A 19 anni muore di cancro, i medici le avevano detto: «Smettila di Googlare»

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    A 19 anni muore di cancro, i medici le avevano detto: «Smettila di Googlare»
    La ragazza, operata per un cancro al fegato, continuava a star male. I suoi genitori avevano trovato una spiegazione dei sintomi su internet, i medici li hanno minimizzati




    «Smettila di cercare i tuoi sintomi su Google»: così le avevano risposto in ospedale, i medici a cui si era rivolta 16 mesi prima, convinta di avere una rara forma di tumore, il carcinoma epatocellulare fibrolamellare. Il 23 dicembre 2013, a 19 anni, Bronte Doyne è morta. E solo adesso l’ospedale di Nottingham si scusa e ammette di non aver prestato «attenzione sufficiente» ai suoi racconti e di dover «entrare nell’era digitale». La drammatica vicenda raccontata dal Telegraph, che ha raccolto la testimonianza della famiglia, dimostra come a volte le informazioni raccolte attraverso la rete, per quanto debbano essere sempre valutate con cautela, possano essere preziosissime. In questo caso, avrebbero potuto salvare la vita a Bronte, se solo i medici le avessero dato ascolto.

    La malattia e la ricerca

    Bronte Doyne aveva appena compiuto 18 anni quando le fu diagnosticato un cancro al fegato: dopo 16 mesi, le dissero che l’operazione a cui era stata sottoposta era riuscita e che non doveva preoccuparsi, che sarebbe sopravvissuta. Ma lei e la sua famiglia non erano convinte della spiegazione frettolosa dei medici, sapevano che esistevano alte possibilità che il cancro potesse tornare e ucciderla, cosa che effettivamente ha purtroppo fatto. «Le uniche informazioni che abbiamo avuto le abbiamo trovate attraverso un sito della Fondazione del cancro fibrolamellare, che ha sede negli Stati Uniti, e che ha un forum internazionale - spiega la madre di Bronte, la signora Doyne, da Nottingham - Non si trattava semplicemente di una ricerca qualsiasi su Google, ma di una Fondazione seria legata alla Casa Bianca: eppure quest’aspetto non è stato preso in considerazione dai sanitari, che ci hanno semplicemente sconsigliato di continuare a fare ricerche su Google. Ci hanno detto che l’operazione avrebbe curato totalmente il tumore ma le informazioni trovate online dicevano altrimenti. Abbiamo chiesto insistentemente se c’erano possibilità secondo loro che il cancro tornasse, e loro ci hanno detto che le nostre preoccupazioni non avrebbero aiutato la ragazza».

    Il diario: «Sto male, non so perché, nessuno mi crede»

    I tweet, i messaggini e il diario di Bronte raccontano una realtà diversa: la ragazza continuava a star male, aveva paura, sentiva che il suo fisico non reggeva e sapeva di non poter confidare a nessuno quel disagio, oltre alla sua famiglia. Sei settimane prima di morire, andò di nuovo in ospedale per un peggioramento dei sintomi: ma un medico le disse che non aveva bisogno di essere visitata. «Ho paura - scrive Bronte - Il medico ha scrollato le spalle e mi ha fatto un commento sarcastico: mi ha detto che se voglio posso dormire lì ma loro non potrebbero far niente per me. Così adesso mi tocca aspettare per un altro appuntamento in ospedale». Solo alla fine, dieci giorni prima di morire, Bronte fu ricoverata presso un’unità oncologica per ragazzi: ma ormai era tutto inutile.

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