UN LIBRO AL GIORNO LEVA IL MEDICO DI TORNO

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    Pianoforte vendesi

    Andrea Vitali




    I contenuti

    E la notte dell'Epifania, sera di festa a Bellano. Dal treno scende "il Pianista" - così chiamato per via delle sue mani lunghe e affusolate -, ladro di professione. Piove, fa freddo. Perlustrando le contrade nell'attesa della folla che assisterà alla processione dei Re Magi, il Pianista incappa in un cartello affisso su un vecchio portone: "Pianoforte Vendesi". Incuriosito, dopo aver saputo che l'appartamento è disabitato e visto che il tempo non migliora, rovinando così la festa e soprattutto trattenendo nelle loro case le sue possibili prede, decide di entrare... "Pianoforte Vendesi" è la storia di un ladro che deve scegliere tra le buone e le cattive azioni: il bianco e il nero, come i tasti del pianoforte. I gesti che si troverà a compiere rivelano un grande desiderio di riscattare la sua umanità. Sullo sfondo c'è un'intera collettività, un paese sospeso - per una notte - fra legalità e illegalità, fra lecito e illecito, fra comandamento etico e abitudine. In questo romanzo breve e di straordinaria intensità, Andrea Vitali ci fa scoprire una Bellano inedita, notturna, forse un po' magica. Tra le strade e nelle case si avverte ancora l'eco, e forse il respiro, di tutti coloro che lì hanno vissuto, gioito, sofferto, sognato, amato. Così, attraverso le atmosfere soffuse e le penombre di "Pianoforte Vendesi", Andrea Vitali rende omaggio alla sua città.
    fonte-www.bol.it/
     
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    Argomento: Cardiologia, Farmacologia
    Anno: 2009
    Autore/Curatore: Stefano Cagliano, Marco Bobbio
    Pagine: 312
    Libro del mese: Novembre 2009

    Format tascabile, schede del singolo farmaco in ordine alfabetico ma anche di farmaci dello stesso genere o famiglia (diuretici per esempio, o β-bloccanti) o voci più generali che mettono a confronto farmaci con lo stesso effetto curativo (aritmici, antiipertensivi, antitrombotici, antiaggreganti, anticoagulanti). Dosi, interazioni o reazioni avverse, ma anche come prescrivere il meglio e ridurre gli errori. E la bibliografia: stringata alla fine di ogni scheda, con riferimenti a libri e riviste prestigiose e a linee-guida di società scientifiche internazionali alla fine del volume. Non è un libro da studiare, ma da consultare. Pronto all’uso. Sono pagine da tenere in tasca, sul tavolo, pronte a essere sfogliate dal medico di famiglia o del pronto soccorso, dallo specializzando che si trova ad affrontare un caso insolito, dal cardiologo e dall’internista in caso di dubbi su quale strada scegliere.

    "Il pregio dell’opera è quello di coniugare il rigore e la completezza scientifica con la chiarezza e la sintesi dell’informazione." (Dalla Presentazione di Giuseppe Di Pasquale, Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia).
    fonte pensiero scentifico

     
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    "La felicita' costa un gettone"
    di Tiziano Tarli



    di Titti Santamato

    Tutto ha inizio nella seconda meta' degli anni Cinquanta, quando dagli Stati Uniti arriva una musica nuova, dai ritmi frenetici e dai contorcimenti mozzafiato, in grado di aprire uno squarcio frizzante e oltraggioso nelle vite dei ragazzi italiani: il rock'n'roll. Sboccia cosi' una nuova generazione che desidera affermare la propria liberta' di parola e partecipazione. Attraverso i juke box, il cinema e i giubbotti di pelle nascono i protagonisti di un'epoca irripetibile per la nostra canzone: Mina, Adriano Celentano, Giorgio Gaber. Con testimonianze, belle foto d'epoca, una ricca biblio-discografia e un vinile con i successi dell'epoca, 'La felicita' costa un gettone, Storia del primo rock'n'roll italiano' racconta episodi e aneddoti, molti dei quali ancora inediti della nostra storia musicale. Il libro e' scritto da Tiziano Tarli, musicista, storico e conoscitore delle culture giovanili. Tarli e' cantante della rock band Sweepers e polistrumentista del complesso beat Gli Illuminati. E' autore anche di Beat italiano (Castelvecchi) e Vesuvio Pop (Arcana).

    Il volume analizza complessi e urlatori, locali come il Santa Tecla di Milano, giornali, riviste, manifestazioni musicali come il Festival del rock'n'roll, trasmissioni radiotelevisive come Il Musichiere e i 'musicarelli', film costruiti su misura per promuovere canzoni e cantanti, spesso dalla trama banale. E ancora la diffusione dei jukebox, dei flipper e dei bluejeans, i teddy boys e i ragazzi delle maglie a strisce, il boom discografico, i balli e la hit parade.

    Ecco come Little Tony (che si chiama cosi' perche' gli piaceva Little Richard) parla della sua vita, della sua carriera e di quella famosa serata in cui alcuni turisti americani chiesero il rock'n'roll. ''Fu al ristorante Giovannella di Monte Porzio Catone - racconta -. Io mi sono fatto avanti dicendo che lo conoscevo. I turisti si misero a ballare, poi dettero una busta a mio padre con 30 mila lire. Con quei soldi compriamo tre chitarre e facciamo di tutto (era in trio con i Rock Boys, ndr): feste, sagre, balere e quant'altro. Io al rock ho dedicato la mia vita. E anche se sono quello di Ridera' e Cuore Matto, in cuor mio c'e' sempre il rock'n'roll''.

    Nel dopoguerra ''se si esclude qualche eccezione come Domenico Modugno, Fred Buscaglione e Renato Carosone il panorama canzonettistico italiano e' abbastanza deprimente - scrive Tarli -. Finalmente arriva una musica capace di parlare un linguaggio moderno e spensierato, dove la batteria e' rumorosa e frenetica, la voce sgraziata e dura, le chitarre distorte e lancinanti, l'atteggiamento dei cantanti spavaldo e sfacciato, a creare un sound accattivante in linea con i nuovi bisogni e consumi destinati ai giovani del nascente boom economico''.(ANSA).
     
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    "Tourbook Fabrizio De Andre' 1975/98"
    A cura di Elena Valdini



    di Alessandra Magliaro

    La bella grafia di mamma Luisa, un corsivo rosso e blu che corre lungo i ritagli dei giornali aiuta ad aprire il baule dei ricordi, inesplorato per anni, della storia di Fabrizio De Andre'. Invecchiati, rosicchiati dal tempo arrivano ricevute, appunti, biglietti Siae dei concerti, foglietti di ogni tipo e poi ancora copertine di dischi, manifesti, avvisi, schizzi originali per l'allestimento dei palchi: il mondo delle tournee' del poeta genovese, quello che per anni non seppe cantare in pubblico, e' tutto in questo monumentale libro, in uscita venerdi' 4 dicembre da Chiarelettere, fortemente voluto dalla Fondazione De Andre', presieduta dalla moglie Dori Ghezzi.

    Un museo da sfogliare e risfogliare, ritrovando nelle interviste della curatrice Elena Valdini, mille curiosita', personaggi al debutto saliti per caso sul palco (Franco Battiato), concerti 'politici' e pure feroci contestazioni (rimproveravano a De Andre' di suonare nei locali 'per ricchi' in tempi in cui la musica era libera), sfilate antimilitariste con Luigi Calabresi e Pino Pinelli, amici radicali come Enzo Tortora, Marco Pannella. Curiosita' come una Marinella porno di cui si erano perse le tracce (ma non le cronache ''di un'interpretazione sconcertante'' nei ritagli di mamma Luisa) cantata da De Andre' alla Bussola, forse per stupire il pubblico dei milanesi figli di o come una Via della poverta' diventata un continuo rimando ai politici di allora, Almirante, Andreotti, La Malfa. L'inedita versione de La canzone di Marinella, eseguita la sera del debutto alla Bussola il 15 marzo 1975 e' scaricabile gratuitamente on line grazie al codice contenuto all'interno del volume. ''Da sei anni svuoto scatole, sacchetti e sacchettini e mentre svuoto leggo fogli e foglietti con appunti di canzoni, pensieri sparsi, numeri di telefono, libri da comprare, menu da sperimentare, bestiame (all'Agnata) da allevare, oracoli da interpellare. E' Dori - racconta Elena Aldini - a portarli direttamente qui in Fondazione da quando la famiglia ha accettato di creare all' Universita' di Siena il fondo De Andre'. In quelle scatole in cui i ricordi hanno un nome ritrovo i sentimenti di Dori, del suo custodire, del suo condividere e di mamma Luisa...la immagino nel salotto di Villa Paradiso mentre segna con l'inchiostro blu le frasi scelte dal cronista per recensire suo figlio, dalle quali affiora un Fabrizio ancora figlio di, del professor Giuseppe De Andre''', racconta la Valdini.

    L'autrice - che per la giovane eta' non ha mai partecipato a nessun concerto di De Andre' - e' andata per l'Italia a sentire tutti coloro che avevano avvicinato De Andre' negli anni dal '75 al '98, da quel primo debutto 'mito' alla Bussola di Bernardini il 15 marzo 75 cui segui' il bagno di folla a Piazza Navona a Roma il 3 giugno dello stesso anno, fino all'ultima del '98. Il fonico Riccio, che conserva un quaderno ad anelli con la copertina scozzese in cui De Andre' scriveva il canovaccio con cui presentava al pubblico le canzoni e poi Adele Di Palma, fedele manager e ancora per la prima volta l'amico Pepi Morgia passato con lui dagli ambienti della Genova bene a quelli del giro degli anarchici, regista di tutti i suoi concerti. Valdini scopre nomi, luoghi e aneddoti di ogni data: nasce cosi' il racconto di ogni tour (capitolo) che a sua volta si lega ai ricordi di personaggi di spicco della cultura italiana (Paolo Poli, Diego De Silva, Mario De Luigi, Stefano Benni, Cesare G.

    Romana, Marco Pannella, Antonio Ricci, Roberto Galanti, Giorgio Gori). E poi ancora tracce forti del timore, avuto fino all'ultimo, di De Andre' di cantare in pubblico (capace di farsi fare certificati medici accusando improbabili afonie) perche' non si sentiva uomo di spettacolo. In Tourbook emerge la storia minima di Fabrizio De Andre', il vissuto dei suoi concerti e del suo essere attraverso i ricordi di tutti (e di Dori Ghezzi indirettamente), un ritratto che riesce con sincerita' a restituire tutto il suo carisma.
    fonte-ansa
     
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    La trama e le recensioni di Su nella stanza di Honey, romanzo di Elmore Leonard edito da Einaudi (in libreria dal 08/12/09). Detroit, ultimi mesi della Seconda guerra mondiale. La bella Honey Deal ottiene il divorzio dal marito, Walter Schoen, un macellaio che si spaccia per il fratello gemello di Heinrich Himmler, quando si rende conto della sua clamorosa e irrecuperabile stupidità. Sulla scena piomba l'Hot Kid Carl Webster, adesso sulle tracce di due gerarchi nazisti fuggiti da un campo di prigionia dell'Oklahoma, e sicuro della complicità di Schoen nell'evasione. Per scoprire il nascondiglio dei nazisti Carl riesce a tirare dalla sua parte la biondissima Honey e i due si ritrovano ben presto coinvolti nelle attività di una cellula spionistica tedesca... Dopo una serie di incontri e scontri, spesso di rara comicità, la movimentata resa dei conti avrà luogo nell'appartamento di Honey, tra il divano del soggiorno e la camera da letto.

    Elmore Leonard, nato a New Orleans nel 1925, è il maestro indiscusso del crime novel contemporaneo, grazie a una produzione che conta ormai piú di trenta romanzi e molti racconti. Ha saputo influenzare non solo una generazione di scrittori, ma anche di registi come i fratelli Coen, Quentin Tarantino e Steven Soderbergh. Si è inoltre affermato, fin dai primi anni Cinquanta, come uno dei piú importanti autori nel campo della letteratura western. Di Elmore Leonard Einaudi Stile libero sta pubblicando da tempo, con successo costante, l'intera produzione, con opere quali Tishomingo Blues («Stile libero Big», 2003), Il grande salto («Stile libero Noir», 2004), Mr Paradise («Stile libero Big», 2005), Cat Chaser («Stile libero Noir», 2005), Quando le donne aprono le danze («Stile libero Noir», 2006), Hot Kid («Stile libero Big», 2006), Freaky Deaky («Stile libero Noir», 2007), Killshot («Stile libero Noir», 2009), Su nella stanza di Honey («Stile libero Noir», 2009) e la raccolta Tutti i racconti western («Stile libero Noir», 2008).

     
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    "Il tempo che vorrei"
    di Fabio Volo


    Tutte le volte che lo si vede in tv o lo si ascolta in radio Fabio Volo e' sempre iper-allegro, frizzante, con un bagaglio di battute pronte a far ridere anche chi non e' troppo attento a quello che dice. In 'Il tempo che vorrei' l'ex Iena presenta un altro lato di sé, più riflessivo, un po' cupo, quasi triste. Lorenzo, il protagonista di questo suo nuovo romanzo pubblicato da Mondadori, e' un copywriter, ovvero inventa pubblicita' come spiega lui stesso che in piu' punti somiglia al suo creatore. ''Sono figlio di un padre mai nato. L'ho capito osservando la sua vita. Da che ho memoria non ricordo di aver mai visto il piacere nei suoi occhi: poche soddisfazioni, forse nessuna gioia''. E' l'incipit del romanzo a firma di Volo. A parlare nel libro, pero' e' Lorenzo, che inizia il suo racconto in modo simile all'autore: ''Sono nato in una famiglia povera. Se dovessi riassumere in poche parole cosa significhi per me essere povero, direi che e' come vivere in un corpo senza braccia davanti a una tavola apparecchiata''.

    Il tempo che vorrebbe Volo e' quello di ieri, quello dei ricordi e di un'infanzia che, per quanto sia stata difficile, e' stata costruttiva, istruttiva e romantica. Ecco perche' Volo fa suo il verso che canta Janis Joplin: ''I'll trade all my tomorrows for a single yesterday: cambierei tutti i miei domani per un solo ieri''. Nel romanzo non mancano battute e momenti divertenti soprattutto quando Lorenzo si trova a raccontare esperienze del suo passato, come fosse una consolazione dal presente.

    E' un presente difficile, quello di Lorenzo: non sa amare, o semplicemente non sa dimostrarlo. Per questo motivo si trova difronte a due amori difficili da riconquistare, da ricostruire: con un padre che forse non c'e' mai stato e con una lei che se n'e' andata. Diventare grandi, adulti, significa, per Volo (che ha la stessa eta' di Lorenzo: 37) imparare ad amare e a perdonare, fare un lungo viaggio alla ricerca del tempo che si lascia alle spalle e non si riprende piu'. E' quello che fa Lorenzo: un viaggio alla ricerca di se stesso e dei suoi sentimenti, quelli piu' autentici, quelli piu' profondi.

    Nel nuovo libro di Fabio Volo (con in copertina una fotografia dello stesso autore) ironia e emozione, divertimento e nostalgia convivono, facendo sentire ogni lettore simile a Lorenzo alias Volo.
     
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  7. sorriso@
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    Cotto e mangiato Nella rubrica televisiva di Italia 1, "Cotto e mangiato", Benedetta Parodi, moglie e mamma superimpegnata ma attenta alla gioia che può procurare un pasto appetitoso consumato tutti insieme, svela ogni giorno, direttamente dalla propria cucina, la ricetta di un piatto facile e di sicuro successo. Accogliendo le richieste dei suoi numerosissimi fan, Benedetta ha ora raccolto in un libro il meglio del suo tesoro culinario e lo ha dedicato a tutte quelle donne (ma anche agli uomini!) che, pur indaffarate, prive di tempo e di fantasia, non vogliono rinunciare ai piaceri della tavola e a condividerli con gli altri. La sua formula di successo è semplice e più che mai attuale: ricette per tutti, facili, veloci, sane e economiche, con un occhio di riguardo ai tempi di realizzazione e al portafogli.
     
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    "Censura - storia d'amore iraniana"
    Di Shahriar Mandanipour


    di Paolo Petroni

    Mentre gli studenti iraniani e i contestatori del presidente Ahmanijad tornano in piazza a sfidare la cupezza e la violenza del potere, esce in italiano un romanzo di Shahriar Mandanipour in cui si legge: ''Se mi domandate chi sono, vi rispondero': sono uno scrittore iraniano stanco di scrivere storie cupe e amare, popolate da fantasmi e narratori passati da tempo a miglior vita, con prevedibili finali di morte e distruzione''.

    Scrive cosi' un romanzo d'amore, uscito in inglese all'inizio dell'anno, visto che l'autore non puo' pubblicare in patria dove le sue opere sono vietate, ma viene ritrascinato dalla sua stessa storia, dalla realta', a tingerla di nero, a cominciare da un inizio che, dopo l'assassinio per strada della giovane Neda a Teheran in giugno, e' stato letto come profetico.

    C'e' infatti una ragazza, che indossa un velo nero e una lunga veste nere e regge in mano un cartello con scritto 'Abbasso la liberta', abbasso la prigionia', della quale si legge: ''La ragazza non sa che esattamente sette minuti e sette secondi dopo, al culmine degli scontri tra polizia, studenti e militanti nel Partito di Dio, sara' travolta nel caos delle cariche e delle fughe, cadra' a terra all'indietro, battera' la testa su uno spigolo di cemento e chiudera' i suoi occhi orientali per sempre''.

    Ecco allora che sin dalle prime pagine la storia d'amore tra Dara, che comincia a seguire Sara durante una manifestazione e nei giorni seguenti in biblioteca, prende un'altra piega, si intreccia con i problemi con la censura dell'autore che sta scrivendo quella storia (ci sono frasi cancellate nel libro, a riportare direttamente al titolo: Censura) e si interroga sul suo lavoro, sui rapporti tra verita' e finzione.

    Il romanzo ci parla cosi' dell'Iran di oggi, dei suoi divieti, dei timori che suscita vivervi, su piu' piani, uno teorico e personale, l'altro con Dara che fa la corte a Sara (non e' permesso parlare in pubblico a una donna sconosciuta) con biglietti, sino a che tra i due scoppia una passione, impossibile da consumare, perche' vissuta solo in pubblico e in luoghi affollati, dove possono confondersi tra la gente. Il problema, ma anche il fascino di questo libro coinvolgente, e' che una narrazione di questo genere rischia poi di sfuggire di mano, di perdere il senso dei confini tra fantasia e realta' (e su quale sia piu' incredibile), cosi' da arrivare a un finale, che potremmo definire pirandelliano, a sorpresa. (ANSA).
     
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    (di Paolo Petroni).

    C'e' 'La morte allegra', narrazione ben ritmata e subdolamente giocata sulla leggerezza, che narra di uno scrittore di fama, il settantenne Pietro Tosca, alle prese con alcuni segnali di un probabile male grave, che cerca di non prendere sul serio, di non verificare, come per non affrontare il tema che questi propongono, quello della morte. E c'e' 'Spavento', il romanzo che racconta di Tosca e del suo racconto 'spensierato', ma affiancandogli l'autore vero (Starnone stesso?), che scopre anche lui sangue nelle proprie urine, ma si comporta in tutt'altro modo, andando subito in ospedale per accertamenti, come desidera sua moglie.

    Insomma, l'espediente narrativo del romanzo nel romanzo serve per mostrare le due reazioni forse piu' esemplari, di chi fugge davanti al male, cercando di negarlo con forzata allegria, e di chi lo affronta sprofondandovi spaventato, ma anche per creare un confronto, una sorta di dialogo tra le opposte realta' e psicologie sulla vita e la vitalita'.

    Starnone, come in 'Via Gemito' (Premio Strega 2001) con la figura del padre, anche questa volta pone un problema e mostra come, proprio cercando di eluderlo, di negarlo, in realta' questo diventi centrale e evidente. Solo che quello della morte e' piu' difficile da accettare e da sciogliere, forse impossibile e quindi piu' angoscioso. Se non fosse che lo scrittore ha un'arma nelle sue mani, quella di immergersi nella finzione e cercare in quel luogo, nella scrittura creativa, di vivere una realta' diversa, piu' ambigua e meno sgomenta, quella appunto di Pietro Tosca.

    Riprende cosi' in mano, dopo la morte emblematica, per eutanasia, della propria gatta, quella scrittura che aveva abbandonato, sconcertato dall'incombere del proprio male. E al centro del racconto si pone l'indecifrabilita' del rapporto e del senso di vita e morte, tra una visita alle video installazioni di Bill Viola in cui il movimento gioca, con fin troppa composta eleganza, tra il prender vita e lo sparire; tra il rincorrersi di due parole, il ricordo del vitale napoletano sparpetia (spalpitare, tra sofferenza e agonia, come la vita che lotto contro la fine) e il toscano sperpetua, che il Tommaseo definisce ''lamentio che piange uggiosamente il male passato e presente e che piangendo quasi chiama il male a venire''. E a riscrivere il romanzo, ricomincia dall'incontro di Tosca con una donna, Olga, anche perche', nella propria storia era stato proprio un inusitato atto di vitalita' sessuale, da parte di un vecchio, molto malandato ingegnere, compagno di stanza in ospedale, ad averlo spiazzato, tanto da fargli definitivamente interrompere la scrittura de 'La morte allegra'.

    Insomma, la lettura che comincia ironicamente con la spensierato gioco di Tosca con se stesso, raccontandosi bugie e pensando che curarsi sia accettare di morire, cambia registro quando il dramma diventa vero e personale, quando interrogarsi sulla fine non ha piu' nulla di buffo o retorico e il dolore del corpo non fa che riportare alla 'realta'', quella invocata alla fine dai sei personaggi pirandelliani.

    Un romanzo complesso, che segue vari registri, che spiazza e coinvolge, che come e' giusto offre tante domande e non propone alcuna risposta: ''Via, quante storie: ce la fanno tutti, ce l'hanno sempre fatta tutti, ce la faro' anch'io a morire'', si dice Tosca, tentando l'ultima, ovviamente vana fuga da diagnosi, terapie, casa.
     
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    "Canta Natale": libro con cd per dare ritmo alla festa

    di Valeria Arnaldi

    Non poteva non aprirsi con “Jingle Bells” il libro, con cd audio, “Canta Natale”, che porta le firme di Roberto Piumini e del coro di voci bianche Clairiére, pubblicato da Abra Cadabra, per festeggiare a ritmo di musica il Natale, ricostruendone le atmosfere tra canti e campanelli.
    Il brano, scritto e musicato da James Pierpont nel 1857, è, però, insieme a “Tu scendi dalle stelle” e “Let it snow”, uno dei pochissimi “classici”, presenti nel volume per omaggiare la tradizione.
    Piumini, infatti, ha messo il suo talento narrativo a servizio della festa, raccontandone più aspetti e momenti, con alcune poesie, delle quali si possono leggere i testi, riccamente illustrati da Sandra Bersanetti, e ascoltare le interpretazioni del coro Clairiére nel cd allegato al libro.
    Si comincia con la ninnananna “Attento, angelo, attento”, per non svegliare il Bambino nella mangiatoia, per poi passare all’atmosfera di Betlemme, “C’era la notte ed era silenziosa”: “C’era la notte ed era amorosa, sotto il silenzio quieto della Luna, c’era una stella molto luminosa sopra una grotta di metà collina”, e, ancora, la storia dell’asino e del bue, “Le lunghe, lunghe orecchie”.
    Dallo scenario, l’attenzione si sposta sulla Vergine, ritratta nell’attesa, con “Canto lungo di Maria” – “Canto lungo di una donna, nove mesi da capire: silenziosa ninnananna per chi dentro sta a dormire” – ma anche nell’allattamento, “Il latte di Maria”.
    A chiudere i componimenti di Piumini è “Sempre nasce un bambino”, un messaggio di pace e speranza per bambini ma non solo: “Anche stasera è nato un bambino, nato gridando, ma in lui il mondo confida”.
    Una piccola magia da leggere, guardare , ascoltare e, perché no, cantare.
    fonte-leggo.it
     
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    "Il caratteraccio. Come (non) si diventa italiani"
    di Vittorio Zucconi



    di Maurizio Giammusso

    Approfittando di un corso di lezioni in una piccola ''ma prestigiosa'' universita' americana del Vermont, Vittorio Zucconi torna a riflettere sui vizi e virtu' del popolo italico, al quale egli stesso appartiene, nonostante sia un giornalista di fama, che ha vissuto in molti paesi prima di stabilirsi negli Usa. Il suo saggio di gradevole lettura e di schietta intelligenza ricorda un po' un volume analogo pubblicato da un altro giornalista italiano che conosceva bene l'Italia e l'America, Luigi Barzini, che oltre mezzo secolo fa scrisse ''Gli italiani''. Il suo titolo sembra alludere al celebre detto che ''chi ha un carattere di solito ha un caratteraccio''. Ma nel libro di Zucconi non c'e' nulla di cui compiacersi rispetto a gusti e abitudini, nel privato e nel pubblico. Il libro - come il ciclo di lezioni pensate per giovani americani curiosi ma per nulla esperti di cose italiane - non parte, come altre opere simili, dal Rinascimento geniale, o dal Barocco immaginifico e neppure dal Risorgimento glorioso, che e' di solito il primo capitolo dell'Italia contemporanea. Qui si parla dell'Italia di oggi e magari di domani; qui non si citano i classici della politica e della storia. La tesi del libro si puo' stringere in un paradosso, e cioe' nel fatto che in una societa' sostanzialmente statica come quella italiana ''lo scandalo e' il solo motore dei cambiamenti, nel campionato di calcio come nel campionato delle poltrone, in una societa' tradizionalista e profondamente conservatrice come la nostra, impregnata da secoli di asfissiante e marmorea ortodossia controriformista'' un conformismo assorbito e incorporato gelosamente dal centralismo dogmatico del movimento comunista prima e poi dal partito 'privato' di Berlusconi''.

    E alludendo alle vicende che hanno agitato il mondo politico in varie epoche (dal caso Montesi a quello D'Addario), Zucconi conia un altro acuto paradosso, quando dice che ''perche' il potere tremi davvero, il potente deve essere accusato di aver baciato una polposa fanciulla (baciato essendo evidentemente un'allegoria) non di aver baciato un mammasantissima.'' E del resto ''lo scandalo e' libretto da melodramma, commuove tutti e non cambia niente, quando cala il sipario, per noia e stanchezza inverse all'agitazione e agli acuti''.

    Dopo aver raccontato ai suoi allievi americani che cos'e' l'Italia di oggi, Zucconi alla fine ha una sorpresa, la stessa che il lettore provera' alla fine del libro, leggendo le tesine degli studenti pubblicate in fondo al volume: quella che si deve andare molto lontano, e fuori dall'Italia, per accorgersi che gli italiani esistono. Caratteraccio e tutto''.
    SPOILER (click to view)
    FONTE ANSA
     
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    Il giorno in più
    Autore Volo Fabio


    Sveglia, caffè, tram, ufficio, palestra, pizza-cine-letto. Giornate sempre uguali, scandite da appuntamenti che, alla fine, si assomigliano tutti, persi nel cielo grigio di una metropoli che non sa più sorridere. È la vita di Giacomo, uno che non si è mai fatto troppe domande, che è andato incontro agli avvenimenti rimanendo sempre in superficie. Un giorno, però, Giacomo incontra sul tram una sconosciuta, e se la ritrova davanti il giorno dopo, e quello dopo ancora. Per mesi. E così, quelle tre fermate lungo il tragitto per andare in ufficio diventano un appuntamento importante della giornata. O meglio, diventano "l'appuntamento". Ma la sconosciuta ha un destino che la porterà lontano, in un'altra città. E Giacomo? Lui per la prima volta nella vita decide di non rimanere in superficie, di prendersi anche il rischio di diventare ridicolo, e parte all'inseguimento di un sogno. È l'inizio di un gioco, incredibile e coinvolgente, che improvvisamente sarà interrotto, e che porterà i due fino a un punto di non ritorno, per scoprire se vale la pena, nella vita, di giocare fino in fondo. L'amore, l'amicizia, il viaggio, i dubbi, le scelte, più una dose di gioco e sana incoscienza, una miscela dei tutti i grandi temi e le piccole sfumature care a Volo e ai suoi lettori.
     
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    di Paolo Petroni


    Diciamolo subito, perché gli appassionati delle indagini della professoressa Camilla Baudino, arrivata anche con successo in tv col viso di Veronica Pivetti, non si sentano deluse: questo è un romanzo senza trama gialla, diverso da quelli cui ci aveva abituati la Oggero. Ma assieme resta una vicenda godibile, ben ritmata, con un'ottica tutta sempre al femminile, e scritta con il solito stile pulito, garbato, intensamente rapida e asciutta.

    Un libro sulla voglia di evasione e di viaggiare che si accompagna per le tre protagoniste Barbara, Mariangela e Silvia, come spesso accade, a una voglia di fuga dai problemi quotidiani, dalle ansie e le frustrazioni che la vita ha accumulato sulle loro spalle, tanto che nessuna ha il problema di un compagno vero, e che comunque finiscono invece per viaggiare con te, specie se ti porti dietro un figlio di sette anni capriccioso e problematico, come è costretta a fare col suo Manuel, all'ultimo momento, Angela. E Manuel, con le sue provocazioni e chiusure, con i suoi interrogativi ingenui e dirompenti, diventa il metro di paragone, la realta' ineludibile e concreta, tanto diversa dalle illusioni e i sogni che le tre si confidavano da ragazzine alla fine della scuola media, adolescenti fiduciose nel domani che progettavano proprio quel viaggio a Parigi che, continuamente rimandato, stanno facendo ora.

    Comunque i conti tra loro e con se stesse si stempererebbero nella scoperta della citta' affascinante, in cui passano dal Beabourg a una brasserie, da un monumento a un locale, se non fosse per quel cielo sempre grigio, quasi simbolicamente, e un freddo che entra nelle ossa, proprio come certi ricordi e problemi. Il viaggio fantasticato un tempo, come il resto della vita, ormai a un suo gusto, ma il fondo e' abbastanza amaro, anche se non disperato e sconsolato, perche' resta quella insopprimibile solidarieta' e soprattutto quella vitalita' tutta femminile, fatta di una presa di coscienza profonda, vera, che anima anche la celebre professoressa della Oggero e che alla fine restituisce una capacita' di guardare avanti.

    Insomma, quel viaggio che a un certo punto sembrava essere stato uno sbaglio, alla fine si rivela, come allude sin dal titolo il romanzo, un punto di svolta e un momento importante nella vita delle tre amiche, proprio come avevano pensato un tempo, anche se in un contesto e con valori completamente diversi da quelli delle tre adolescenti di vent'anni prima. Il tutto raccontato con gusto e costruito in brevi capitoli, attraverso le differenti voci, o meglio punti di vista dei vari personaggi, a cominciare dalle tre protagoniste, vivacizzati poi da un frequente ricorso al dialogo, all'immediatezza coinvolgente del parlato.

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    LIBRO DEL CAVOLO Sigrid Verbert
    Non so dove abita, ma ho visto perfino che cosa c’è nei cassetti della sua cucina. So che le piace la birra, che prepara biscotti home made al suo cane, che suo marito spesso si trova sul piatto pomodoro e mozzarella o pizza riscaldata, mentre la casa profuma di delizie “intoccabili”. So che un giorno di quattro anni fa, annoiata, ha aperto un blog di cucina e che da allora a oggi ha fatto registrare più di 5 milioni di visitatori. So che ha poco più di trent’anni e un numero imprecisato di figli virtuali. Me compresa. Sì, perchè Sigrid Verbert è la madre di tutti i foodblogger italiani. Magari non la prima, ma la più cliccata e la più imitata in assoluto sì. E giovedì 19 novembre finalmente potrò dire di conoscerla davvero. Sarò in prima fila al Venexino di Padova*, in via San Fermo 45, dalle 18 alle 20, per la dedica personalizzata sul suo “Libro del cavolo” (edizioni Cibele, 28 euro).
    Un titolo così renderebbe dubbiosi anche i più fiduciosi, ma nel caso di Sigrid non è così. Belga, trapiantata a Roma da 6 anni per amore, ha fatto del suo blog Il cavoletto di Bruxelles (e come avrebbe potuto chiamarsi altrimenti?) un mondo a sé. Un luogo in cui i lettori si chiamano tra di loro “cavoletti” e lei dispensa consigli culinari, illuminando i menu degli italiani, da nord a sud. “Santa subito”, ironizzano i lettori fedelissimi, quando qualche nuovo arrivato si spertica in complimenti per aver riscosso un insperato successo con gli ospiti a cena. Lei sorride e va avanti, proponendo spiedini libanesi o zucca al miele, taboulé di cavolo frullato o cappuccino di ortica. Tutto rigorosamente realizzato e assaggiato personalmente. Pelle di velluto su una corazza di ferro, fotografa di punta della rivista Gambero Rosso quand’era diretta da Stefano Bonilli, ha avuto il coraggio di pubblicare un libro autoreferenziale da vendere solo su Internet, in cui racconta di sé, delle sue emozioni, dei suoi viaggi culinari, dei suoi amici. Ci sono le ricette, novantasette, e ovviamente non si parla solo di come cucinare cavolfiori & affini!, corredate da foto splendide. Ma siccome il Cavoletto on line non è un circolo chiuso ma una vera e propria piazzetta virtuale, nel libro c’è perfino un menu completo per il picnic, realizzato da dieci lettori che hanno partecipato a un regolare concorso di merito. Ha avuto coraggio Sigrid, dicevo, perchè di questi tempi se non hai un editore blasonato e un’adeguata distribuzione non vai da nessuna parte. Invece la piccola casa editrice Cibele ha creduto in lei e insieme hanno fatto bingo: duemila copie fumate in pochi giorni. Ed è solo l’inizio.

    * PS: per i veneziani l'appuntamento più informale sarà nella piazzetta davanti al bacaro "Al marcà" alle 12 in punto di sabato 21 novembre.

    Detto questo, rubo a Sigrid, con il suo permesso, e condivido una ricetta che ho trovato deliziosa. Un modo originale per cucinare le “schie”, i nostri gamberetti di laguna che di solito vanno fritti e croccanti sulla polenta. In Belgio si chiamano “crevettes” ed eccoli sotto forma di “croquettes”. Un po’ macchinosa la loro realizzazione, ma davvero deliziose queste "crocchette di schie".

    croquettes_de_crevettes.jpgIngredienti (per 4 persone). 200 grammi di gamberetti puliti, 150 grammi di farina, 100 grammi di burro, 50 grammi di formaggio Emmental, 4 dl di brodo di gamberetti, 1 dl di panna fresca, 3 uova, 1 manciata di prezzemolo, 3 fogli di gelatina, farina, uovo e pangrattato per impanare, 1 limone, sale e pepe qb



    Pulire i gamberetti e fare un brodo con i gusci, una cipolla, una carota, un pezzo di sedano e mezzo litro d’acqua. Far bollire per 15 minuti e poi filtrare il liquido. Preparare un roux: far sciogliere il burro, aggiungere la farina, mescolare bene, poi aggiungere a filo 4 dl di brodo di gamberetti, mescolando sempre fino a ottenere una salsa bella densa. Aggiungere la gelatina ammollata, i gamberetti, la panna, il formaggio grattuggiato e il prezzemolo tritato. Aggiustare di sale e pepe e versare il tutto in una teglia rivestita con la pellicola trasparente. Tenere al fresco per una notte. L’indomani, tagliare il ripieno a rettangolini, e arrotolarli in modo da formare dei cilindri o delle polpettine. Passarli nella farina, poi nell’uovo sbattuto e infine nel pangrattato. Riporre al fresco per un paio d’ore, infine friggere fino a quando le crocchette saranno ben dorate. Servire calde con spicchi di limone.
     
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    "Misticanze"
    di Gian Luigi Beccaria


    di Paolo Petroni

    Il senso del gusto e la cucina sono da sempre molto legati a un vocabolario e a un immaginario che cerca di tradurre sensazioni difficili da mettere sulla carta. E, relativamente al nostro paese e alla nostra storia, e' dedicato alle ''parole del gusto, linguaggio del cibo'', come recita il sottotitolo, l'ultimo libro dello storico della lingua Gian Luigi Beccaria, intitolato 'Misticanze', come quelle insalate toscane composte di erbette d'ogni genere.

    Pensiamo a certi menu' di ristoranti pseudo raffinati, che, piu' che reinventare i piatti, reinventano i modi e le parole per descriverli, o alla fantasiosa terminologia che usano gli assaggiatori per trasmettere le qualita' e il gusto di un vino. O pensiamo, come ci invita a fare Beccaria in apertura di questo saggio, alla trionfale cucina dei signori del Rinascimento, per arrivare alle provocazioni e ribaltamenti della cucina futurista e l'Aereopranzo di Marinetti e Fillia, anche'essa, per molti versi, piu' legata alle parole che alla sostanza.

    Un vezzo potremmo dire moderno, visto che accadeva il contrario sin dai tempi della Roma classica di Petronio e della cena di Trimalcione, con il cibo quale mezzo per mostrare il potere e la ricchezza strabiliando gli ospiti. Nei banchetti principeschi del Trecento si rivestivano lucci, storioni, cigni, pavoni, maiali e conigli di sottili lamine d'oro, mentre nei due secoli seguenti si ha testimonianza di ''pavoni bianchi adornati di perle, coralli e fettucce d'oro e argento, con pendenti all'orecchie e profumi nel pico'' o di ''leoni fatti di lepri in pasticcio grandi; et ogni cosa col suo motto a lettere d'oro'', come racconta il Cervio nel suo 'Il Trinciante' del 1581 a proposito di un pranzo dei tre figli del duca Guglielmo di Baviera. E non a caso Beccaria subito dopo ricorda che nel 1510 il cardinal Ippolito d'Este muore d'indigestione a Ferrara, alla cui corte si tenevano banchetti di gran fasto e abbondanza spropositata. Ma era cosa propria di tutte le corti per molto tempo se resta nelle cronache un pranzo all'aperto nei giardini di Versailles nel luglio 1678, con vivande fredde esposte in ogni anfratto e grandi costruzioni di marzapane, mentre nella Venezia degli anni gloriosi si ricordano i trionfi di zucchero con figure a soggetto mitologico dorate o verniciate.

    Qualcosa comincia a cambiare nel Settecento, con la nascita della borghesia con i suoi cuochi che operano sulla sostanza, senza fasto, e i primi manuali rivolti alle donne, che ne fanno dei best seller (La cusiniere bourgeoise del 1746 avra' 62 edizioni in meno di 50 anni e in Italia non si contano le ristampe de La cucina piemontese del 1771).

    Partendo da questi dati, e arrivando sino al Novecento, Beccaria spazia dalla pittura alla letteratura, ricordando il cibo ''come uno stato sensoriale ed emotivo, flusso di odori e sapori, di luci, di desideri e di riflessi interiori'' nella 'Recherche' proustiana o nei 'Buddenbrook' di Thomas Mann, passando dai classici come Manzoni e Parini per arrivare a 'Palomar' di Italo Calvino o a una poesia all'insalata di Alfonso Gatto.

    Tra cultura alta e bassa, tra ricerche etimologiche e toponomastiche di tanti nomi (dalla finanziera alla robiola), nei capitoli dedicati al vino (il Caffe' e' il luogo della 'ragione' e dei regolari, l'Osteria dei vagabondi e degli irregolari, degli avventurieri), al pane (''alimento necessario per vivere, nutrimento essenziale: sinonimo di cibo, e lo indica per metafora''), ai dolci, si viene quindi introdotti alle mille curiosita' e varianti regionali e ai tantissimi nomi dialettali ancora in voga, recuperati di recente e che magari tornano proprio in questi giorni di feste tradizionali, o scomparsi.

    Questo, ricordando che c'e un'identificazione culturale non solo nel modo di preparare un piatto, ma nella singolarita' stessa di un cibo o una bevanda (per esempio i maccheroni o la pizza significano Italia ovunque nel mondo). (ANSA).
     
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322 replies since 26/11/2009, 08:25   2428 views
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