CONSIGLI E CURIOSITA' CULINARIE

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    I cibi ammazza eros

    Non solo aglio e cipolla. Sono numerosi i cibi che possono rovinare una cenetta a lume di candela, perché dall'odore troppo forte, poco digeribili, esteticamente poco attraenti. Tra fagioli, seitan e minestrine in brodo, ecco un piccolo vademecum semiserio per evitare gli ingredienti "passion killer" con i consigli di chef e gourmet

    sti eliminare aglio e cipolla cruda e il gioco è fatto? Troppo facile: non è sufficiente eliminare gli aromi forti dalla cucina per assicurarsi una cena romantica, e soprattutto un dopocena da Mille e una notte.

    Le insidie nel piatto che complottano contro l’eros sono numerose, perché l’amore si nutre, appunto, di tanti dettagli ed è a tavola che bisogna stare attenti per assicurarsi un dopo cena a lieto fine. Scontato continuare a parlare di cibi afrodisiaci: meglio stare attenti a come cancellare, piuttosto, quelli “passion killer”. Ci sono alimenti che – per gli scherzi che fanno in fase digestiva o semplici associazioni di idee – remano contro la riuscita di una seratina perfetta.

    Non si tratta ovviamente di effetti fisiologici: non esistono cibi ammazza eros, anche se – come spiega il nutrizionista Pietro Migliaccio – “un pasto troppo abbondante, pesante, ricco di grassi è nemico di un incontro amoroso per il semplice fatto che affaticano il fegato e comportano una concentrazione di sangue a livello intestinale che toglie afflusso agli organi della sessualità”. No alle abbuffate preliminari, dunque.

    No anche al bicchierino di troppo. Gli alcolici, infatti, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, solo in una prima fase e a piccole dosi danno eccitazione, ma nel momento clou sono di ostacolo a prestazioni amorose. Scienza a parte, sono numerosi i piatti che potrebbero sgonfiare l’e ntusiasmo dell’innamorata/o per tutta una serie di buoni motivi. Così se vi accingete a preparare un pranzetto per il partner ecco i consigli di cuochi e gourmet. Cancellare dalla lista ingredienti, suggerisce Bob Noto, fotografo di food e appassionato gourmet, aglio e cipolla crudi: “nulla di personale contro questi bulbi odorosi (preziosissimi nella nostra cucina), ma – a meno che non siate chef in grado di valorizzarne l’aroma senza tenervi il retrogusto –
    l’olezzo vi terrà compagnia alla stregua di un pesante terzo incomodo”.

    Quindi è out dal menu per due – sottolinea Pier Bussetti della Locanda Mongreno di Torino - la mitica bagna caôda piemontese ( a base di aglio, olio, acciughe) che il food blogger Alberto Cauzzi ha ironicamente ribattezzato “l’< strong>anticoncezionale naturale più potente: dopo vostra moglie non vi starà vicino per i successivi tre giorni”. Ma Cauzzi è lombardo e non poteva non ricordare un’altra preparazione tipica: la casœûla (cotenne, piedini, orecchie, codine di maiale e verza). “Che tra la leggerezza del grasso suino e l’e ffetto ‘fermentante’ del cavolo, proprio stimolante non sembra”.

    Insomma, a tavola i nemici dell’amore hanno anche una bandiera regionale: se i Toscani cercheranno di evitare i fagioli al fiasco per i loro effetti collaterali quanto meno imbarazzanti, per lo stesso motivo in Sicilia mettere al bando il macco di fave. L’ostracismo è in vigore un po’ per tutti i legumi.

    In Sardegna? Il giornalista gastronomico Gilberto Arru non ha dubbi: “Se la dolce metà mi si presenta a tavola con la pecora bollita, la passione si blocca. Odore troppo forte e aspetto ben poco romantico. Ottima in altre circostanze ma deleteria per una cenetta a lume di candela”.

    E poi ci sono piatti che non piacciono a prescindere dal gusto: no ad hamburger e patatine, secondo Davide Di Fabio che lavora con Massimo Bottura all’Osteria Francescana di Modena. “È troppo legato a un concetto di fast-food, in contraddizione con una notte di amore, si spera, slow”.
    Abbasso soprattutto la pastina in brodo per il giornalista Maurizio Bertera: “È un po’ triste. Più che un dopo cena di passione fa venire in mente un pasto in ospedale o casa di riposo”. Su questa linea anche il blogger Dario Bressanini: “Il cibo meno erotico? Unospezzatino. Poco fantasioso e spesso troppo pesante”.

    Ma anche i cibi leggeri non incontrano il favore di molti uomini. Per esempio Fulvio Pierangelini trova poco sexy tutto ciò che è esasperatamente salutista, le insalatine di germogli di soia, le fettine di seitan, magari accompagnate da un centrifugato di frutta bio: “Chi apprezza un pasto così è lo stesso uomo che prima di andare a letto piegherà con precisione i pantaloni sulla sedia”.

    Scartati tutti questi cibi la cena dovrebbe avere il giusto esito “ piccante”, ma… non sorridete: c’è sempre in agguato il pezzetto di verdura tra i denti! (02 luglio 2009)

    http://espresso.repubblica.it/
     
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    INTEGRATORE ALIMENTARE NATURALE ZUCCA MELOGRANO RAME

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    Ecco un integratore alimentare naturale perfetto per questo periodo dell’anno: aiuta a prevenire l’influenza e attenua gli attacchi di fame nervosa. Si tratta di un frullato dal bel colore arancio a base di zucca e dell’oligoemento Rame, emulsionato con succo di melagrana. È un autentico distillato di benessere da gustare come aperitivo, spezza-fame e tutte le volte che ci prende quella “voglia matta” di cibo.

    La zucca, ortaggio di stagione ricco di vitamina A e C, di fibre e di sali (potassio, ferro, calcio, fosforo) ha la capacità di regolarizzare l’intestino e di eliminare putrefazioni e gonfiori. È anche altamente saziante. Il Rame, dal canto suo, tonifica il sistema nervoso e agisce sul metabolismo cellulare riequilibrando gli scambi energetici, con un effetto ricostituente immediato che risolve i cali psicofisici tipici dell’autunno.

    L’ultimo ma fondamentale ingrediente di questo integratore alimentare è il succo di melagrana (si trova in erboristeria e nei negozi di cibi biologici), un eccezionale concentrato di vitamine (soprattutto la C) e di antiossidanti che previene l’accumulo di scorie, rinnova i tessuti e ha anche un effetto immunostimolante.

    L’integratore alimentare zucca, rame e melograno: come prepararlo

    Per 2 bicchierini di integratore alimentare serve una piccola zucca (possibilmente di origine biologica): tagliane una fetta, puliscila da scorza e semi e cuocila al forno. Quando è cotta e morbida, lasciala raffreddare e frullala nel mixer insieme a mezzo bicchiere di succo di melagrana (se la zucca è molto asciutta, dovrai aggiungerne un po’di più) e a una fialetta di oligoelemento Rame. Versa il tutto in due calici o due bicchierini e servi fresco, con qualche seme di zucca pestato.

    L’integratore alimentare per la vista e l’intestino

    Se vuoi puoi aggiungere, alla stessa base di zucca e Rame, mezzo bicchiere di succo di mirtillo bio: in questo caso il frullato si trasforma in un integratore alimentare perfetto per curare i cali di vista e, nel contempo, per “svegliare” dolcemente l’intestino impigrito da freddo, dieta troppo grassa e sedentarietà.



     
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    Il buono del pane fatto in casa

    Alla riscoperta delle antiche tradizioni, all'insegna del risparmio per superare la crisi e per aiutare l'ambiente. Via libera al pane fatto in casa.

    Sanihelp.it - La soddisfazione di una michetta fatta in casa, il profumo del pane che si diffonde nella propria cucina e, da non sottovalutare, il risparmio significativo a fine mese. Ormai fare il pane in casa è una vera e propria moda che sta conquistando anche le donne in carriera.

    Molte, a dire il vero, si avvalgono almeno di una macchina per fare il pane: ve ne sono alcune che impastano solamente, ma anche altre che riuniscono anche le funzioni di lievitazione e cottura. Uno strumento sicuramente utile per le donne che non vogliono rinunciare al pane casalingo ma hanno poco tempo. Per tutte le altre, consigliamo di farlo totalmente a mano.

    Di ricette per fare il pane in casa ne esistono almeno tante quante sono le tipologie esistenti. Qui suggeriamo come realizzare il pane integrale in casa, seconda la ricetta indicata da Sheherazade Golsmith nel suo volume Vivere secondo natura.
    :wub:

    Gli ingredienti
    La farina
    Molti credono che la farina sia un ingrediente che non necessita di qualità particolari, in realtà con una buona farina anche i principianti possono ottenere un buon pane, con una farina scarsa, invece, è impossibile.
    Una buona farina da panificazione deve avere un elevata capacità di assorbire acqua e un elevato tenore proteico. La qualità della farina si misura con un apposito indice (W), che purtroppo non è presente nelle farine in commercio al dettaglio.
    Per cominciare, vi consigliamo di utilizzare uno dei seguenti tipi di farina:
    - farina professionale: se avete un buon rapporto con il vostro panettiere, convincetelo a vendervi qualche chilo di farina;
    - farina speciale per pane, acquistabile in qualunque supermercato;
    - farina di grano duro (o semola rimacinata di grano duro) con tenore di proteine pari o superiore all'11%.
    - farina 00 generica miscelata con una pari quantità di farina di Manitoba.
    Con questi tipi di farine otterrete un buon pane, fin dai primi tentativi.
    I più temerari possono cimentarsi da subito nella produzione di pani particolari, come quello di farro.
    Il lievito
    Il lievito di birra in panetti è il più indicato per panificare. Acquistatelo il più fresco possibile, dovrebbe avere una durata di almeno venti giorni prima del termine indicato della data di scadenza.
    L'acqua
    Usate pure acqua del rubinetto. Potete fare asperimenti con acqua minerale naturale, basta che non abbia un residuo fisso molto basso poiché il pane necessita di una certa quantità di minerali, come il calcio, presenti in basse quantità in alcune acque minerali.
    Il sale
    Usate sale fino da cucina.
    Il procedimento
    Per fare il pane occorrono in totale dalle 5 alle 6 ore circa. Le fasi attive, dove sarete operativi, si limitano a 1 ora circa, il resto è attesa.
    Le istruzioni riportate di seguito utilizzano i seguenti ingredienti:
    500 grammi di farina;
    300-350 grammi di acqua (variabile a seconda del tipo di farina);
    15 grammi di lievito di birra;
    10 grammi di sale (un cucchiaino raso);
    Come potete vedere, alcuni parametri come la quantità di acqua, la temperatura del forno e il tempo di cottura non possono essere determinate con precisione perché dipendono dalle caratteristiche degli ingredienti, dall'ambiente e dalla attrezzatura. Questi parametri devono essere ottimizzati con l'esperienza.
    Impastamento
    Potete procedere in due modi: con il metodo diretto o con quello Poolish.
    Metodo diretto
    Mettete in una insalatiera grande 500 grammi di farina, 300 gr di acqua nella quale avrete sciolto 15 gr (2/3 di un panetto da 25 gr) di lievito sbriciolato.
    Cominciate a lavorare l'impasto con un cucchiaio di legno fino a che non comincia a formarsi un impasto omogeneo.
    Aggiungete un cucchiaino raso di sale e fatelo sciogliere nell'impasto. Potete aggiungere il sale anche prima, l'importante è che non venga a contatto con il lievito.
    A questo punto estraete l'impasto dall'insalatiera e trasferitelo su un piano di lavoro stabile.
    Dovete impastare almeno per 15-20 minuti a seconda della forza che ci mettete. A un certo punto sentirete che l'impasto cambia consistenza, divenendo più morbido e lavorabile, elastico e malleabile: a quel punto potete passare alla fase successiva.
    La quantità di acqua assorbita dalla farina è variabile, durante le prime fasi dell'impastamento dovrete aggiungere acqua, poca alla volta, se vi sembra troppo secco e duro.
    Ricordate solo che l'impasto non deve essere appiciccaticcio.
    Metodo Poolish
    Mettete in una insalatiera grande 150 gr di farina con 100 gr di acqua e 15 gr di lievito. Con un cucchiaio di legno formate un impasto omogeneo. Coprite l'insalatiera con un canovaccio e lasciate lievitare per 30 minuti.
    A questo punto unite il resto della farina e dell'acqua, il sale e cominciate ad impastare seguendo il procedimento descritto sopra. Questo metodo garantisce risultati migliori, anche se allunga il processo di 30 minuti.
    Lievitazione
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    Una corretta lievitazione necessita di una temperatura di 25 gradi con l'80-90% di umidità. La temperatura è facilmente raggiungibile in casa, basta mettere l'impasto in un luogo caldo, per esempio vicino a un termosifone.
    L'umidità dell'ambiente domestico, invece, è sicuramente più bassa di quella ideale, quindi bisogna adottare qualche stratagemma per aumentarla.
    Il metodo classico è quello di coprire bene l'insalatiera (evitando per quanto possibile rientrate di aria) con un panno inumidito con acqua tiepida.
    Un'altro metodo consiste nel posizionare all'interno del forno l'insalatiera coperta con un canovaccio asciutto, insieme a un pentolino con un litro di acqua tiepida.
    Se avete un termometro-barometro, potete verificare che all'interno del forno si sviluppino queste condizioni e aggiustare la quantità e la temperatura dell'acqua nel pentolino per avvicinarsi il più possibile alle condizioni ideali.
    Scegliete il metodo a voi più congeniale e lasciate lievitare per 2.5-3 ore.
    Formatura
    Trascorso il tempo di lievitazione, estraete l'impasto, stendetelo sul piano di lavoro e schiacciatelo con le mani fino a fargli assumere una forma rettangolare. Arrotolatelo come in figura, poi disponetelo sulla leccarda del forno infarinata o meglio su un foglio di carta da forno infarinata, cospargetelo di farina in superficie e praticate due tagli in diagonale con un coltello da cucina. Rimettete la forma in forno per l'ultima lievitazione di 45-60 minuti.

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    Cottura
    Trascorso l'ultimo periodo di lievitazione, accendete il forno, non ventilato, a 180-200 gradi.
    Il pane è pronto quando uno stuzzicadente infilato dentro la pagnotta esce perfettamente asciutto. Il tempo di cottura, come il risultato della stessa, dipende dal forno che avete. Cominciate a controllare dopo 30-35 minuti.
    Quando estrarrete la pagnotta di pane dal forno avrà una crosta molto dura, ma non vi preoccupate: mettetela sulla griglia del forno a riposare, in modo tale che possa prendere aria da tutti i lati.
    L'umidità presente all'interno del pane fuoriesce gradualmente, ammorbidendo la crosta. Attendete almeno 15-20 minuti prima di affettare il pane, altrimenti l'eccessiva umidità tenderà a far rompere la mollica durante il taglio.
    Se la crosta rimane troppo dura, la volta successiva provate ad avvolgere il pane dentro un canovaccio, che trattenendo l'umidità ammorbidirà la crosta.

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    Arance rosse contro i radicali liberi

    &nbspLe antocianine e gli antiossidanti presenti nell’estratto di arance rosse aiutano a proteggere l’organismo dall’attacco dei radicali liberi che si generano durante il movimento e lo sport.
    È sempre il momento giusto per decidere di cambiare il proprio stile di vita all’insegna della salute e del benessere. È necessario ascoltare l’organismo, assecondare le sue necessità evitando lo stress e acquisire buone abitudini che consentano di vivere in armonia con il proprio corpo. Dormire almeno 8 ore a notte, seguire un’alimentazione equilibrata e svolgere una regolare attività fisica, sono piccole attenzioni che aiutano a stare in forma.
    In particolare, l’attività fisica è di fondamentale importanza per mantenere sani il tessuto osseo e le articolazioni, rassodare la massa muscolare, controllare il peso, coadiuvare il controllo del colesterolo, prevenire alcune patologie cardiovascolari e aiutare l’organismo a liberarsi dalla tensione, dall’ansia e dallo stress.
    Quindi via libera allo sport per tutti, grandi e piccoli, con un prezioso alleato che, in questo periodo, inizia ad abbondare sulle nostre tavole: le arance. Questi frutti antichi, portati in Sicilia dagli Arabi nel IX secolo d.C, ci accompagneranno fino all’arrivo della primavera, garantendoci una fonte importante di micronutrienti, quali vitamina C, magnesio, potassio, selenio, e un’alta concentrazione di antocianine e sostanze antiossidanti, utili a proteggere l’organismo.
    In quest’ambito l’Osservatorio AIIPA (Associazione Italiana Industrie prodotti Alimentari – Area Integratori Alimentari) segnala uno studio scientifico* pubblicato sulla rivista “Nutrition Research”, secondo il quale un'integrazione con estratto di arance rosse aiuta a proteggere l’organismo dall’attacco dei radicali liberi che si producono specialmente durante l’attività fisica.

    Lo studio ha coinvolto, per un mese, un gruppo di giocatori di pallamano di età compresa tra i 19 e i 30 anni che svolgevano regolare attività fisica, con l’obiettivo di valutare gli effetti a breve termine di una integrazione con estratto di arance rosse rispetto ad un gruppo di controllo composto da soggetti sedentari della stessa età.
    Agli atleti è stata somministrata giornalmente un’integrazione di due capsule da 100mg di estratto di arance rosse contenente il 3,1% di antocianine, lo 2,07% di acido idrossicinnamico, l’8,1% di flacone glucoside e il 7% di vitamina C. Al gruppo di controllo era stato somministrato invece un placebo.
    Dall’analisi dei risultati è emerso che i soggetti sottoposti all’integrazione con estratto di arance rosse manifestavano una riduzione significativa degli indici dello stress ossidativo.
    La ricerca evidenzia quindi che una integrazione con estratto di arance rosse può essere efficace nel diminuire lo stress ossidativo di coloro che svolgono una regolare attività fisica, anche a livello amatoriale.
    Si attendono altri studi che coinvolgano due gruppi di soggetti che pratichino tutti sport, in modo da escludere che sui risultati pesi l'effetto benefico sull'organismo del regolare svolgimento di attività fisica.

    *Francesco P. Bonina, Carmelo Puglia, Francesco Cimino, Domenico Trombetta, Giovanni Tringali, Anna Maria Roccazzello, Elio Insirello, Paolo Rapisarda and Antonella Saija. “Oxidative stress in handball players: effect of supplementation with a red orange extract”, Nutrition Research 25 (2005) 917-924.
     
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    Peperone Cornetto di Pontecorvo

    Il Peperone Cornetto di Pontecorvo rappresenta una delle tipicità più importanti della Ciociaria: la sua produzione si è andata affermando, soprattutto negli ultimi anni, anche per l’attuazione di politiche di diversificazione della produzione agricola, al fine di conseguire un migliore equilibrio tra offerta e domanda sul mercato, privilegiando il concetto di qualità.

    Il peperone “Cornetto” viene coltivato tradizionalmente nel territorio di Pontecorvo e Pignataro Interamna, lungo gli argini del fiume Liri. Cultivar precoce e molto produttiva, di colore rosso, a polpa non molto spessa, di forma conica molto allungata (20-25cm.).

    Il sapore è intenso, ancor di più quando viene consumato dopo conservazione sott'aceto. La sua polpa mantiene, anche nel tempo, una buona consistenza. Di varietà pregiata e saporita, di eccellente qualità, assolutamente non indigesto, questo gustoso ortaggio, dalla forma a “corno di bue”, può legittimamente ambire ad acquisire il riconoscimento comunitario.
     
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    Le proteine




    Sono gli elementi fondamentali delle cellule di tutti gli organismi viventi, animali e vegetali.

    Costituite da catene di amminoacidi, hanno il compito di costruire e riparare la pelle, i muscoli, il sangue, i capelli e per poter essere assimilate dal nostro organismo hanno bisogno di essere smembrate.


    Tra gli amminoacidi ve ne sono alcuni detti essenziali che non sono sintetizzati dall'organismo e per questo devono essere assunti esclusivamente attraverso il cibo.
    In ogni caso tutti gli amminoacidi sono importanti per l'organismo poiché rappresentano l'unica fonte di azoto utilizzabile metabolicamente; inoltre sono determinanti per la crescita e lo sviluppo sessuale.

    Gli alimenti proteici
    Un alimento è fonte proteica completa quando contiene tutti gli amminoacidi essenziali (come quasi tutte le carni e i latticini).

    Alimenti ricchi di proteine sono la carne, il pesce, le uova, i formaggi e i legumi, anche se i prodotti di origine vegetale a volte mancano di uno o più amminoacidi.

    Una dieta variata di cereali, legumi, frutta e verdura può garantire il giusto apporto di tutti gli amminoacidi essenziali in proporzioni equilibrate con gli altri nutrienti.


    Nei paesi industrializzati il rischio di una carenza proteica è estremamente raro; al contrario l'alta percentuale (72%) di proteine di origine animale presenti sulle nostre tavole comporta un rischio maggiore di malattie cardiocircolatorie, tumori e persino l'osteoporosi.


     
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    CIBO SESSO UN'ACCOPPIATA VINCENTE

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    Se lei non ha voglia di fare sesso, invitala a cena. Sesso e cibo sono due piaceri della vita, strettamente collegati tra loro, stessa localizzazione cerebrale, stessi circuiti neuroendocrini, gli stessi ormoni che li controllano…vengono stimolate le stesse molecole del cervello.

    E allora mettetevi ai fornelli e proponete una cena a base di tartufo, soprattutto bianco, che contiene l’androstenediolo, un ormone molto influente presente anche nel sudore umano. Definito dal naturista Plinio il vecchio “miracolo della natura”, oppure, per quanto possa sembrare poco romantico, provate a conquistarla con un’ assaggio di polenta: il mais contiene dopamina, un forte stimolante dell’erotismo.

    Lasciando da parte il termine afrodisiaco, di cui forse spesso si abusa, sono diversi gli alimenti o le sostanze potenzialmente utili o benefiche all’attività sessuale, eccone alcuni:

    Senape: aiuta la stimolazione delle ghiandole sessuali.
    Vaniglia: con il suo odore possiede effetti euforici e può essere consumata a volontà, combatte quindi l’astenia sessuale e agisce come stimolante.
    Semi di Coriandolo: essiccati posseggono effetti euforici, viene utilizzato in infusione nel vino e consigliato specialmente alle donne. Si raccomanda però di non abusarne, per evitare effetti opposti.
    Origano: in infusione è un buon agente eccitante o anche lo zenzero che oltre a facilitare la circolazione del sangue è conosciuto come “il viagra orientale”.
    Zafferano : è uno stimolante delle zone erogene.
    Miele : ricco di vitamina B e sali minerali , con benefici per la salute e per una forte carica sessuale, i suoi zuccheri sono necessari per la produzione del liquido seminale.
    Timo: purificatore del corpo e tonico.
    Rafano: la sua polpa ha benefiche proprietà sulla stimolazione delle ghiandole sessuali, usata in particolare dai giapponesi come salsa per accompagnare sushi e sashimi, la si trova anche in Italia, nelle erboristerie o nei negozi di cucina orientale.
    Infine una curiosità: il musk, una sostanza bruna estratta dalla ghiandola posta sotto la pelle dell’addome di giovani cervi che vivono nel sud est asiatico, nota per le sue virtù, viene ridotta in polvere e parsimoniosamente cosparsa sul cibo (se usata in eccesso, causa vertigini).


     
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    No al vino rosso con il pesce,
    ecco la prova scientifica

    Il ferro contenuto nel rosso lascia un gusto spiacevole in bocca, se si pasteggia con il pesce
    MILANO - I giapponesi non sono esattamente i più grandi estimatori del buon vino. Ma proprio dalla terra del sakè arriva la prova scientifica di quanto dalle nostre parti è considerato quasi l'ABC dell'abbinamento fra vino e portate: con la carne si beve il vino rosso, col pesce il bianco.

    FERRO – Il diktat, secondo i nipponici, sarebbe nato perché i vini rossi, in abbinata a orate e gamberi, lasciano in bocca un retrogusto spiacevole, «pescioso», per colpa del loro contenuto di ferro, mediamente maggiore rispetto a quello dei vini bianchi. I ricercatori, che hanno pubblicato i loro risultati sul Journal of Agricultural and Food Chemistry , hanno apparecchiato un pasto a base di frutti di mare ad alcuni volontari, tutti conoscitori dei vini (c'è da chiedersi dove li abbiano trovati in Giappone, ma questa è un'altra storia). Poi hanno servito loro 38 vini rossi e 26 bianchi (ma anche due tipi di sherry, un porto e un madeira), con un contenuto variabile di ferro che dipendeva dal Paese d'origine, dai vitigni presenti, dall'annata. Il verdetto è chiaro: quando il vino conteneva una maggior quantità di ferro (e questo accade soprattutto coi rossi) dopo il pasto restava in bocca più facilmente un sapore poco gradevole. Tanto che il problema scompariva se al vino «ferroso» si aggiungevano enzimi in grado di legare il ferro.

    ECCEZIONI – Takayuki Tamura, che ha coordinato gli esperimenti e lavora per un'azienda giapponese produttrice di vini, sottolinea come il ferro sia il fattore-chiave nella scelta del vino da abbinare al pesce: «Fino a oggi era impossibile prevedere «a scatola chiusa» se una bottiglia potesse essere più o meno adatta a un pranzo a base di pesce, perché non sapevamo quali elementi contribuivano a lasciare un sapore sgradevole dopo il pasto. Ora sappiamo che bisogna guardare il contenuto di ferro». Ciò non significa che tutti i rossi siano da evitare, come si affretta a specificare Tamura: «I rossi poco “ferrosi” possono costituire un ottimo abbinamento». Il giapponese così si salva in corner: le eccezioni alla regola infatti non mancano, e da qualche tempo pare quasi chic scegliere un bel rosso per accompagnare un branzino. «Con il pesce si può tranquillamente bere anche un vino rosso o rosato – spiega Terenzio Medri, presidente dell'Associazione Italiana Sommelier –. L'importante è che si rispetti l'unica regola aurea degli abbinamenti fra vino e cibo: nessuno dei due sapori deve sovrastare l'altro, come in un matrimonio perfetto. La nostra associazione già da anni sperimenta in questo senso, nella ricerca dell'equilibrio fra il gusto della pietanza e quello del vino: se uno dei due elementi prevale sull'altro, l'abbinamento è sbagliato». Come si riconoscono le “accoppiate” giuste? Con l'allenamento del palato, secondo Medri: «Studiando e provando, diventa del tutto naturale capire quando si raggiunge l'equilibrio perfetto».

    Elena Meli
    09 novembre 2009
    http://www.corriere.it/
     
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    E’ nato l’Inap, Istituto nazionale assaggiatori pani
    :lol:
    l primo istituto rivolto agli amanti dell’arte del pane organizza nella sede centrale, situata all’interno del Museo del Pane di Altomonte( Cosenza), corsi rivolti a tutti coloro che desiderino avvicinarsi al mondo del pane.

    Come spiega Vincenzo Barbieri, presidente dell’Inap, l’Istituto prevede tre livelli di formazione: il primo si rivolge ai consumatori che desiderino soddisfare le loro curiosità sul pane e la sua lavorazione; il secondo a chi è già impiegato nel settore come per esempio panificatore; il terzo livello di formazione, articolato in corsi specialistici, si rivolge infine a chi voglia conseguire il titolo di Maestro assaggiatore ed essere così inserito in un albo nazionale.

    Il registro nazionale degli Assaggiatori di Pane permetterà di instaurare rapporti di collaborazione con altre organizzazioni omologhe.

    Il sommelier dell’arte bianca, una nuova e importante professione

    L’assaggiatore, o sommelier, del pane avrà l’importante compito di valutare e definire il modo in cui tutti gli aspetti della lavorazione del pane concorrono a determinare le caratteristiche del prodotto finito: lievitazione e cottura, stagionatura e fragranza. Anche il pane, come il vino e la cioccolata, verrà quindi valutato da degli esperti del settore.

    Un’organizzazione volta a promuovere la tradizione del pane come prodotto simbolo del proprio territorio

    L’Inap nasce con lo scopo di rivalorizzare e divulgare la cultura del pane come espressione della tradizione e della realtà del proprio territorio insegnando metodologie di assaggio che si avvalgono di avanzate tecniche di analisi sensoriale.

    Indirizzi e contatti dell’Inap

    In attesa del sito Web dell’Inap, che verrà a breve creato per soddisfare le curiosità di tutti gli interessati, si puo’ intanto fare riferimento a questi indirizzi:

    Istituto Nazionale Assaggiatori Pani
    piazza Castello c/o palazzo Battaglia
    87042 Altomonte (CS)
    E-mail: [email protected]


     
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    CONGRESSO DELLA AMERICAN HEART ASSOCIATION
    Come cucinare il pesce per salvare il cuore
    Bollito o al forno è l’ideale, meglio ancora se accompagnato da una salsa di soia

    DAL NOSTRO INVIATO
    ORLANDO - Forse i risultati della ricerca scientifica non vanno molto d’accordo con le ricette della cucina italiana, ma, ai tempi della globalizzazione culinaria, vale la pena di conoscerli. Perché, hanno dimostrato un gruppo di ricercatori dell’Università delle Hawaii, il modo di preparare e cuocere il pesce può influire sulla salute del cuore. I pesci contengono acidi grassi omega 3 che hanno un effetto benefico sulle arterie e aiutano a prevenire l’aterosclerosi, ma questo loro effetto può essere “modulato” proprio dal sistema di cottura. Ecco come Lixin Meng, ricercatrice all’Università delle Hawaii a Manoa e coordinatrice dello studio, ha sintetizzato i risultati al meeting annuale dell’American Heart Association a Orlando: <il pesce bollito o cucinato al forno mantiene i suoi effetti benefici, soprattutto se viene aggiunta salsa di soia a basso contenuto di sodio, come la salsa teriyaki, o il tofu. Li perde se viene fritto, o viene conservato sotto sale o essiccato>. Purtroppo i ricercatori non hanno considerato la cottura alla griglia che, da noi, è la più diffusa.

    GRUPPI ETNICI - Lo studio ha preso in esame il tipo, la quantità e la frequenza del consumo di acidi grassi omega 3, attraverso il pesce, in diversi gruppi etnici delle Hawaii e della Los Angeles County in un periodo compreso fra il 1993 e il 1996: in totale più di 82 mila uomini e 103 mila donne di origine africana-americana, europea, giapponese, hawaiana e latina, che non avevano problemi cardiovascolari. Ha poi considerato il loro consumo di tonno in scatola, di altri pesci conservati, di pesce fresco, esclusi i crostacei, e di prodotti della soia, come le salse di soia e il tofu che contengono omega 3 vegetali, e ha analizzato i diversi sistemi di preparazione. I risultati hanno confermato che, quanto più si consumano omega 3, tanto meno si corre il rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari e questo è valido soprattutto per gli uomini e in particolare per quelli di origine europea, giapponese o latina: un rischio si riduce del 23 per cento in chi consuma, in media, 3,3 grammi di omega 3 al giorno, con i benefici migliori in chi ha l’abitudine di bollire il pesce o di cuocerlo al forno.

    SALSA TERIYAKI - Nelle donne, invece, si è osservato un effetto cardioprotettivo, anche per un consumo più basso di omega 3, ma in generale meno marcato che negli uomini. Non solo, mentre negli uomini il consumo di pesce conservato sotto sale o essiccato è legato a una minore protezione cardiovascolare, nelle donne diventava un fattore di rischio. Queste ultime, invece, traggono i benefici maggiori, rispetto agli uomini, dall’aggiunta, al pesce cucinato, di salsa di soia e di tofu. Commenta a questo proposito la Meng: <e’ possibile che per le donne, il consumo di salse aggiunge, all’effetto degli omega 3, quello dei fitoestrogeni che svolgono un effetto protettivo sul loro sistema cardiovascolare>. L’American Heart Association raccomanda di mangiare pesce, in particolare pesce grasso, ricco, appunto di omega 3, almeno due volte alla settimana, e di consumare anche tofu e semi di soia.

    Adriana Bazzi
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    Ostrica, regina degli afrodisiaci

    L’ostrica è davvero la “personificazione” della voluttà, anche se si tratta di una creatura molto “vecchia”. E’ infatti comparsa sul pianeta Terra circa 100 milioni di anni fa e ne possediamo un fossile di circa 10 milioni di anni: con una perla in via di formazione! La amarono i Greci, e la quantità consumata era tale che ne usavano i gusci (vuoti, ovviamente!) nelle votazioni pubbliche. I Romani, sbrigativi ed organizzatori per vocazione, inventarono un loro metodo (arcaico fin che si vuole, ma funzionale) per allevarla. Qui vi proporremo una ricetta con le ostriche dei primi del Novecento…

    Nel periodo che va dal rinascimento al barocco, l’ostrica è protagonista di molti dipinti, detti “Nature Morte”, sino a divenire la personificazione di uno dei Cinque Sensi: il Gusto. Eppure molto sapore non ce l’ha proprio! La considerazione in cui era (ed è) tenuta è forse data dal suo prezzo (sempre POCO contenuto !) e dalle qualità rinvigorenti (per l’apparato riproduttivo) che le vengono da sempre attribuite. Non si sa se a torto, ma comunque così è.

    Un capitolo a parte è quello delle perle: ”Lacrime delle Naiadi” (ninfe del mare), oppure generate da un fulmine scagliato da Giove (secondo Aristotele) in una notte di tempesta, e via elencando. Consumare, perciò, un mollusco del genere non solo era (ed è) indice di ricchezza economica, ma anche di sacrificio a priori di una perla futura per poterne godere anche fisicamente fra le braccia della persona amata…

    Questa ricetta risale ai primi anni del 1900. Compariva nei menù dei ristoranti di livello e sui primi transatlantici di lusso: era invariabilmente accompagnata da Champagne, ma anche un ottimo vino bianco e molto secco (tipo Verdicchio) può essere servito senza sfigurare.

    OSTRICHE “à la Russe”

    Ingredienti per 4 persone:
    12 ostriche

    Preparate una salsina, emulsionando:
    3 cucchiai da tavola di vodka liscia (non aromatizzata)
    1 cucchiaio di succo di limone
    1 quarto di cucchiaino di ràfano tritato sottilissimo
    1 pizzico di zucchero di canna
    1 pizzico di sale fino
    pomodoro grosso e ben maturo, tritato finissimo
    1 cucchiaio di erba cipollina

    Preparazione
    Preparate le ostriche come si fa solitamente: staccarle dal fondo della conchiglia tagliando la membrana connettiva che la fissa. Sistemarle sul ghiaccio appena tritato, e spargere sopra ognuna un cucchiaino abbondante di salsina. Immediatamente prima di servire, tritatevi del pepe bianco profumato.

    Giovanna Motta

    fonte tgcom
     
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    Le patatine fritte

    Bocciate dai dietisti, promosse dagli psicologi

    Le patatine fritte sono ritenute dannose per la salute da molti esperti e quasi tutti ci consigliano di starne alla larga… Ma quanti di noi ci riescono veramente? Chi, almeno una volta non ha ceduto al loro richiamo?
    Be’, a quanto pare, se da un lato fanno male alla salute dall’altro fanno bene all’umore rendendoci più sereni e tranquilli: come se fosse poco, direbbe qualcuno…

    image

    A remare a favore delle patatine c’è, come presumibile, il Potato Council un’associazione che sostiene le industrie “patatifere” del Regno Unito, il quale ha commissionato uno studio ai ricercatori della Aston University di Birmingham.
    In questo studio gli scienziati hanno coinvolto 60 volontari ai quali è stato fatto visionare un filmato di 5 minuti che mostrava lo sgancio della bomba atomica su Hiroshima, al termine della Seconda Guerra Mondiale, e il conseguente fall-out.
    Al termine della proiezione i partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi. Agli appartenenti al primo gruppo è stata data da sfogliare una rivista per distrarli dalla proiezione, mentre a quelli del secondo gruppo è stato dato da mangiare un piatto di patatine.
    Prima della proiezione del filmato e dopo aver letto la rivista o mangiato le patatine, i partecipanti sono stati invitati a compilare un questionario.

    Dato l’impatto fortemente emotivo del video si è cercato di capire come avevano reagito i volontari e i dati psicologici rilevati hanno mostrato che i partecipanti che si sentivano meglio dopo circa venti minuti erano proprio quelli che avevano mangiato le patatine.
    Questo «può essere dovuto agli effetti biologici dei componenti nutrizionali sulla chimica del cervello, o semplicemente una sensazione piacevole, innescata dal gusto delle patatine» ha dichiarato il dr. Mike Green, della Aston University, sulle pagine del Telegraph.
    Qualcun altro suggerisce che le patatine risveglino nelle persone sentimenti legati alle feste, le vacanze o comunque momenti di serenità.
    Insomma, peggio per la dieta, ma meglio per l’umore… almeno così sembrerebbe.

    (lm&sdp)
     
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    La mozzarella? E'proprio una bufala
    Una 'Tac' contro i bidoni

    di Mario Papetti

    Su 18 campioni di mozzarella provenienti da diversi caseifici ben 5 (quasi un terzo) sono risultate "positive al test" ossia non ottenute esclusivamente con il latte fresco.

    Ad affermarlo il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, che alla Fieragriola di Verona ha presentato la prima "Tac salva mozzarella Made in Italy" realizzata con la collaborazione dell'Associazione italiana allevatori.

    Si tratta del primo sistema di analisi che consente di rilevare se una mozzarella vaccina è stata realmente prodotta con latte fresco o se, invece, realizzata utilizzando cagliate congelate.

    A rischio 43 mila stalle italiane
    Un inganno, secondo l'analisi della Coldiretti, che sta mettendo a rischio 43 mila stalle italiane, quasi 200 mila occupati e oltre 22 miliardi di euro generato dalla filiera nel settore lattiero-caseario. "Per salvare il settore - sottolinea Marini - è necessario intensificare i controlli anche con le nuove tecnologie ma servono pure misure di intervento strutturali per la trasparenza come quelle previste dal Decreto, in corso di verifica alla Ue, che prevede l'obbligo di indicare la provenienza di latte e derivati in etichetta e il divieto di utilizzare polveri caseinati in sostituzione del latte per la produzione dei formaggi.

    Il mercato del latte in cifre
    In Italia vengono allevate 1.839.000 mucche da latte mentre le aziende, dislocate su tutto il territorio nazionale (in prevalenza al Nord-Est e Centro) sono 43.861. La produzione di latte ammonta a 111.054.000 quintali, trentasei i formaggi tipici a Denominazione di origine. I caseifici e Centrali del latte sono 1.516, le cooperative 637. Ottantadue i centri di raccolta. Gli italiani consumano 20 chili di latte fresco pro-capite, 26 di latte Uht; 8,7 di Yogurt; 2,2 di burro e 24 di formaggi.

    fonte televideorai
     
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    Sua maestà, il soffritto (in versione light)



    Tutti i trucchi per una sua buona riuscita: dalla temperaura dell'olio (più bassa è più salutare), alla quantità, ai componenti: lo chef Stefano Ciotti ci svela i segreti per preparare la base per antonomasia di molti piatti della cucina italiana

    Il ragù non può farne a meno, ma anche il risotto, la pasta con le vongole e l’arrosto. Difficile trovare pietanze degne del loro nome cucinate senza il soffritto, la base per antonomasia di moltissime preparazioni gustose della cucina italiana. Ma un vento nuovo soffia, in direzione manco a dirlo salutista, anche per questo celebre pilastro dell’arte culinaria tricolore, tramandato dalle nonne e sempre decisamente attuale.

    A parlarcene è Stefano Ciotti, quotato chef romagnolo (premio come migliore chef emergente nel giugno 2009, ndr ) alla guida del Carducci 76, elegante ristorante a Cattolica (Rn). La sua svolta non tocca tanto i componenti del soffritto, (che poi non è uno, guai a parlarne al singolare, ma sono tanti, e di questo vi diremo più avanti), ma riguarda la temperatura dell’olio o della materia grassa utilizzata in sua alternativa. Affinché i cibi preparati risultino più sani, più digeribili, ma ugualmente saporiti.

    Con una premessa, la sua, che ci fa già capire tante cose. «Chi mi ha influenzato di più nel modo di cucinare è sicuramente mia madre, sono i suoi sapori che hanno forgiato la mia cucina, che ancora mi ispirano perché hanno la solidità di un mondo autentico».

    Ma passiamo a scoprire i segreti che ci ha svelato questo mago dei fornelli legato alla tradizione e ai sapori della sua terra. Tanto per cominciare, partiamo dalla definizione di soffritto. «È l’assemblaggio di ingredienti aromatici – ci dice – con materia grassa, che vengono appunto soffritti. La materia grassa è prevalentemente olio extravergine d’oliva, noi da queste parti non usiamo il burro». Ma gli ingredienti da far soffriggere quali sono esattamente? «Non esiste un solo tipo di soffritto, ma a seconda dei piatti da cucinare si scelgono elementi diversi. Facciamo qualche esempio: si può mettere nell’olio solo aglio tritato, o solo scalogno tritato, oppure cipolla, sedano e carote. Per un piatto di spaghetti alle vongole, faremo un soffritto marino a base di olio, aglio e gambi di prezzemolo. E specifico i gambi e non le foglie, perché sono più tenaci, più resistenti con l’olio ad elevate temperatura soffrono meno, ma rilasciano un bel sapore intenso. Per fare un ragù di carne, invece, faremo un soffritto a base di cipolla, sedano e carota”.

    Come premessa, un trucchetto iniziale riguarda la preparazione del trito: per gestire il procedimento al meglio è bene preparare quantitativi ingenti da insacchettare sottovuoto prima, in modo da potenziarne i profumi prima dell’utilizzo.

    Veniamo alla cottura, perché è qui che la lezione di Ciotti svela i suoi più pregnanti segreti: «Gli elementi vanno messi nell’olio a freddo, si parte dal fornello spento dunque e si immerge tutto insieme, si mescola e poi si accende la fiamma. Adoperando un ampio tegame, non una padella. Nel soffritto tradizionale si raggiungono i 100° Cdi temperatura. Ma questo fa male. Per raggiungere un ottimo compromesso tra gusto e salute, invece, bisogna tenere il fuoco basso e non superare i 60-65° C. Solo così si mantengono intatte le proprietà nutrizionali dell’olio, che non si ossida, e degli altri elementi. Raggiunta la soglia limite della temperatura - che si riconosce anche a occhio nudo, quando la cipolla o lo scalogno diventano traslucidi - a quel punto è pronto per versarci gli altri elementi della preparazione. Che si tratti dell’acqua delle vongole, o della carne del ragù e via dicendo».

    Ma così possiamo parlare sempre di soffritto? «No, io questa versione la chiamo “Infusione forzata”: il palato non ne risente, ma la salute ne beneficia».

    La quantità di olio da mettere insieme agli aromi, è un altro di quei dubbi che aleggia da sempre sul soffritto: «L’olio deve quasi coprire il trito di aromi, dev’essere proprio a filo, né più, né meno».
    E ora tocca a voi, mettetevi alla prova.

     
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83 replies since 3/7/2009, 19:32   1088 views
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