Arriva la prima legge europea sui rider

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    Arriva la prima legge europea sui rider (che però esclude i tassisti)
    Nonostante l'opposizione della Francia, i ministri Ue del Lavoro hanno dato l'ok alle norme che tutelano i lavoratori delle piattaforme come Uber e Glovo
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    Alla fine l'Europa avrà una legge per tutelare i diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali, a partire dai rider. I ministri del Lavoro dell'Ue hanno dato il via libera alla direttiva proposta dalla Commissione europea dopo che Francia e Germania si sono a lungo opposte al testo concordato da Stati membri e Parlamento Ue.

    Le nuove regole, che secondo le stime di Bruxelles dovrebbero riguardare 43 milioni di lavoratori entro il 2025, mirano a contrastare il fenomeno delle false partite Iva. Secondo diverse stime, citate dalla stessa Commissione Ue, i finti autonomi sarebbero 5,5 milioni sui 28 milioni di occupati totali nel settore nel 2022. Chi fa appello alla giustizia per far riconoscere il proprio status reale e i diritti connessi, si scontra spesso con normative poco chiare. Da qui, la necessità di fissare norme e criteri validi per tutta l'Europa.

    Stop alle false partite Iva
    Proprio su questo punto, l'iter della direttiva si era arenato per via dell'opposizione di alcuni governi, in particolare quello francese. La Commissione europea aveva proposto una serie di criteri validi per tutti i Paesi Ue in base ai quali è possibile stabilire se un lavoratore è dipendente o meno. L'ultima versione del testo prevedeva 5 criteri (dai limiti massimi sulla quantità di denaro che i lavoratori possono ricevere, alle restrizioni alla libertà di organizzare il lavoro e norme su aspetto o comportamento). Se almeno due di questi criteri erano soddisfatti, allora il rapporto lavorativo poteva essere classificato come subordinato.

    Le pressioni di Francia e Germania hanno eliminato questi criteri fissi: saranno i singoli Stati a stabilire i propri criteri sulla base della "normativa nazionale" e dei "contratti collettivi vigenti". Chiaramente, le scelte dei Paesi devono essere in linea con la "giurisprudenza della Corte di giustizia europea", spiega in una nota il Parlamento Ue.

    Al termine dei negoziati finali, resta però immutato il principio della "presunzione legale": i governi dei 27 Stati Ue dovranno "stabilire una presunzione legale relativa dell’occupazione a livello nazionale, con l’obiettivo di correggere lo squilibrio di potere tra la piattaforma e la persona che svolge il lavoro tramite piattaforma". Se un contratto viene qualificato dalle autorità nazionali come subordinato (o se il lavoratore fa ricorso), spetterà all'azienda l'onere della prova, ossia di dimostrare che il rapporto contrattuale non è da lavoratore dipendente.

    Algoritmi
    La direttiva non si ferma ai contratti, ma affronta anche la questione degli algoritmi usati dalle piattaforme per monitorare i lavoratori e compiere delle scelte sul loro utilizzo. Le nuove norme obbligano le aziende a prevedere una "supervisione umana dei sistemi automatizzati per garantirne la conformità alle condizioni di lavoro" e danno ai lavoratori "il diritto di contestare le decisioni automatizzate, come la chiusura o la sospensione degli account".

    Inoltre, le piattaforme non potranno trattare dati sullo stato emotivo o psicologico di qualcuno o utilizzare strumenti di intelligenza artificiale per prevedere, ad esempio, se i lavoratori intendono aderire a un sindacato o scioperare. Le persone che lavorano attraverso le piattaforme manterranno il diritto di trasferire i propri dati da una piattaforma all’altra, garantendo la portabilità dei dati e la possibilità di spostarsi senza problemi tra le piattaforme.

    Le reazioni
    Dal governo italiano al Pd, passando per i sindacati, il via libera alla direttiva è stato accolto come un successo. "Un accordo storico quello raggiunto dal Consiglio Ue dei ministri del lavoro sui lavoratori delle piattaforme. Questo accordo va nella direzione della giustizia sociale e delle tutele per oltre 30 milioni di lavoratori", ha detto Elisabetta Gualmini, europarlamentare dei democratici e relatrice per il Parlamenteo europeo della direttiva. Non condivide lo stesso entusiasmo il Movimento 5 stelle: "La direttiva europea sulla piattaforma dei lavoratori, così come emersa da un lungo ed estenuante braccio di ferro europeo, ne esce decisamente ammaccata se non monca - dice l'eurodeputata Tiziana Beghin - Il settore dei taxi viene incredibilmente esentato e sono stati stralciati i cinque criteri che affermavano il rapporto di subordinazione. Francia e Germania hanno voltato le spalle a milioni di lavoratori e in particolare ha sorpreso molto e in negativo la posizione del governo tedesco a guida socialista", conclude Beghin.


    https://europa.today.it/
     
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