CUCINA VENETA

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline





    La conservazione dei cibi Veneti

    La conservazione dei cibi si otteneva nella cucina tradizionale contadina, con il sale e l'insaccatura in budella buone, appositamente acconciate, di alcune qualità di carne, in particolare di maiale e d'asino.
    Il tempo di durata di questo ultimo tipo di conservazione era poi allungato dall'arte di impitarare, mettere salami, pancetta, pezzi d'oca (ochete) in ole di terracotta, sotto strutto o olio.
    Per quanto riguarda la frutta, la tradizione veneta si fermava all'uva passita, alle conserve de pomi, peri, zarese, castagne, alle mele conservate nella paglia, all'aperto sull'aia, alle nespole (tempo e paia maura le nespole).
    Degli ortaggi, le biscote, verze in salamoia, la conserva di pomodoro, i pearoni soto asedo, peperoni sotto aceto, il cren sotto olio, le cipolle e l'aglio intressà, attaccate a qualche trave, a forma di treccia.
    La maggior preoccupazione della mare, governatrice della casa, era quella di tener presente il tempo di maturazione e le possibilità naturali di conservazione di ogni prodotto (zucche, fagioli, ecc.) perché nulla andasse buttato o perduto.
    Per questo la cucina tradizionale e contadina è ciclica, legata alla produzione stagionale.
    D'estate, nelle case c'era qualche angolo più fresco dove si riponeva il cibo protetto da una moscarola, oppure si riponeva in un cestello che si teneva legato dentro il pozzo, a livello dell'acqua. D'inverno non era raro vedere cestelli, sporte o altro attaccati a qualche finestra a tramontana, all'esterno: era cibo messo al "fresco", in "frigo".
    Nelle case con possanza, di proprietari, esistevano delle ghiacciaie rudimentali, alimentate con pezzi di ghiaccio provenienti da fabbriche cittadine (le fabriche del giazo) oppure dalle ghiacciaie della montagna.
    Nelle corti, spesso i proprietari si costruivano la giazara che, oltre alla conservazione dei cibi, offriva all'esterno la possibilità di costruire giardini "freschi".
    Anche nei paesi, dove c'era la macelleria, esisteva la ghiacciaia, spesso costruita in comunità tra i proprietari di terre e di diritti d'acqua. Il ghiaccio, infatti, veniva "scavato" nei fossi, nei dugali, nelle zeriole soggette a diritti di uso e di proprietà.
    I poveri avevano diritto a un pezzo di ghiaccio quando il dottore ne ordinava la necessità per le febbri gravi o altre malattie, ma non potevano godere del diritto de giazara, si diceva. Del resto, cosa potevano portare di così grosso da conservare in ghiacciaia?


    La Storia della Polenta Veneta

    La polenta è il cuore della casa veneta, il simbolo popolare della sua cucina; nel Veneto, si sono sperimentate tutte le variazioni gastronomiche possibili della polenta.
    A Venezia esistevano dolci rustici, molto comuni, fatti con farina gialla prima della scoperta dell'America e a metà del XVI secolo, in Friuli, si fa la polenta con il "grano saraceno".
    Queste due realtà ci inducono a pensare che il famoso mais (mahiz, lo chiama Colombo, imparando il termine degli indigeni dell'isola Hispaniola) sia arrivato nel Veneto attraverso i traffici veneziani con l'Oriente, in tempi remoti.
    Le prime coltivazioni di mais si ebbero trent'anni dopo la scoperta dell'America, in Andalusia, per opera di agricoltori di origine araba che lo usavano come mangime per gli animali. Dal Golfo di Biscaglia, il mais si diffonde nel XVII secolo in tutta Europa, anche per la spinta che viene dai coloni americani, e si espande lungo una fascia precisa, attraverso la Spagna, la Francia, l'Italia, i Paesi danubiani, l'Ucraina, fino al Caucaso. Più a nord, il clima era troppo freddo, più a sud troppo secco. La preparazione è ovunque la stessa: si fa cuocere la farina gialla in acqua o brodo, vi si aggiunge, alla fine, burro, latte, formaggio, sughi e carne.
    Le attuali ricette della polenta impastizada, della polenta infasolà, della polenta onta, ecc., si rifanno a questo antico uso, derivato dalla maniera di preparare la puls romana.
    La parola "polenta", infatti, conserva la sua origine latina, puls, plurale pultes. Allora, la polenta era fatta con il farro, un cereale più grosso e duro del comune frumento, e non offriva la consistenza della polenta di farina gialla. Si condiva con latte, formaggio, carne di agnello, oppure con salsa acida e maiale.
    La puls era conosciuta in tutta l'area mediterranea e Apicio ci parla della puls punica, fatta con farina, formaggio fresco, miele e uova. Lo stesso autore ci riporta la preparazione delle pultes julianae, le polente friulane e venete con la spelta o il panico, con l'aggiunta di olio o latte, formaggio e sughi di carne.
    Nel De honestate voluptate et valetudine del Platina, alla fine del XV secolo, ritroviamo la polenta di farro. La torta si otteneva mettendo in padella, in teglia, a strati, polenta e condimenti, con una "spolverata" di zucchero e acqua di rose.
    La polenta di granoturco risolve subito i molti problemi alimentari delle popolazioni povere, fino a quando, nella metà del XVIII secolo, non apparve la pellagra, causata, si disse, dal continuo consumo di polenta. "Ci sono voluti decenni, si è dovuto arrivare a questo secolo prima di capire che la pellagra era conseguenza di una mancanza di vitamine" (Carnacina - Buonassisi) e si riconobbe l'antica saggezza dei Maya e degli Incas, che avevano fatto del mais la base della loro alimentazione ma vi univano quanto vi mancava.

    Il pane Veneto

    Nelle case bracciantili il pane era una rarità. Secondo le testimonianze orali, il pane accompagnava la carne a Natale, a Pasqua e alla Sagra. Era considerato il cibo rituale del Natale. Nelle case, attaccata ad un trave della cucina c'era la zesta del pan, la cesta del pane, perché el pan fato in casa, fatto in casa, era custodito con gelosa attenzione dalla mare, la madre governatrice. Ai bambini bastava on corno de pan; alle donne meza ciopeta; agli uomini, na ciopeta.
    Nei tempi più recenti (inizi del '900) ogni contrada aveva il forno in comune e ogni tanto, se fasea na sfornà de pan, si cuoceva una sfornata di pane. Il "tempo del pane" era rappresentato dalla medanda, il periodo della mietitura. Per chi aveva del so, terra propria, il pane era, naturalmente, "il pane quotidiano", tenendo però presente che per i coltivatori diretti, il frumento costituiva "merce di scambio" o comunque una fonte di guadagno, come la stalla. La polenta resterà anche per loro la base dell'alimentazione. Ogni zona aveva particolari "forme" di pane: la ciopa, la ciopeta, el paneto, la roseta, ecc. Il pane dei frati, quello bufeto, era confezionato in forme rigonfie, spugnose: si tratta di pagnotte da tagliare a fette. El pan scafetò è, invece, biscottato e corrisponde all'attuale pan biscoto. "Del pan biscotto le forme erano certo diverse e più piccole, a volte anche in figurazioni antropomorfe, come i bigarani a forma di biga cioè potta o organo sessuale femminile, che, di pasta magari ingentilita e addolcita e resa più nutriente per la presenza di grasso, di miele e di uova, convenientemente biscottata, venivano offerti alle donne, dopo il parto come dono. Non si trattava in fondo che di una ciambella schiacciata.
    Si confezionavano anche altri biscotti che nella forma e nella consistenza ricordavano l'organo sessuale maschile nella sua piena efficienza, ed ecco i pandoli e i parpagnacchi trasformati, ripetendo alle due estremità la forma dei testicoli, in ossi da morto" (G. Maffioli).
    Il pan scafetò è messo a confronto con nibiè e braciegi: sono focacce e buccellati, i famosi bussolai chioggiotti.
    I contadini si cibavano anche di pianele, schiacciatine di farina di castagne, il castagnaccio venduto sui banchetti delle piazze fino a qualche decennio fa.

    Cucina Curativa Veneta

    Cibi, erbe e frutta entravano nella cucina povera, come in quella ricca, con una doppia proprietà, alimentare e curativa. La spiegazione del come si giunse alla cernita dei vegetali utili alla alimentazione e degli altri necessari alla salute si spiega con la "magia simpatica", per cui il "simile chiama il simile". Basando la propria scelta tra la somiglianza di alcuni vegetali con certe parti anatomiche, gli antichi iniziarono delle terapie non ancora del tutto scomparse tra la gente. Secondo i canoni della "magia simpatica", il guscio e il gheriglio della noce, corrispondono alla calotta cranica e al cervello umano, per cui la parte commestibile fu adottata per trattare le malattie mentali.
    La verza ritenuta ancora oggi benefica alla circolazione corporea, sembra ripeterne la struttura complessa; lo zafferano guariva dall'itterizia, perché "tipico" e assimilabile all'affezione biliare per il colore giallognolo; la fava, aiuta la fertilità della donna, perché richiama il grembo materno. I contadini fino a trent'anni fa, usavano le foglie d'edera per bendare le ferite delle mani, ma soltanto delle mani, perché ne riproducevano sommariamente la forma. La seconda strada percorsa per la scelta dei vegetali utili alla salute è l'osservazione, l'esperienza e su queste due basi si fonda la medicina contadina e popolare. Del resto, nell'esaminare le ricette di infusi e decotti, spesso ci si imbatte in notizie risalenti all'antichità e scopriamo all'origine di molte indicazioni terapeutiche filosofi e studiosi come Aristotele, Pitagora, Platone, Ippocrate, Plinio, Catone.
    Alle conoscenze legate alla cultura occidentale, si sono aggiunte recentemente e nel corso dei secoli, nozioni derivate dalla civiltà indiana, dai medici orientali, dalla erboristeria della Cina dove, si dice, la medicina vegetale non è stata totalmente sostituita dalla moderna farmacopea.

    Cibi rituali Veneti

    I cibi rituali sono legati alla celebrazione delle feste liturgiche e a quanto resta ancora dei riti agrari del lunario contadino, che ha scadenze e ritmi talvolta diversi dal calendario. L'anno contadino, infatti, non inizia il primo gennaio, ma con la celebrazione dei Morti che offre ancora una ritualità di sapore naturale e vetero cristiano. San martino, pochi giorni dopo, sanziona il corso giuridico dell'anno agrario con la stipula dei patti annuali di mezzadria, colonia e con i contratti salariali.

    1-2 novembre, Ognissanti e i Morti: patate mericane (patate dolci ); i trandoti o pan dei morti, brazadelon (focaccia ); faoline (fave ); miole de zuca (semi di zucca ); i maroni (castagne e marroni ); papazin o bole (polentina di castagne)
    11 novembre, San Martino: galeto (galletto ); carne a poceto e carne in salata, i Sanmartin di pastafrola (San Martini di pastafrolla)
    25 novembre, Santa Caterina: oca
    Da Santa Lucia (13 dicembre) a Natale: mas-cio (maiale ); saladi (salami ); fegato con sangue cotto, rognoni in graticola, galzega del porco (risotto con il tastasale)
    24 dicembre: la Vigilia: bigoli co la sardela, mandorlato e vin bon
    25 dicembre: osso magon (ossocollo ); bigoloto de Nadal o nadalin (dolce ); risoto con el tastasale
    1 gennaio, Capodanno e 6 gennaio, Epifania: carne di pollo, carne di maiale
    Il Carnevale: maiale, vin bon e fritole (frittelle ); brazelo (ciambella ); bigoloto (focaccia ); grustoli o sfoiade (dolci)
    La Settimana Grassa: bigolada (gnocchi e frittelle)
    Le Ceneri e la Quaresima: renga e salata (aringa e insalata ); rane, baccalà, frittata con i gamberi
    La Mezzaquaresima: bigoli, paparoti, taiadele, maltaià, lasagne (tipi di pasta ); riso e bruscanzoli (bruscandoli ); riso a la scapadora (fatto in fretta)
    Pasqua: taiadele (o paparele) bo e vin tondo (tagliatelle in brodo di carne e vino forte ); brazadela o fugassa (ciambella)
    Lunedì dell'Angelo: uova con sale e pepe
    Ascensione: codeghina (cotechino)
    Estate: panzeta imanegà (arrotolata con chiodi di garofani e legata a salame ); panzeta soto onto (conservata nell'unto di maiale ); sardele, polenta e zeola freda, ochete (oca sotto unto ); fritaia coi pomodori, ovi in pocio, fighi in pocio, pan e anguria, melanzana in padelin, melanzane al fogheto, peperonata, zeole ciodote (cipolle chioggiotte ); anitra ripiena
    La Mezzastagione autunnale: fagioli, zucche, frutta autunnale, patate rosto (trifolate ); zuca soto la zendare (zucca arrostita sotto la cenere ); zuca cota (lessata ); fasoi in asedo (fagioli in insalata ); fasoi in teia (teglia ); riso e fasoi (riso e fagioli ); riso e zuca (riso e zucca ); polenta infasolà (polenta con i fagioli ); panocia brustolà (pannocchia abbrustolita ); fantoline (pop corn rustici)

    La Cucina tipica Veneta

    Il sapore e il gusto della cucina veneziana nascono nelle isole, in tempo remoto; si sposano e confondono, più tardi, con gli ingredienti e gli aromi dei prodotti della terraferma, con una immaginazione culinaria sostenuta da esperienze alimentari colte nei viaggi mercantili nel vicino oriente. Ma la caratteristica originale resta fedele alla lontana origine, quando pesca, caccia e orticoltura offrivano prodotti e ingredienti alla cucina veneziana.
    Il broeto antico e le zuppe di molluschi ne sono una testimonianza, come la ricchezza e la varietà dei piatti di pesce, all'arrosto, sulla graticola, in fritti saporosi, in umido (umido di seppie) fino all'esaltante saòr. E non si può dimenticare la capacità "di esaltare il gusto del manzo, dei carnami, del fegato, con misurati e temperati accostamenti degni in qualche caso della più ricercata cucina internazionale" (R. da Mosto, Il Veneto in cucina, A. Martello - Giunti Editore, Firenze, 1974, p. 15). Un'eredità dello spirito mercantile veneziano, una vocazione all'ospitalità della città stessa. I prodotti della terraferma entrano nella cucina veneziana attraverso un sapiente equilibrio di gusti, ingredienti e aromi. I risultati migliori sono certo i risotti, morbidi, delicati, dal sapore inconfondibile
    Quella del Polesine è una cucina naturale e semplice, coerente con il carattere degli abitanti. La caccia e la pesca offrono alla cucina polesana sapori altrove introvabili. Nelle trattorie, lungo gli argini dei fiumi e dei canali, fuma sui larghi focolari la graticola di grosse e tenere anguille, e la polenta troneggia nel suo colore dorato sulle tavole imbandite. La caccia arrosto o allo spiedo sostituisce spesso il pesce: tra gli alari girano schiodinate di mazori, ciossi, anitre selvatiche.
    Anche la "campagna" non è da meno delle zone paludose. Le teglie con la scura faraona, oppure il cappone ripieno, i piccioni farciti sono il risultato di allevamenti sapienti, che non hanno del tutto dimenticato le vecchie regole contadine. Il risotto di branzino è una peculiarità tutta polesana, come la bondola dal robusto sapore.
    I colli Euganei, e la pianura che corre verso il mare, senza raggiungerlo, caratterizzano un paesaggio "contadino" che entra nelle città e nei paesi e crea angoli pittoreschi di pergolati dove, spesso, si riconoscono le vestigia di antiche osterie, e dove, probabilmente, è nata la consuetudine dei pollastri ai ferri, delle lasagne, delle faraone rosolate, dei prelibati toresani (i toresani vicentini di Breganze).
    In questa "sinfonia gastronomica" le minestre di riso della cucina padovana fanno concorrenza a quella veneziana. Vi troviamo il risoto coi rovinazzi, con la luganega, con i bisi. Celebre il detto ghe n'è par sete padovani, per indicare una tavola imbandita con abbondanza. Se si pensa alla pettoruta gallina padovana che "fa da centro ai secondi", ai capponi, eccezionali per dimensioni e qualità delle carni, alle oche grasse e gonfie, ci si rende conto che l'espressione non è esagerata.
    La polenta di Cittadella è un dolce famoso e squisito, ma della polenta ha solo il nome. Invece, la smegiazza, gli antichi zaleti conservano vecchie ricette a base di farina gialla.

    La cucina Vicentina

    La cucina vicentina è una cucina dal sapore forte e corposo: il baccalà alla vicentina, la paeta con la melagrana, il capòn a la canevèra, i toresani di Breganze, i bìgoli con l'anara, che seguono le scadenze calendariali delle feste e l'evolversi delle stagioni.

    La Cucina Veronese

    La leggenda sull'origine della pastissada de caval, nasconde, con ogni probabilità, l'origine longobarda del piatto, riconosciuta come "veronese". Ma la tradizione scaligera, assume ad autentico emblema della sua cucina, lo gnoco. Non per niente il signore del Bacanàl, il carnevale veronese, è il Papà del gnoco che inalbera sul suo forchettone-scettro, il gustoso e tenero gnocco, creato dalla fame, dalle carestie dei secoli trascorsi, ma anche dalla matità, la fantasia burlona e poetica dei veronesi.

    La Cucina Veneziana

    Il sapore e il gusto della cucina veneziana nascono nelle isole, in tempo remoto; si sposano e confondono, più tardi, con gli ingredienti e gli aromi dei prodotti della terraferma, con una immaginazione culinaria sostenuta da esperienze alimentari colte nei viaggi mercantili nel vicino oriente. Ma la caratteristica originale resta fedele alla lontana origine, quando pesca, caccia e orticoltura offrivano prodotti e ingredienti alla cucina veneziana.

    La Cucina Trevigiana

    "Lieta e tranquilla la Marca è una creatrice di delizie gastronomiche tutte basate su piatti ricchi, ricercati e molto accurati nella preparazione, risultato evidente di una disposizione particolare dei trevigiani per i fornelli. Fra i risotti capeggiano quelli con la luganega, coi funghi del Montello, porcini o chiodini, con le quaglie grassottelle di alcuni indovinati allevamenti locali, e con l'anguilla del Sile".
    Le pappardelle, impastate senza uova secondo la tradizione "povera", formano con i fagioli una saporita pasta e fasoi da far concorrenza alla zuppa di trippe. Non certo alla zuppa coada (covata ); insuperabile per la preparazione attenta e il gioco dei gusti: trippe, piccioni, pollastrelli. Il baccalà alla trevigiana insidia il primato al più noto baccalà alla vicentina; i gamberi di S. Polo di Piave, il radicchio di Treviso e Castelfranco, completano una cucina di gusti elementari e di qualità.
     
    Top
    .
  2.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline
    image


    Baccalà mantecato con polenta e funghi,

    Questo è un piatto che si può preparare prima che arrivino gli ospiti e servire 'tiepido' o anche freddo, tranne i funghi che è sempre meglio servirli appena cotti. ecco come si presenta alla fine

    user posted image

    Ingredienti:-

    500/700 gr di Baccalà sotto sale (da lasciare dissalare in acqua per 24 ore)
    100/200 gr di Funghi freschi
    300 gr di farina gialla per fare la polenta
    Cipolla, Carota, Sedano, alloro, timo, vino bianco, sale (Court-Bouillon -per la cottura del Baccalà)
    Prezzemolo, Aglio per la cottura dei Funghi
    Noce moscata, pepe macinato,Olio E.V.O.,sale

    Dopo averlo dissalato ricambiando l'acqua almeno 6 volte nelle 24 ore, cuocete il baccalà nel classico court-bouillon, per 10-20 minuti a seconda di quanto gradi sono i pezzi.


    Fatelo raffreddare e toglietegli la pelle.
    Mettetelo in una ciotola e con le fruste lo 'spappolate aggiungendo Olio Evo a filo (come la maionese) fino a quando l'impasto diventa morbido.
    Aggiungete quindi noce moscata, pepe macinato, e prezzemolo tagliato fine.



    I funghi li cuocete 10 minuti con l'aglio , che toglierete a metà cottura, prezzemolo e poco Olio EVO. facendoli asciugare dalla loro acqua o togliendola se in eccesso per non far diventare 'duri' i funghi se troppo cotti.



    Preparate la polenta, raffreddatela in stampi e poi tagliatela a fette.


    Mettete tutti i preparati insieme e servite. Buon Appetito

     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline

    Image and video hosting by TinyPic


    RISI E BISI

    Ingredienti per 4 persone:

    gr. 400 di piselli teneri e dolci (anche surgelati)
    gr. 300 di riso
    un litro e mezzo circa di brodo (anche di dadi)
    gr. 50 di burro
    un cucchiaio d'olio d'oliva
    gr. 50 di pancetta
    mezza cipolla e una manciata di prezzemolo tritati
    4 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato

    Procedimento:

    In una casseruola mettete gr. 20 di burro, l'olio e il trito di pancetta, cipolla e prezzemolo. Fate imbiondire, mettete i piselli, cuoceteli a fuoco basso per una decina di minuti, versate il brodo e fate prendere il bollore.
    Aggiungete il riso e portatelo a cottura, rimescolando spesso.
    Prima di servire, regolate di sale, mantecate il tutto con il rimanente burro e il formaggio grattugiato.
    Servite.

     
    Top
    .
  4.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline

    BACCALà ALLA VICENTINA, SECONDO"PESCE"


    ingedrienti per 4 persone
    baccalà ammollato 800g
    olio extravergine d'oliva 1,5dl
    perzzemolo q.b.
    parmigiano grattugiato 50g
    spicchio d'aglio n:°1
    cipolle 350g
    latte 7dl
    acciughe sotto sale n.°3
    farina 00 50g
    costini di polenta
    sale q.b.

    procedimento
    sbucciate e tritate le cipolle; lavate il prezzemolo e tritatelo; sbucciate e tritate l'aglio. In un largotegame con metà olio extravergine d'oliva, rosolate le acciughe spezzettate e le cipolle, finchè le acciughe si saranno appassite. Unite il prezzemolo e l'aglio e cuocete per 5 minuti. Pulite il baccalà, apritelo a metà nel senso della lunghezza e disponete le due metà su un piatto; quindi coprite con metà del soffritto, spolverizzate con due cucchiai di farina e due di parmigiano grattugiato, salate e pepate il tutto. Richiudete le due metà a libro, facendole aderire bene con il palmo della mano. Tagliate il pesce a tranci trasversali e premete ancora, affinchè non fuoriesca il ripieno. infarinate i tranci e disponeteli in untegame di coccio, versatevi sopra il soffritto, l'olio e il parmigiano rimasti e il latte, fino a ricoprirli. portate a ebollizione, poi corpite e fate cuocere per 3 ore e mezza circa, a fuoco basso, con il rompi fiamma sotto il tegame, scuotendo di tanto in tanto. servite il baccalà con crostini di polenta caldi.( per i crostini di polenta utilizzare dell'acqua, farina gialla e sale) una volta pronta la polenta quando è ancora calda estraetela e mettetela in un recipiente di ceramica-occhio alle scottatue- e fatela raffreddare; una volta raffreddata estraetela dal recipiente di ceramica tagliatela a fette e cuocetela sulla piastra.

    difficoltà
    media

    preparazione
    20 minuti
    più il tempo per l'ammollo del baccalà e la preparazione della polenta

    cottura
    3 ore e 50

    vino
    bianco di custoza

     
    Top
    .
  5.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline
    Piatti tipici del Veneto


    Benvenuti nella regione più turistica d'Italia. La varietà dei paesaggi e i molteplici contributi dati dalle civiltà del passato, si associano in una rassegna enogastronomica ampia e coerente alla tradizione.
    I tipi di pane sono: I Bibanesi, la Ciabatta Italia, la Ciòpa, i Bossolài, i Montasù, il Pan biscotto, il Pane azzimo, il Piava e il Puccia.

    "Bigoli" co' l'arna
    Piatto tipico vicentino, i bigoli sono grossi spaghetti lavorati al torchio che vengono poi cotti, invece che nell'acqua salata, nel brodo di anitra. Il sugo con cui vengono poi conditi è ottenuto dalla cottura delle rigaglie dell'anitra fatte soffriggere con olio e burro.

    Casunziei
    Piatto tipico del bellunese, questi ravioli sono ripieni di zucca o spinaci, con prosciutto cotto e insaporiti con cannella. Vengono conditi, dopo la cottura, con burro fuso e ricotta affumicata grattugiata.

    Lasagne da Fornèi
    Questo primo piatto montanaro è tipico del bellunese, lasagne preparate in casa, bollite, scolate e condite con una salva composta di burro, noci, mele grattugiate, fichi secchi, uva sultanina e semi di papavero.

    Riso con i "bruscandoli"
    I bruscandoli sono l e tenere cime di luppolo che cresce spontaneo, vengono poi bolliti e utilizzati per preparare minestre o risotti.

    Risotto alla trevigiana
    Come dice il nome, è un piatto tipico del trevisano. Dopo aver preparato un soffritto a base di cipolla e sedano, si aggiunge alla cottura del riso pezzi di luganega di Treviso, la quale è composta con le carni del collo e del guanciale del maiale insaccate in corti pezzi di budello.

    Baccalà alla vicentina
    Dopo aver tagliato a tranci e tolto le lische allo stoccafisso, lo si cuoce con cipolla, aglio, prezzemolo, acciughe, parmigiano, olio e latte. Viene servito con polenta appena cotto oppure abbrustolita.

    Fegato alla veneziana
    Il fegato di vitello, tagliato a fettine, viene cotto su un fondo di olio, burro e abbondante cipolla tagliata a fettine sottili, a fine cottura si cosparge di prezzemolo tritato.

    Pinza
    La "pinza" è una delle glorie dolciarie del trevisano e del padovano.
    Dosi per 4 persone.

    gr. 300 di farina gialla
    gr. 200 di farina bianca
    gr. 160 di zucchero
    gr. 200 di burro
    gr. 40 di uvette
    gr. 40 di pinoli
    gr. 40 di fichi secchi
    gr. 40 di zucca candita
    ½ bicchiere di latte
    1 pizzico di semi di anice
    grappa
    sale

    Prima di tutto mettere in infusione nella grappa i pinoli, le uvette, i fichi secchi, i semi di anice e la zucca candita.
    Dopo aver mescolato insieme le due farine, si bagnano col latte bollente e si unisce il sale. Dopo di che, si cuoce l'impasto a metà rimestando continuamente. Quando la pasta ha preso consistenza, aggiungere lo zucchero, il burro e gli altri ingredienti. Così combinato, l'impasto, va messo in uno stampo liscio e poi in forno per 40 minuti.

    Brazadela
    Ricetta di Giorgio Rossini- Verona.
    Dosi per 4 persone.

    gr. 350 di farina
    gr. 160 di zucchero
    gr. 160 di burro
    ½ bicchiere di latte
    2 uova
    2 bustine di lievito
    ½ bicchierino di grappa
    sale

    Questa classica ciambella veronese, fine e delicata, la si ottiene impastando la farina con le uova, lo zucchero, il latte e irrorando il composto con il mezzo bicchierino di grappa; aggiungere all'impasto il pizzico di sale e il lievito. Dopo aver lavorato l'impasto a lungo e averlo reso soffice, lo si mette in uno stampo unto di burro e spolverato di farina mettendolo poi in forno moderato per circa 40 minuti.

    Smegiazza padovana
    Ricetta di Ranieri da Mosto.
    Dosi per 4 persone.

    gr. 250 di farina bianca
    gr. 250 di farina gialla
    gr. 160 di zucchero
    gr. 120 di burro
    gr. 120 di uvetta, pinoli e cedro
    gr. 30 di strutto
    gr. 30 di olio d'oliva
    1 noce di burro
    sale

    Dopo aver mescolato insieme le due farine, aggiungere l'uvetta, i pinoli, il cedro, lo zucchero, la presina di sale, l'olio e lo strutto. Lavorare il tutto con cura amalgamando bene il composto, metterlo in una teglia unta di burro e spolverata di farina bianca e mettere in forno a fuoco piuttosto vivace. Servire tiepida.
     
    Top
    .
  6.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline
    image
     
    Top
    .
  7.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline
    Baccalà mantecato alla veneziana
    baccala-mantecato-veneziana
    Portata: Antipasti

    Difficoltà: Media

    Preparazione: 20 minuti più il tempo di riposo

    Cottura: 25 minuti

    Il baccalà viene spesso confuso con lo stoccafisso. Non a caso: il pesce da cui si parte è lo stesso, il merluzzo. Ma cambia il metodo di conservazione e, di conseguenza, il modo di cucinarlo. Baccalà e stoccafisso, quindi, sono i due nomi che si danno al merluzzo a seconda che venga conservato sotto sale o essiccato.

    Prima di cucinarli, baccalà e stoccafisso hanno bisogno entrambi di essere lasciati in ammollo. Per diversi giorni il baccalà, con ripetuto ricambio d'acqua, in modo da dissalarlo.
    Per un tempo minore lo stoccafisso, che ha bisogno di essere re-idratato e ammorbidito.


    Insalata di baccalà con indivia
    Ingredienti

    2 filetti di baccalà
    3 spicchi d’aglio
    1 cipolla
    1 peperone rosso
    1 rametto di coriandolo fresco
    1 lattuga
    1 indivia
    1 dl di olio di oliva
    olive nere snocciolate
    aceto
    sale e pepe

    Procedimento

    Lessate il baccalà, spinatelo, spellatelo e riducetelo a filetti. Soffriggete l’aglio e la cipolla tritati, aggiungete il baccalà e il peperone a cubetti, sale, pepe e il coriandolo tritato.
    Pulite la lattuga e l’indivia e mettetele in un’insalatiera, unite il baccalà, le olive, l’olio e l’aceto.
    Servite l’insalata tiepida o fredda.
     
    Top
    .
  8.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline

    FRITTOLE



    394608_3044373709584_1270369238_33522337_1232601939_n

    Ingredienti:

    Farina 400 gr
    Uvetta sultanina 100 gr
    Zucchero 2 cucchiai
    Uova 2
    Latte 1 bicchiere
    Rhum 1 bicchierino
    Lievito di birra 40 gr
    Sale
    Olio di arachide per friggere
    Zucchero a velo
    si sbattono due uova con zucchero e un pizzico di sale finche' l'impasto diventa schiumoso...aggiungi farina, uva passa ( se vuoi si puo' ammorbidire l'uva prima, in ammollo per un'oretta ) , grappa, scorza di limone, e il lievito ( messo a lievitare in una bacinella prima con il classico modo cioe' nella bacinella ci mette della farina a fontana, un po' di zucchero il lievito e riempi con acqua tiepida ). l'impasto deve rimanere sempre morbido ( assomiglia a quello del panettone ). poi se lo lascia riposare per 45 min. si prepara la pentola con l'olio caldissimo e abbondante, le frittole devo galleggiare! poi con 2 cucchiai formi la frittola e la metti a friggere ...ovviamente ne fai una decina alla volta...si friggono 1-2 min per lato
     
    Top
    .
  9.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline
     
    Top
    .
  10.     +1   -1
     
    .

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    54,921
    Location
    Emilia Romagna

    Status
    Offline
    A1_RI_ID00748
    Baccalà alla vicentina
    TEMPO DI PREPARAZIONE
    210 min
    forma
    DIFFICOLTA'
    Media
    forma
    TIPO
    Secondo piatto
    forma
    REGIONE ITALIANA
    Veneto


    Ingredienti per 4 persone

    500 g di stoccafisso
    250 g di latte
    100 g di cipolle
    8 cl di olio extravergine di oliva
    30 g d'acciughe salate
    10 g di prezzemolo
    60 g di farina
    Parmigiano Reggiano grattugiato q.b.
    sale e pepe q.b.
    Ingredienti

    acciuga salata
    cipolla
    latte
    Parmigiano Reggiano
    stoccafisso

    Preparazione 30 minuti per la preparazione + 180 minuti per la cottura
    1

    Tenete a bagno lo stoccafisso per 24/36 ore. Eliminate con cura la lisca centrale e le spine. Mettete un tegame sul fuoco medio, aggiungete l’olio e dopo pochi istanti fate rosolare la cipolla con un pizzico di sale.
    2

    A questo punto abbassate il fuoco. Aggiungete le acciughe sminuzzate e il prezzemolo tritato. Tagliate a pezzi lo stoccafisso, infarinatelo e poi cospargetelo con il formaggio grattugiato.
    3

    Versate il latte nella casseruola e, cuocendo sempre a fuoco dolce, aggiungete lo stoccafisso. Lasciate cuocere senza mescolare. Coprite se necessario con altro latte, condite con poco sale e una spolverata di pepe e ultimate la cottura.
     
    Top
    .
9 replies since 29/9/2009, 06:55   1688 views
  Share  
.