Ben Stiller: prendo in giro la guerra secondo Hollywood

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  1. sorriso@
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    Satira dello showbiz con i capricci dei divi raccontati come sono

    Stelle di Hollywood divorate dal proprio ego (battuta chiave, «io non leggo il copione è il copione che legge me»), produttori laidi e dispotici, uffici stampa pronti a tutto pur di non perdere il contratto con il divo. E poi la solita legge per cui l’Oscar viene puntualmente assegnato all’attore che si cimenta nel ruolo del disabile, in questo caso denominato Simple Jack, un frullato di Tom Hanks in Forrest Gump e Sean Penn Mi chiamo Sam. Con Tropic thunder, che ha già incassato 100 milioni di dollari in Usa e dal 24 ottobre sarà sui nostri schermi, Ben Stiller, stavolta regista, interprete, produttore e sceneggiatore, mette all’indice l’universo cinematografico hollywoodiano, una fiera delle vanità in cui ognuno fa a gara per dare il peggio di sè.

    I primi a risentirsi sono stati i rappresentanti delle associazioni di portatori di handicap che hanno organizzato una vigorosa protesta durante l’anteprima americana del film richiedendone il boicottaggio. Ma chissà quanti altri a Hollywood non hanno gradito la messa in scena esilarante dei loro pessimi difetti: «Nessuno si è davvero arrabbiato - racconta il mattatore di Ti presento i miei - l’intento parodistico è molto chiaro e poi riguarda un mondo e non un singolo interprete. Certo, da noi in America la mania del “politically correct” è talvolta eccessiva, credo che gli europei abbiano un senso dell’umorismo più spiccato».

    Lo scenario del film è quello dei classici sul Vietnam stile Platoon, una pattuglia di soldati che marciano nella giungla rischiando la vita ad ogni passo: «Sono un fan dei film di guerra e quindi volevo ricreare quell’ambientazione anche se Tropic thunder parla soprattutto di Hollywood, del cinismo dello show business e degli estremismi che lo caratterizzano». La novità è che stavolta gli eroi, cioè gli attori, svelano il loro vero volto. Ben Stiller è una star dai mille capricci che recita con l’unico obiettivo di ritrovare il successo: «Non mi rivedo nel ruolo, non mi pare di essere un tipo viziato, non ho mai fatto richieste assurde alla produzione o ad altri. Nel mondo del cinema succede spesso che le persone siano messe in condizioni di comportarsi da star, dipende da noi attori, registi, riuscire a tenere i piedi per terra». Jack Black è specializzato in filmacci scurrili e molto popolari, cerca il riscatto con un ruolo serio ma è alle prese con una crisi d’astinenza. Robert Downey jr., dipinto di nero, vuole dimostrare che le sue capacità interpretative gli permettono di essere chiunque, a prescindere dal colore della pelle. Ha vinto già cinque Oscar e ora è in cerca del sesto. Brandon T.Jackson si chiama Alpa Chino, è stato un re dell’hip-hop e adesso pretende la consacrazione d’attore. Su tutti svetta Tom Cruise, trasformato nell’archetipo del produttore violento e sboccato, calvo, panciuto, porcino. Il suo balletto finale è già diventato di culto e per molti l’attore dovrebbe entrare di diritto nella rosa dei candidati non protagonisti all’Oscar: «Sul personaggio abbiamo lavorato insieme - spiega Stiller -, mettendo grande attenzione nei particolari».

    Democratico, sostenitore di Obama, il regista dice che, se proprio fosse costretto a scritturare la governatrice repubblicana dell’Alaska Sarah Palin, le affiderebbe la parte della cattiva.
     
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0 replies since 20/9/2008, 09:54   93 views
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