TERMINOLOGIA DEL DOLORE

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    Secondo la definizione della IASP (International Association for the Study of Pain - 1986):
    e secondo l'associazione dell'O.M.S. Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno.
    Esso non può essere descritto veramente come un fenomeno sensoriale, bensì deve essere visto come la composizione:

    * di una parte percettiva (la nocicezione) che costituisce la modalita’ sensoriale che permette la ricezione ed il trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo, e
    * di una parte esperienziale (quindi del tutto privata, la vera e propria esperienza del dolore) che è lo stato psichico collegato alla percezione di una sensazione spiacevole.

    L'esperienza del dolore è quindi determinata dalla dimensione affettiva e cognitiva, dalle esperienze passate, dalla struttura psichica e da fattori socio-culturali.

    * Il dolore è fisiologico, un sintomo vitale/esistenziale, un sistema di difesa, quando rappresenta un segnale d’allarme per una lesione tissutale, essenziale per evitare un danno.
    * Diventa patologico quando si automantiene, perdendo il significato iniziale e diventando a sua volta una malattia (sindrome dolorosa)

    (Mannion & Woolf, The Clinical Journal of Pain, 2000).

    Il dolore può risultare pungente, tirante, bruciante, pruriginoso, a sbarra, compressivo ... Il fatto che sia una esperienza personale implica un valore soggettivo che non è facilmente quantificabile, In altre parole è assai difficile misurare e valutare un dolore nella sua completezza.

    Solitamente crea disagio fisico e psichico e compassione (o gioia maligna) sociale. Prima di giungere alla corteccia cerebrale lo stimolo muta in tre eventi: trasduzione, trasmissione e modulazione.
    Dal punto di vista della durata temporale, il dolore è classificabile come:

    1. Transitorio: vi è attivazione dei nocicettori, corpuscoli responsabili della trasmissione degli stimoli dolorosi, senza danno tissutale. Scompare con la cessazione dello stimolo;
    2. Acuto: è un dolore nocicettivo, di breve durata in cui solitamente il rapporto di causa/effetto è evidente: nel dolore acuto, per effetto di una causa esterna o interna, si ha una fisiologica attivazione dei nocicettori. Si ha, in genere, un danno tissutale; il dolore scompare con la riparazione del danno.
    3. Recidivo: come spesso in cefalgie
    4. Persistente: la permanenza dello stimolo nocicettivo o della nocicezione rendono il dolore "persistente".
    5. È "cronico" il dolore associato a profonde modificazioni della personalità e dello stile di vita del paziente che costituiscono fattori di mantenimento indipendenti dall'azione dei nocicettori.

    Il dolore inoltre, anche se sembra un controsenso, può avere due accezioni: utile e non utile; diventa utile quando esso rappresenta un campanello d'allarme e ci fa capire che siamo di fronte a un potenziale problema più o meno grave. Tutti i dolori che non fanno le veci di un campanello d'allarme sono inutili e devono essere soppressi; tali dolori sono rappresentati da tutti i tipi di dolore cronico, di qualunque natura essi siano, benigni o maligni.

    Forme ed eziologia

    * dolore nocicettivo basato primordialmente sull'irritazione dei sensori di dolore (nocicettori) e trasmissione degli impulsi (trasmissione di dolore) al sistema nervoso centrale
    * dolore neuropatico in seguito a lesioni del sistema nervoso periferico o del sistema nervoso centrale (p.es. dopo amputazione, paraplegia, infezioni da herpes, polineuropatia diabetica).
    * dolore funzionale in seguito a disturbi funzionali (ad esempio mal di schiena causato da impostura e movimenti abitudinali disfunzionali).

    * Meccanismi psicosomatici e riflessivi vegetativi come:
    o Attivazione del sistema nervoso simpatico in stati di ansia
    o Attivazione del sistema nervoso parasimpatico in stati di depressione
    o Aumento di tono muscolare in situazioni di stress emotivo

    Alcuni fattori psicosociali possono amplificare e/o cronificare dei dolori. Sono da prendere in considerazione nella terapia del dolore.

    Diagnosi differenziale


    Disturbi psichici come p.es. depressioni larvate.


    Aspetti del dolore cronico: il "dolore globale"
    Il dolore cronico presente nelle malattie degenerative, neurologiche, oncologiche, specie nelle fasi avanzate e terminali di malattia, assume caratteristiche di dolore GLOBALE, legato a motivazioni fisiche, psicologiche e sociali, come evidenziato nei documenti dell' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)[1].
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    Il dolore come riflessione della condizione umana

    La riflessione come condizione umana, vista nel continuo oscillare tra dolore e noia, angoscia e disperazione, e l'analisi delle possibili vie di liberazione da tale situazione di sofferenza, concentra la propria attenzione su due autori fondamentali della filosofia contemporanea: Schopenhauer e Kierkegaard. Questi pensatori appaiono sostanzialmente isolati nel panorama culturale della prima metà dell'Ottocento, dominato dall'illusione ottimistica dell'idealismo e del positivismo cui essi si contrappongono in modo deciso e radicale. Al di là delle filosofie accademiche e della loro visione astratta e sistematica, essi si fanno attenti e sensibili interpreti di un'inquietudine profonda che minaccia la società del tempo, dovuta anche alla grande trasformazione economica in atto ed al crollo dei valori tradizionali, messi in crisi dall'attivismo spregiudicato e dallo spirito di sopraffazione dei nuovi ricchi, mercanti, borghesi e capitalisti protagonisti del mutato scenario storico. Pur nella diversità delle soluzioni prospettate, tali autori sono accomunati, oltre che dalla critica ad Hegel ed all'ottimismo dei "professori", anche da un'attenzione nuova alla condizione dell'uomo, considerato nella sua realtà sofferente e singolare: dei sette giorni della settimana, affermava con accenti decisamente pessimistici Arthur Schopenhauer:

    Fonte-Wikipedia
     
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