IL CANDIDATO PIU AMATA DAI DEMOCRATICI "MATTEO RENZI"

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    Tutti pazzi per Renzi Se non disturba Letta


    Anche Franceschini lo appoggia per la segreteria Ma il sindaco non deve puntare a Palazzo Chigi


    Ed ora tutti sul carro di Matteo Renzi. Sembra increbile ma è bastata una mezza parola, un «pensierino» alla segreteria del Pd e il sindaco è immediatamente diventato quello che non è mai stato: il candidato più amato dai Democratici.

    Certo quello nei confronti del sindaco resta un amore «condizionato». Lo spiega bene Dario Franceschini, ultimo arrivato tra i suoi sostenitori, che da Genova annuncia: «Dopo anni di scontri nel centrosinistra c’è bisogno adesso di unità e se Renzi, come ha detto, lavorerà da segretario per innovare il Pd, tenendolo unito e non dividendolo sono pronto a votarlo».

    Insomma per il ministro e per la sua componente (Areadem) Matteo può essere un ottimo leader di partito. Ma guai se pensa di utilizzare questa poltrona come trampolino per arrivare a Palazzo Chigi. «La disponibilità di Matteo Renzi a guidare il Pd aggiunge chiarezza al percorso congressuale

    sottolinea Marina Sereni, vicepresidente della Camera, dell’assemblea del Pd e esponente di spicco della corrente "franceschiniana" -. Calendario e regole saranno definite tra qualche giorno e così eleggeremo un segretario pronto a guidare il partito nei mesi che verranno e a portarlo alle prossime scadenze elettorali che possiamo e dobbiamo vincere. Non è ora il momento di indicare o di discutere di candidati premier perché un premier c’è, perché quando sarà il momento faremo le primarie per sceglierlo, e perché soltanto una politica folle e miope potrebbe mettere ora in discussione questo esecutivo».

    Lo stesso Franceschini si affida ad una metafora calcistica e rispolvera la «staffetta» Mazzola-Rivera. I due fuoriclasse che l’allenatore della Nazionale Ferruccio Valacareggi non schierava mai insieme. Un’alternanza che, negli anni ’70, divise l’Italia. Per il ministro, il Pd dovrebbe far giocare sia Enrico che Matteo.

    «Quando abbiamo una pluralità di leadership e personalità, noi la viviamo come un limite o frutto di lacerazioni - spiega -. Ma dove sta scritto? Se ci sono talenti in un squadra, vanno usati tutti. A Letta credo sia impossibile non riconoscere l’autorevolezza e la competenza con cui sta facendo il presidente del Consiglio. Soffro ancora per Mazzola e Rivera, un tempo giocava uno e uno l’altro. E io pensavo: per quale motivo non possono giocare tutti e due? Soffro allora figurarsi se non soffro anche adesso».

    Tradotto: oggi Matteo può entrare in campo come seconda punta. Ma per diventare titolare sarà costretto ad aspettare che Enrico torni in panchina. L’importante è che non trascorra i prossimi mesi a «disturbare» il premier. Che dalla Slovenia si limita a commentare: «Non entrerò nel dibattito congressuale. Il mio impegno oggi è governare, sono concentrato al 100% su questo compito».

    Pure lui, quindi, scava un fossato tra Palazzo Chigi e via del Nazareno. Quando sarà il momento si vedrà se il sindaco di Firenze sarà in grado di superarlo. Nel frattempo il «dibattito congressuale» si ravviva. E le posizioni oscillano tra chi si schiera al fianco di Renzi chiedendogli di fare solo il segretario e chi, invece, lo attacca convinto che il conflitto con Letta sarà inevitabile.

    Giuseppe Fioroni, mai tenero con il rottamatore, è pronto a a sostenerlo e sottolinea: «In un congresso in cui c’è un candidato che rappresenta l’80% e 5, 6 o 7 candidati che faticano tutti insieme a dividersi il 20% , io prendo atto che c’è un solo candidato. Il fatto che Renzi abbia deciso definitivamente di candidarsi ad una cosa e correre per quella è un dato significativo e importante». E subito aggiunge: «Se oggi dovessi scegliere per la premiership, io sceglierei Letta».

    «È un compito faticoso, duro, che impone un impegno pieno - spiega intervistato da Repubblica il capogruppo alla Camera Roberto Speranza -. Chi si candida alla guida del partito deve avere in testa solo questo». Gianni Cuperlo, uno degli sfidanti del sindaco, assicura che non farà passi indietro. E Matteo Orfini, suo sostenitore, sottolinea: «Renzi vuole "rivoluzionare" il Pd insieme a Franceschini, Fioroni, Veltroni, Bettini, Fassino. Sarà un congresso divertente...».

    «Io penso che Renzi mi deve ancora convincere che non voglia fare il segretario del partito solo per fare il candidato premier» commenta Anna Finocchiaro. Mentre Pier Luigi Bersani fa filtrare il suo pensiero tutt’altro che entusiasta per la «sponsorizzazione» di Franceschini: «Prima di votare, di sostenere un candidato alla segreteria del partito, bisognerebbe sapere che partito ha in testa...»

    E se Pippo Civati si prepara a contrastare le «larghe intese» interne al Pd, il governatore ligure Claudio Burlando avverte: non mettiamo Renzi e Letta uno contro l’altro. Ormai è troppo tardi.

    Nicola Imberti





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    IL PREMIER Dopo I RICHIAMI SU DEFICIT E CONTI PUBBLICI Renzi: «Se non arrivano i soldi in busta paga sono un buffone» A Porta a Porta il presidente del Consiglio torna sul suo piano. Replica alla Ue: «Rispetteremo i patti perché ce lo chiedono i nostri figli, non l’Europa» di Redazione Online 4 Governo ] IL PREMIER Dopo I RICHIAMI SU DEFICIT E CONTI PUBBLICI
    Renzi: «Se non arrivano i soldi
    in busta paga sono un buffone»
    A Porta a Porta il presidente del Consiglio torna sul suo piano. Replica alla Ue: «Rispetteremo i patti perché ce lo chiedono i nostri figli, non l’Europa»


    «Se il 27 maggio i soldi non arrivano vuol dire che Matteo Renzi è un buffone». Così il premier Matteo Renzi a Porta a Porta sull’impegno a dare mille euro in più in busta paga a fine anno a 10 milioni di persone, tra lavoratori dipendenti e assimilati (cioè i co.co.co). «È una piccola cosa ma non si è mai fatta», ha aggiunto il premier. E, ingenerale, sugli impegni annunciati mercoledì, Renzi ribadisce di essere pronto a far calare la scure sui costi della politica, sui manager e sulla spesa pubblica. Ma non sui pensionati, dice, smentendo il commissario Carlo Cottarelli e annunciando che la spending review traslocherà dal Tesoro sotto la campana della presidenza del Consiglio, così se i tagli non riusciranno sarà «colpa mia».
    Con sicurezza, inoltre, il premier torna a garantire che si tornerà al voto solo nel 2018. «Sono convinto - dice - che questa classe politica in Parlamento ha l’ultima chance per dimostrare che può fare le cose».
    Con questi messaggi, uscendo da Palazzo Chigi - dove, ironizza, vive «agli arresti domiciliari» in balia di Graziano Delrio che gli impedisce di fare «i fuochi di artificio» - Renzi si accomoda così, per la prima volta da premier, nel salotto di Bruno Vespa.

    Le misure

    «L’Irap è una tassa odiosa - dice Renzi - perché più crei posti di lavoro più lo Stato ti tassa». Purtroppo, ammette, il governo non ce la fa subito a «produrre uno choc» dimezzando il carico fiscale. Si parte dai ceti medio-bassi. E qui il premier non ha intenzione di derogare agli impegni assunti mercoledì: entro maggio taglio del cuneo fiscale, entro settembre, sblocco dei debiti della pubblica amministrazione.
    Di scadenze alla porta, non c’è solo il 27 maggio: «Sui debiti della Pubblica amministrazione, 22 miliardi Letta li ha pagati, il resto - ha detto Renzi- lo salderemo entro il 21 settembre».

    Le risorse

    Renzi torna ad escludere categoricamente un problema di coperture, «i soldi ci sono» e, snocciolando cifre, elenca i capitoli di spesa. Tagli dei costi della politica, a partire dalla «chiusura» del Senato elettivo, vendita online delle auto blu, «i simboli del potere», 500 milioni dalla riduzione degli stipendi dei manager pubblici, che guadagnano più del «presidente della Repubblica», 2,5 miliardi dall’innalzamento delle rendite finanziarie, bot esclusi, dal 20 al 26 «come in Europa».
    Renzi smentisce anche il commissario dei tagli che aveva ipotizzato un contributo delle pensioni tra i 2mila ed i 3mila euro, esclude patrimoniali ma chiede a Cottarelli di cercare i soldi negli sprechi dello Stato per arrivare fino a 7 miliardi di tagli nel 2014. «I 3 miliardi indicati dal commissario sono prudenziali perché pensava non ci fosse volontà politica», spiega il premier che non ha intenzione di guardare in faccia nessuno e per il futuro vuole anche i dirigenti pubblici «a tempo determinato». Per trovare le risorse attraverso la spending, Renzi, «d’accordo con Padoan», avoca a Palazzo Chigi la struttura operativa guidata da Cottarelli.
    Renzi torna anche sull’abolizione delle province, affermando che : «108 sedi di Bankitalia e 108 Prefetture piano piano vanno via». E aggiungendo: «Questo lavoro qui lo facciamo ad aprile».
    Tagli anche alla Difesa: «È chiaro che qualcosa tagliamo, l’ho detto anche a Pinotti che è d’accordo» dice il premier, spiegando che nel 2014 ci sarà un taglio di 100 milioni, nel 2015 di «1,5 miliardi» e nel 2016 di «2,2 miliardi».
    «I soldi non si possono spendere per il patto di stabilità che è un patto di stupidità» dice ancora Renzi. Stoccata, poi, alle organizzazioni di categoria: «Sarebbe da vedere quanti lavoratori rappresentano».
    Bisogna «eliminare i vitalizi e i rimborsi dei consiglieri regionali», annuncia infine Renzi. E cita Gerry Scotti: «Mi ha scritto su Twitter “sono stato parlamentare per cinque anni, voglio rinunciare al vitalizio ma non posso farlo”. Troveremo il modo di accontentarlo, ma è il segnale di una persona che si rende conto che anche il piccolo contributo personale è giusto».

    Vespa: «Televisivamente, sfonda»

    Renzi «ricorda proprio il primo Berlusconi, quello del 2001, del patto con gli italiani» commenta Bruno Vespa che stasera a Porta a Porta ospita il presidente del Consiglio al debutto nella trasmissione tv di Rai1 che ha visto in questi anni otto premier sedersi in quel salotto. «Come Berlusconi, ha cominciato a salutare le persone dal cortile e fin dentro lo studio. La platea lo stava a sentire e reagire. Lui è proprio uno straordinario comunicatore. Bisognerà vederlo nei fatti ma televisivamente sfonda», aggiunge Vespa. Il patto con gli italiani? «Ne abbiamo accennato un momento, ma lui ha commentato “porta male”».
    Ma a chi lo definisce il figlioccio di Silvio Berlusconi, per le sue abilità dialettiche, Renzi fa spallucce: «Non lo sono, ognuno ha il babbo che ha...». I voti del centrodestra, invece, li vuole ma esclude che siano le Europee le elezioni in cui il Pd potrà «scardinare» i consensi degli altri partiti.
    Il premier e l’Europa

    «Il governo italiano rispetta tutti gli impegni che ha con l’Europa, ma il più grande impegno è cambiare per far tornare l’Europa vicina ai cittadini». Nella giornata di giovedì Renzi replica anche ai dubbi europei sulle misure del suo governo. Lo fa durante un convegno sulla Ue alla Camera. Il portavoce Simon O’Connor aveva sottolineato che la Commissione europea «accoglie positivamente l’intenzione di ridurre il cuneo fiscale tramite risorse ottenute dalla spending review» ma anche ricordato «l’impegno dell’Italia a rispettare il Patto di Stabilità e di Crescita», che prevede di raggiungere un bilancio strutturale in pareggio nel medio termine, specialmente dato «l’elevato debito pubblico».
    A Porta a Porta, inoltre, il premier aggiunge: «Non teniamo in ordine i conti per fare un favore ai capi di Stato e di governo, ma perché chi non lo ha fatto in passato ha sbagliato. Lo dobbiamo ai nostri figli e non ai figli dei capi di Stato. È come se la nonna portasse i nipoti al ristorante e dicesse “ora lascio loro un bel conticino da pagare”».

    Marchionne: «Va veloce il ragazzo»

    Nella giornata di giovedì Renzi ha anche incassato di nuovo l’approvazione di Sergio Marchionne. «È stato veramente qualcosa di nuovo, di dirompente, di cui il Paese aveva veramente bisogno. Ha il mio totale appoggio», dice l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler, commentando il piano Renzi per gli sgravi fiscali. Parlando a margine dell’assemblea degli azionisti della Svizzera Sgs, di cui è presidente, Marchionne aggiunge anche: «Bisogna dare uno scossone al sistema, altrimenti la baracca non si muove. Renzi deve andare avanti alla velocità della luce. Gli siamo tutti dietro». E, infine, chiude: «Sono orgoglioso di dove siamo arrivati. La cosa importante è farlo finire. Si è dato un traguardo piuttosto aggressivo. Io sono veloce, ma il ragazzo... Io ci avrei messo un paio di settimane in più. Con tutti questi obiettivi ha molto da fare».

    fonte corriere.it

     
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    dibattito al Consiglio europeo sulla ripartizione DELLE QUOTE dei profughi
    Migranti, Renzi a Ue: ‘Ripartizione o non siete degni di chiamarvi Europa’
    Toni duri del premier italiano a Bruxelles: «Se questa è la vostra idea di Europa, tenetevela. O c’è solidarietà o non fateci perdere tempo». «Italia pronta a fare da sola»

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    Il voto corrucciato del premier italiano Renzi, nella foto col premier spagnolo Rajoy (Lapresse)


    Uno scontro «violento» secondo chi vi ha assistito: durante il dibattito al Consiglio europeo sulla nuova politica Ue dell’immigrazione, il presidente del Consiglio Matteo Renzi avrebbe duramente attaccato i colleghi che si sono espressi contro l’obbligatorietà della ripartizione dei richiedenti asilo da Italia e Grecia. «Se non siete d’accordo sui 40 mila non siete degni di chiamarvi Europa», avrebbe detto Renzi, secondo quanto si apprende, per poi aggiungere «se questa è la vostra idea di Europa, tenetevela. O c’è solidarietà o non fateci perdere tempo». Insomma: una mediazione che adesso torna in alto mare. Con una discussione naufragata tra toni durissimi. Il presidente Juncker della Commissione europea avrebbe appoggiato il premier italiano. Il presidente del Consiglio Ue, il polacco Donald Tusk, si sarebbe invece espresso a favore dei paesi dell’Est, quelli più duramente contrari alla ripartizione delle quote.

    Lo scontro sulla volontarietà

    Lo scontro è sulla volontarietà. secondo quanto riferiscono fonti che assistono alla discussione, cominciata a cena, alcuni Paesi hanno chiesto di cambiare il testo delle conclusioni nella parte che riguarda la redistribuzione dei 40 mila richiedenti asilo da Italia e Grecia al resto d’Europa, pretendendo che sia inserita la parola «volontario» riferito al meccanismo di ripartizione. I paesi che si oppongono al testo attuale sono Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e Lituania.

    Renzi: «Non accettiamo nessuna concessione»

    Il j’accuse di Renzi è stato durissimo. «Non accettiamo nessuna concessione. O fate un gesto anche simbolico oppure non preoccupatevi: l’Italia può permettersi di fare da sola», ha detto il premier ai leader europei riuniti a Bruxelles sul tema dell’immigrazione. «È l’Europa che non può permetterselo», è l’atto di accusa di Renzi ai leader europei.

    «Ho pianto per il Muro di Berlino e Srebrenica»

    Il premier ha poi continuato: «Mi emoziono davanti all’Europa. Sono figlio di questa storia. Mi emoziono pensando che domani sarà qui Delors. Ma non accetterò mai che questa discussione sia così meschina e egoista. Abbiamo fondato l’Europa perché avevano ideali. Ho pianto per il muro di Berlino, ho pianto per Srebrenica. Credo in un ideale. Non accetterò mai un compromesso al ribasso», ha affermato il premier stando a quanto riferisce chi era presente all’incontro. E che, appunto, parla anche di un durissimo scontro con la presidente lituana Grybausakaite.

    Mogherini: «Senza ripartizione Ue perde credibilità»

    Anche il capo della diplomazia europea Federica Mogherini ha usato toni pesantissimo. Se l’Europa non riesce a redistribuire 60 mila migranti (i 40 mila richiedenti asilo già giunti in Italia e Grecia e i 20 mila ospitati nei campi profughi nei paesi terzi), vuol dire che «non siamo la grande Europa che può andare a negoziare in giro per il mondo». «Appoggiate tutti con entusiasmo la nostra strategia esterna sull’immigrazione - ha detto - ma senza decisioni sulla solidarietà interna la nostra credibilità esterna crolla».

    «Etica e ragionevolezza»

    Preparando il vertice di Bruxelles con i capi di Stato e di governo Ue, Renzi era «ottimista» sul fatto che l’Italia avrebbe potuto far valere le proprie ragioni. «Per la prima volta l’Europa riconosce il problema immigrazione, si apre una finestra di opportunità», - aveva detto Renzi aprendo l’incontro con le Regioni. Per affrontare il problema «ci vuole condivisione in Europa», aveva aggiunto il premier nel chiedere compattezza ai presidenti di Regione e sindaci. «Sul tema dell’accoglienza ci vogliono soluzioni che rispondano a requisiti etici e criteri di ragionevolezza. I richiedenti asilo si accolgono, i migranti economici vengano rimpatriati», aveva aggiunto.
    Il tutto mentre il presidente del Consiglio europeo Donal Tusk spiegava come tra «i membri non ci sia consenso sulle quote obbligatorie». L’ex premier polacco è tornato a ripetere che «la nostra priorità dovrebbe essere quella di contenere l’immigrazione illegale». E ancora, parlando del principio della volontarietà, il presidente del Consiglio Ue ha detto di poter capire chi «vuole questo meccanismo, ma sarà credibile solo chi prenderà impegni precisi e significativi al massimo entro la fine di luglio, perché la solidarietà senza sacrifici è pura ipocrisia».
     
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