Quando il farmaco fa più male che bene

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    Quando il farmaco fa più male che bene

    A cura dell'Avv. Caterina Venarucci

    Quando si è in dolce attesa, la tutela della salute della gestante e del nascituro diventa una priorità delicatissima tanto che , per quanto riguarda l’eventuale uso di farmaci, si preferisce farne a meno, almeno nelle prime settimane , sia che questi siano antinfiammatori ,che antibiotici ; il pericolo di aborto o malformazioni più o meno consistenti per il feto è ormai assodato ,qualora si proceda ad assunzioni farmacologiche , ma anche vitaminiche o integratori in dosi eccessive, tali da compromettere il normale sviluppo del feto, nei primi mesi di gestazione. La sentenza che andiamo ad illustrare va però oltre a quanto illustrato e si pronuncia su una gravidanza che ancora non c’è , ma che potrebbe svilupparsi qualora la paziente si sottoponga a particolari farmaci.
    Il soggetto che nasca con gravi malformazioni causate dalla somministrazione alla gestante di un farmaco - i cui effetti negativi siano stati sottaciuti dai medici - ai suoi genitori, hanno diritto al risarcimento del danno patito.
    E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 10471/09, che chiude un lungo iter processuale che ha visti coinvolti due medici e una famiglia che li aveva tratti a giudizio per il risarcimento del danno causato al figlio, ora maggiorenne, affetto da gravi malformazioni provocate da una terapia cui si era sottoposta la madre al fine di procreare - senza però essere stata adeguatamente informata circa le rischiose conseguenze che la predetta terapia avrebbe potuto provocare al feto.
    L’articolata sentenza pone una distinzione tra i diritti del nascituro e quelli dei genitori.
    La Corte sottolinea che il bambino vanta diritti propri ancor prima di venire alla luce; tra questi, il diritto a nascere sano.
    Pertanto, il medico che prescrive alla mamma farmaci che possono provocare malformazioni al nascituro, oltre a risarcire i genitori per non averli informati sulle possibili conseguenze del trattamento, dovrà risarcire anche il figlio del danno subito.
    Diversamente, la mancanza di consenso informato, tale da porre la madre nelle condizioni di poter scegliere per l'interruzione volontaria della gravidanza, non può dar luogo a risarcimento anche nei confronti del feto poi nato con malformazioni, oltre che nei confronti della gestante madre.
    Specifica in proposito la Corte che non sussiste un "diritto a non nascere"; dunque il figlio non potrà reclamare quell’ulteriore voce di danno, che invece viene riconosciuta ai genitori, determinata dalla impossibilità di scelta in ordine alla interruzione della gravidanza.
    Conseguentemente, in assenza di "un diritto a non nascere se non sano", il "concepito, poi nato, non potrà avvalersi del risarcimento del danno perché la madre non e' stata posta nella condizione di praticare l'aborto".
    Concludendo, nel caso in cui una donna si sottoponga a un particolare trattamento per poter procreare, nella inconsapevolezza di eventuali effetti negativi sulla salute del feto, in quanto non illustrati dai medici, sia i genitori che il figlio nato con malformazioni potranno agire per ottenere il risarcimento del danno subito.
    Il figlio può vantare pretese risarcitorie in virtù della violazione del proprio diritto a nascere sano; non potrà invece invocare un diritto a non nascere, e dunque chiedere il risarcimento del danno, in quanto la madre non è stata posta nella condizione di interrompere la gravidanza.
    I genitori, invece, potranno far valere proprio tale ultima pretesa, vista l’assenza di un consenso informato validamente prestato.

    Avv. Caterina Venarucci
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