MORTO MUBARAK SARA' VERO?

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    SCOMPARE L'UOMO CHE HA DOMINATO l'EGITTO PER 30 anni
    «Mubarak è clinicamente morto»
    Ma il giallo sull'agonia continua
    L'annuncio dell'agenzia Mena poi smentito da alcune fonti vicine all''ex rais dell'Egitto
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    Prima l'annuncio dell'agenzia ufficiale egiziana Mena: «L'ex presidente Hosni Mubarak è clinicamente morto». Poi due fonti vicine all'ex rais riportate dalle agenzie Reuters e Ap e dalla tv araba Al Jazeera: «Il presidente è peggiorato, le sue condizioni sono pessime: dopo l'infarto è in respirazione artificiale ma è ancora presto per dire che è clinicamente morto». Uno degli avvocati di Mubarak ha poi detto all'Ansa che «l'ex presidente è ancora in vita, ma è in coma». Analoga dichiarazione ha fatto alla Cnn un generale del Consiglio delle Forze Armate.
    Dunque anche l'agonia dell'uomo che ha segnato il destino dell'Egitto negli ultimi 30 anni diventa un giallo. L'unica cosa certa è che Mubarak è stato trasferito d'urgenza dal carcere in ospedale dopo un infarto sotto folta scorta militare. Mubarak - 84 anni - era stato condannato al carcere a vita il 2 giugno «per il suo coinvolgimento nell'uccisione di dimostranti antiregime all'inizio dell'anno scorso»
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    IL FARAONE - Alfiere del mondo arabo moderato ma anche rais dal pugno di ferro, Hosni Mubarak - il faraone dalle dieci vite, scampato ad altrettanti attentati - aveva lasciato le redini del potere l'11 febbraio scorso, chiudendo una parabola durata 30 anni. Nato nel 1928, rampollo di una famiglia dell'alta borghesia, provetto pilota addestrato nelle scuole sovietiche, durante la guerra del Kippur del 1973 si distingue tanto da guadagnarsi i galloni di Maresciallo dell'Aria.
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    LA LUNGA CARRIERA - Il 6 ottobre 1981 Mubarak è già vicepresidente e si trova accanto al rais Anwar Sadat, l'uomo della pace con Israele, mentre quest'ultimo, durante una parata militare, cade a terra sotto i colpi di un estremista islamico. Mubarak rimane fortunosamente illeso, essendosi chinato per allacciarsi una scarpa: una coincidenza su cui i suoi detrattori speculeranno a lungo, affermando che fosse a conoscenza dell'imminente attentato. Assunte le redini del potere, le manterrà per tre decadi, governando con pugno di ferro grazie allo stato di emergenza, che gli consentirà di controllare con grande efficacia ogni forma di opposizione. Un'oppressione morbida non sgradita all'Occidente, che nel solido rais ha sempre visto un baluardo contro il fanatismo islamico e non solo. Nella sua lunga permanenza al potere, Mubarak si è infatti dimostrato un solido alleato degli Usa, che hanno contraccambiato con generosi finanziamenti alle sue forze armate, e un prezioso interlocutore negli sforzi di pace tra palestinesi e israeliani. Ma anche un abile tessitore di rapporti con la grande famiglia araba, in cui l'Egitto è rientrato da leader dopo essere stato espulso come traditore per gli accordi di pace firmati con Tel Aviv.
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    LA FINE - Negli anni '90 la crisi economica segna una prima, importante emorragia di consensi per Mubarak, la cui credibilità sarà successivamente segnata da alcune denunce per aver favorito il figlio 'Ala nei processi di privatizzazione. Ma sarà soprattutto l'altro figlio, Gamal, scelto dal rais come suo delfino e inviso al popolo egiziano, a fargli attirare odi e rancori persino all'interno della sua stessa formazione politica, il Partito Nazionale Democratico. La rabbia popolare esplode il 25 gennaio 2011, quando il Cairo si riempie, per la prima volta dal 1977, di decine di migliaia di persone radunate per la 'giornata della collera'. Per 18 giorno tra il rais e la folla di manifestanti assiepata a piazza Tahrir si svolge un'estenuante prova di forza che si concluderà l'11 febbraio, quando il vicepresidente, Omar Suleiman, appare in tv e annuncia l'attesissimo messaggio: Mubarak si è dimesso. L'ex presidente si rifugia a Sharm el-Sheik mentre il nuovo Egitto chiede a gran voce la sua incriminazione per la repressione e la corruzione del regime. Ad aprile del 2011 il ricovero in ospedale per problemi di cuore, poi il processo e la condanna all'ergastolo, che ha suscitato le proteste di avrebbe voluto la pena capitale per l'uomo giudicato responsabile della repressione che portò alla morte di almeno 850 manifestanti. Dal giorno della sentenza, il 2 giugno scorso, le sue condizioni di salute si sono aggravate, fino all'infarto che ne ha decretato la «morte clinica». Con giallo, ovviamente.

    Rdeazione Online
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0 replies since 20/6/2012, 04:33   4 views
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