BOWE BERGDAHL IL MARINE DIMENTICATO

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    Il marine dimenticato nelle mani dei talebani
    È stato rapito tre anni fa in Afghanistan. Da allora si sono diffusi in rete gruppi che raccolgono i suoi video e che chiedono ad Obama la sua liberazione
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    "Liberatemi, per favore. Vi prego riportatemi a casa". La barba lunga, il volto scavato. E le parole di aiuto diffuse nei numerosi video caricati in rete. Si tratta di Bowe Bergdahl, 26 anni, l'ultimo prigioniero dimenticato dell'Afghanistan. Abbandonato dagli Usa dal 30 giugno del 2009, giorno in cui è finito nelle mani dei talebani.

    Jane e Bob, i genitori di Bowe, dal giorno del rapimento passano ore a guardare i video su You Tube in cui il figlio prega di essere liberato. È l'unico modo per sentirlo vicino.

    Bowe è stato sfortunato. È arrivato nella terra dei talebani nel momento peggiore possibile, quando Obama ha ordinato la controffensiva di primavera nel 2009. Piuttosto che scegliere la ritirata in quel periodo il comandante in capo ha scelto di attaccare, incrementando il numero di truppe.

    Il suo reparto nonostante l'importanza nel controattacco ai talebani era noto per non rispettare alla lettera le regole previste. Quando erano di pattuglia Bowe e i suoi compagni preferivano indossare cappellini da baseball al posto degli elmetti. Il 30 giugno di tre anni fa si presentò dal suo capo: "Se avessi intenzione di lasciare il campo base, ci sarebbero problemi se portassi con me il mio equipaggiamento?". Si trattava di una domanda retorica con l'unico obiettivo di avvisare i compagni dell'intenzione di scappare.

    A poco più di 24 ore dalla sua scomparsa l'intelligence Usa ha intercettato una conversazione tra due talebani. "È vero che hanno catturato un ragazzo americano?". "Sì, è vivo". "Dovere fare un video per diffondere in tutto l'Afghanistan che abbiamo uno degli americani".

    Poi l'inizio della ricerca, ma nulla. A meno di un mese dalla sua fuga ecco in rete il primo video diffuso in rete. Un filmato di propaganda per dichiarare al mondo il potere talebano. Lo stesso Mullah Omar, in un in un messaggio del settembre 2010, ricordava la situazione del prigioniero americano come esempio dell'umiliazione dell'America.
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