La medicina funziona meglio se viene presa all'ora giusta

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    La «cronoterapia» segue i ritmi dell'organismo: meno effetti collaterali, maggior efficacia

    MILANO - «Il cortisone era ritenuto una "brutta bestia". Oggi lo abbiamo domato, sappiamo come farlo prendere ai pazienti per ridurre al minimo gli effetti collaterali e trarne il massimo beneficio». Parola di Maurizio Cutolo, responsabile dell’Unità di Reumatologia del Dipartimento di Medicina Interna dell’università di Genova e presidente dell'ultimo congresso dell'European League Against Rheumatism (Eular), che si è tenuto di recente a Roma. Dove è stato svelato il «segreto» per usare al meglio il cortisone: la cronoterapia, ovvero la somministrazione del farmaco in tempi precisi, che rispettino i ritmi dell'organismo.

    RITMI – Il concetto è semplice, in fondo. Nessuno si sognerebbe di dare l'insulina a un diabetico in un momento qualsiasi della giornata: lo stesso dovrebbe essere per il cortisone a chi soffre di una malattia reumatica, perché le cure devono «adattarsi» alle variazioni di attività del nostro organismo, quei ritmi circadiani che danno il passo alle nostre 24 ore. I cortisonici di fatto servono a compensare il deficit di cortisolo tipico delle patologie reumatiche e di tutte le malattie in cui c'è un coinvolgimento infiammatorio o del sistema immunitario. La risposta immune e infiammatoria dell’organismo è attiva di notte: è alle tre di notte, ad esempio, che c’è la fase di secrezione del Tnf e del cortisolo. Per cui, se vogliamo avere il massimo effetto alla minima dose, il cortisone deve arrivare in circolo attorno a quell'ora. «Gli “orologi interni” del nostro organismo influenzano costantemente i cambiamenti biologici che avvengono nel corpo umano, tra cui la secrezione degli ormoni – spiega Cutolo –. Così, le carenze a ciclo giornaliero del metabolismo degli ormoni glucocorticoidi possono contribuire alla comparsa dei sintomi infiammatori caratteristici al momento del risveglio».

    CORTISONE – Per svegliarsi un po' meno indolenziti e rischiare di meno gli effetti collaterali, quindi, è bene dare il cortisone al momento giusto, quando realmente deve “tappare” un buco perché il metabolismo è in una fase in cui non produce abbastanza cortisolo. Per riuscirci oggi esistono formulazioni di cortisonici che si prendono alle dieci di sera e liberano il farmaco intorno alle tre di notte: andandolo a fornire all'organismo quando ce n'è bisogno non si rischia il sovradosaggio (anzi, si possono usare dosi inferiori) e si diminuisce la probabilità di effetti collaterali. «I sistemi a rilascio modificato riducono l'indolenzimento delle articolazioni al mattino, oltre a dare gli stessi benefici terapeutici delle formulazioni classiche – spiega Cutolo –. Numerosi studi hanno confermato l'efficacia dei cortisonici nell'artrite reumatoide, sia in monoterapia che soprattutto in associazione con altri farmaci. La cronoterapia ci insegna che è possibile migliorare ulteriormente il trattamento dei pazienti con i cortisonici semplicemente rispettando i ritmi biologici della produzione di ormoni da parte dell'organismo. Perché non dovremmo mai dimenticare che il anche il cortisone è un ormone». Gli effetti collaterali derivano proprio dalla «sovrapposizione» indebita del farmaco dato dall'esterno con il metabolismo normale degli steroidi, che come tutti i processi organici ha un suo ritmo circadiano. Intervenire al momento sbagliato aumenta la probabilità di far più male che bene, facendo sballare il sistema: è per questo che anche l'ora del cortisone ha la sua grossa importanza.

    Elena Meli

    www.corriere.it/
     
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