frutta (frutta di Martorana o marzapane o pasta reale), che essendo ricchi di zuccheri semplici e grassi sono da consumare solo occasionalmente
    # Pastella: composto dall’aspetto lattiginoso a base di acqua o latte e farina, con l’aggiunta, a seconda dell’uso, di uova, zucchero, burro.
    # Pelare a vivo: termine che indica la pelatura degli agrumi. L'operazione si porta a termine con un coltellino a seghetta, grazie al quale, partendo dalla cima dell'alimento, si procede fino ad arrivare all'estremità opposta, asportando tutta la buccia insieme alla parte bianca.
    # Pelare: privare alcuni ortaggi o frutti della loro buccia sottile con l'apposito attrezzo, l'economo, conosciuto con il nome di pelapatate.
    # Pennellare: passare con un pennello da cucina, intinto di un liquido, sopra un alimento in modo da irrorarlo con questo in modo uniforme e leggero.
    # Pentola a pressione: recipiente costituito da una pentola, dotata di coperchio a chiusura ermetica con almeno una valvola di sfogo per il vapore, che permette di cuocere gli alimenti a una temperatura più elevata di quella di ebollizione dell’acqua (dai 112 ai 125° C). Il cibo da cuocere va posto nella pentola e coperto con il liquido di cottura, fino a un massimo di 2/3 dell’altezza; in alternativa si possono utilizzare appositi cestelli (ideali per la verdura) che consentono di cuocere a vapore, con pochissima acqua. Quando la valvola di scarico fischia, segnalando il raggiungimento della pressione adeguata, la cottura procede a fiamma molto bassa per un intervallo di tempo che varia in base all’alimento e alla quantità. Prima di aprire la pentola è necessario far uscire completamente il vapore contenuto all’interno, azionando l’apposita valvola, oppure lasciar raffreddare. La cottura in pentola a pressione consente di risparmiare almeno 1/3 del tempo, di utilizzare una quantità di grassi relativamente modesta e di conservare l’aroma ottimale degli alimenti.
    # Pentola: recipiente con maniglie, a forma di cilindro o leggermente bombato, di altezza maggiore o uguale al diametro, dotato spesso di coperchio; può essere di ferro, alluminio, rame, acciaio inossidabile. Quest’ultimo materiale ha progressivamente sostituito gli altri perché oltre a essere di più facile manutenzione, non lascia alcun residuo nei cibi anche se vi permangono a lungo.
    # Pestello: utensile di forma cilindrica (un’estremità è di solito tondeggiante e più grossa dell’altra) di varia lunghezza, realizzato in legno duro, plastica, porcellana, ottone, pietra o altri materiali.
    Viene utilizzato per pestare gli ingredienti all’interno di un mortaio.
    # Picchiettare: incidere un pezzo di carne, un pesce o un composto in genere, onde immettervi elementi estranei, quali grassi, erbe, spezie, ecc.
    # Pralinare: tostare nello zucchero nocciole, noci e mandorle.
    # Purea: passato di frutta o di verdura cotta a vapore o lessata.
     
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    Vuoi un metabolismo attivo che ti aiuti a perder peso? Ecco com fare
    Gli errori che commettiamo a tavola possono rallentare il metabolismo e provocare sovrappeso. Esagerare con il sale, mangiare frutta a fine pasto o abbinare tra loro proteine diverse (come carne e formaggio, uova e pesce), può far sì che il corpo non riesca più a elaborare gli zuccheri e i grassi introdotti con l’alimentazione e li trasformi in depositi di adipe. Scopriamo allora insieme altri errori alimentari molto comuni…

    Saltare un pasto

    Ogni volta che, per esempio, salti la colazione o il pranzo (e spesso lo si fa credendo così di dimagrire più facilmente…), il metabolismo rallenta e, non appena ingerisci qualcosa, lo trasforma in gran parte in scorta… cioè adipe.

    Consumare poca frutta e poca verdure

    Mangiando ogni giorno tre porzioni di verdura (250 g ognuna, tra contorni, minestroni, insalata ecc.) e due di frutta (costituita ognuna da un frutto di circa 150 g, da consumare come spuntino) ti assicuri una scorta di vitamine e minerali fondamentali per attivare e stimolare il metabolismo e per proteggere l’organismo da numerosi disturbi e malattie.

    Mangiare velocemente

    Se vuoi sentirti sazia, dedica un po’ più di tempo ai tuoi pasti quotidiani e mastica lentamente. Ricorda che ci vogliono circa 20 minuti dall’inizio del pasto prima che il senso di sazietà si manifesti; di conseguenza, se rallenti il ritmo a tavola, sarai molto più rapida nel perdere peso.

    Fare spuntini notturni

    Con l’arrivo della sera, il metabolismo ha un rallentamento naturale, in quanto il corpo si prepara al riposo notturno. Se mangi di notte, corri il rischio di trasformare tutto in scorta, cioè in adipe, e quindi di ingrassare molto con poco cibo… Per lo stesso motivo, sarebbe bene mangiare di più a pranzo e meno a cena.

    Seguire diete rigide per lungo tempo

    Le diete rigide, se seguite per lungo tempo, inducono il corpo a far fronte a una situazione di emergenza a causa della riduzione di calorie ingerite. In questi casi, il metabolismo rallenta per risparmiare energia e accumula i cibi introdotti sotto forma di adipe. Se vuoi dimagrire, per prima cosa riequilibra il tuo stile alimentare.

    Dormire poco

    Secondo un recente studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association, la mancanza di sonno rende difficoltoso il funzionamento del metabolismo. In tali casi, aumenta il livello di cortisolo, l’ormone dello stress che stimola la fame. Per dimagrire è quindi fondamentale dormire almeno otto ore per notte.

    Mangiare mousse e purea… soprattutto se di origine industriale e quindi ricche di grassi

    Questo genere di alimenti non si mastica e quindi si ingerisce troppo in fretta, facendo ingurgitare più calorie del dovuto senza placare la fame. Preferisci gli alimenti a pezzi: se mastichi lentamente, aumenti il senso di sazietà e scarichi tensioni e stress.

    SPOILER (click to view)
    Pubblicato Venerdì 21 Maggio nella categoria Alimentazione, Dieta e salute, Dimagrire.
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    I dieci migliori ristoranti del mondo

    Secondo il S.Pellegrino World's 50 Best Restaurant 2010 il ristorante migliore del mondo è il danese Noma. L'Italia al sesto posto con l'Osteria Francescana di Massimo Bottura

    La classifica S.Pellegrino World's 50 Best Restaurant 2010 è stata da poco annunciata e ha svelato il miglior ristorante del mondo ovvero il danese Noma che offre una cucina sofisticata in cui si mescolano idee creative e in cui si mantiene un elevatissimo rispetto per i gusti della tradizione.
    Al secondo posto si piazza lo spagnolo El Bulli, guidato dal bravissimo chef Ferran Adria, mentre al terzo troviamo il britannico The Fat Duck, a dispetto di coloro che pensano che gli inglesi siano negati per la cucina di alto livello...

    Al quarto e quinto posto altri due spagnoli, El Celler de Can Roca e il Mugaritz, mentre solo al sesto posto il primo ristorante italiano: si tratta del modenese Osteria Francescana guidato da Massimo Bottura.
    Al settimo e ottavo posto troviamo due ristorante americani, Alinea di Chicago e il Daniel di New York.
    Al nono posto si piazza lo spagnolo Arzak, mentre al decimo troviamo il Per Se che con il raffinato chef Eli Kaimeh è destinato a rimanere a lungo tra i più grandi del mondo.


     
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    diventerà quasi impossibile pescare seppie, calamaretti e telline
    Frittura di paranza addio, il nuovo regolamento Ue la renderà introvabile
    Le regole per la pesca nel Mediterraneo dal 1° giugno: reti a maglie più larghe e barche più lontane dalla costa


    MILANO - Niente più seppie, calamaretti e telline nelle tavole degli italiani che potranno dire addio anche a rossetti, bianchetti e latterini, frittura di paranza per eccellenza dalla Liguria alla Calabria. Tutto questo a partire da martedì 1 giugno con l'entrata in vigore del Regolamento Mediterraneo. La Commissione europea, infatti, detta nuove regole per la pesca nel Mediterraneo, con maglie più larghe che rendono impossibile, ad esempio, la cattura dei calamaretti e dei rossetti essendo molto piccoli, e nuove distanze dalla costa a non meno di 1,5 miglia per le reti gettate sotto costa, che diventano 0,3 per le draghe usate per la cattura dei bivalvi, come telline e cannolicchi che vivono e si riproducono a pochi metri dalla costa. Prelibatezze che godono di una solida tradizione gastronomica italiana ma che si scontrano con l'obiettivo dichiarato dell'Ue di tutelare le specie a rischio e il nutrimento dei pesci adulti, imponendo quindi limiti a metodi e confini dei territori di pesca.

    PROTESTE - Il Regolamento Mediterraneo è penalizzante soprattutto per l'Italia, Paese per antonomasia della piccola pesca a cui è dedita il 5% della flotta. E ora occorre saper affrontare una nuova realtà che, a detta delle associazioni di categoria a partire dall'Agci Agrital, deve essere governata, dopo aver giocato a Bruxelles senza successo la carta di deroghe e proroghe. E se non sono mancate le proteste, come quella dell'associazione Marinerie d'Italia davanti al ministero delle Politiche agricole a Roma, oggi si pensa ai Piani di gestione da presentare all'Ue, ovvero a deroghe per maglie e distanze dalla costa che permetterebbero la cattura delle specie messe a rischio dalle nuove disposizioni; ma anche a misure economiche in grado di alleviare i pescatori penalizzati. E a questo proposito c'è qualche novità per vongole e cannolicchi; una circolare ministeriale infatti, rende noto la Federcoopesca, informa che è in via di perfezionamento la procedura per una deroga. Un rinvio possibile anche per le telline perchè, secondo la Lega Pesca, la Commissione europea potrebbe escludere dal Regolamento Mediterraneo il divieto dei rastrelli da natante, trattandosi di attrezzi non trainati. Per ora si sta a guardare e nell'incertezza, ben venga un bel piatto di spaghetti con le telline, tanto per non dimenticare un sapore che ha meritato il riconoscimento di slow food.

    PERPLESSITA' - E con il varo delle nuove regole, arriva, inevitabile la preoccupazione anche dei ristoratori. Un «grido di dolore» per le nuove norme sulla pesca dell'Ue che tutelano seppie, calamaretti e telline viene «a nome di tutti gli abitanti della laguna veneta» arriva da Arrigo Cipriani, proprietario dell'Harry's Bar di Venezia, il mitico locale frequentato tra gli altri da Ernest Hemingway. La preoccupazione maggiore di Cipriani, autore di autorevolissimi libri di cucina, è per la seppia che, afferma, «è un elemento fondamentale della cucina veneta, non possono portarcelo via! Noi non puntiamo tanto sulle vongole, ma le seppie sono una cosa che serviamo moltissimo».

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    Personaggi tv e capi di STato: in tanti lo «affittano» per imparare a cucinare
    Lo chef dei vip: «Brunetta sa fare il risotto E Zaia va matto per la pasta alla terrona»
    Alessandro Circiello, cuoco star di Raidue, racconta vizi e virtù dei suoi clienti eccellenti: «Quanti veti da Putin...»

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    ROMA - Io, il cuoco e tu. Un premuroso Renato Brunetta l’ha «affittato» per una lezione di cucina a due, dalle 9 a mezzanotte, soltanto lui e la fidanzata Titti, seduti in cucina ad imparare come si prepara il risotto mantecato con filetti di triglie e pesto leggero di basilico. «No, il ministro quella sera non si è messo ai fornelli, era troppo stanco» racconta Alessandro Circiello, romano, 32 anni, chef conteso dalle celebrità. «Lo showcooking era una sorpresa per la promessa sposa». Brunetta era preparatissimo: «Sapeva già come si fa mantecare il risotto, l’ha imparato, penso, dalla mamma». Buona forchetta: «Ha assaggiato tutto». Ha preso appunti, si è informato sul costo al chilo delle capesante. «Ha ricopiato la ricetta dell’orzo perlato con rape rosse e ricotta salata, per rifarla a casa».

    ONOREVOLI PASTICCIONI - Meno promettenti le abilità culinarie del sottosegretario Paolo Bonaiuti (che beve spumante rosè a tutto pasto), di Giorgio Lainati e Rodolfo De Laurentiis che in gruppo misto si sono segnati ai corsi osserva&assaggia con esercitazione pratica inclusa: ma lo spadellamento di risotti e fettuccine si è risolto con mulinelli di pietanze tra soffitto e pavimento. «Capita, ci vuole un abile gioco di polso». Ha lasciato fare sempre tutto a lui il governatore del Veneto, Luca Zaia, che vuole mangiare bene ma in mezzora: «Filetti di ricciola o alici appena scottate, verdurine, olio buono». Una debolezza «terrona»: spaghetti con calamaretti, aglio, olio e peperoncino. Al direttore del Tg1, Augusto Minzolini, piace sperimentare: «Gli ho fatto assaggiare il mio maiale con polvere di caffè e liquirizia». Duro in redazione, tenero a tavola: «Ha un debole per mousse e bavaresi».

    I DIVIETI DI PUTIN -Bruno Vespa invece, provetto sommelier, va pazzo per l’Icewine Mon Tresor, vino da dessert canadese. Milly Carlucci è vegetariana e mangia kiwi a ripetizione. Circiello, star de «I fatti vostri» su Raidue e neo-autore del libro «La salute vien mangiando», ha fans che contano e spendono. «Vladimir Putin sei mesi fa ha mandato a scuola da me i suoi 10 chef personali per una full immersion di cucina italiana. Gli sembrava strano che la pasta andasse cotta in acqua bollente». Il Cremlino ha vietato aglio e cipolla. Promossi i maccheroncini con farcia di farro, scorfano e pistacchi e i ravioli ripieni di astice e patate. Per Rania di Giordania niente pasta e pesce già sfilettato e spinato «sebbene il galateo internazionale preveda il contrario». Non ha badato al conto lo sceicco di Jedda, Adel Abuljadayel, che si è presentato con un biglietto da visita d’oro massiccio e pasteggia a champagne. E l’ha prelevato sul suo jet privato per un weekend gastronomico. «Loro usano solo riso basmati, l’ho stupito con un vialone nano alla milanese, con zafferano e liquirizia».

    Giovanna Cavalli
     
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83 replies since 3/7/2009, 19:32   1088 views
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