PUGLIA, PRETE TRUFFA 2 MILIONI ALLA REGIONE. "18MILA LITRI DI BIRRA PER 29 AMMALATI" -FOTO

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    BARI - Pinze dermatologiche costate fino a cento volte il loro valore effettivo, derrate alimentari acquistate in quantitativi sproporzionati se rapportati ai 30 pazienti ricoverati in sei anni, lavori di manutenzione ordinaria fatturati a prezzi stratosferici e artifici contabili nei bilanci 2004-2010 per giustificare costi mai sostenuti per incassare dalla Regione Puglia i relativi finanziamenti. È stimata in oltre due milioni di euro la presunta truffa che ha portato agli arresti domiciliari due amministratori della colonia hanseniana 'Opera Pia' dell'ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari): il sacerdote don Mimmo Laddaga, reggente dell'ente ecclesiastico dal quale dipende l'ospedale 'Miulli, e Saverio Vavalle, dirigente dell'ex lebbrosario chiuso nel 2011 e costato alle casse regionali circa sette milioni di euro l'anno.

    FORNITURE SOSPETTE: 18MILA LITRI DI BIRRA Il provvedimento di arresto è firmato dal gip di Bari Giovanni Abbattista che ha accolto le richieste del pm Renato Nitti che indaga su altre otto persone tra imprenditori che hanno documentato di aver svolto lavori nell'ex lebbrosario, dipendenti della struttura e fornitori. Proprio le forniture di alimenti danno l'idea dello sperpero di danaro pubblico a fini privati. Basti pensare che in soli quattro anni, dal 2007 al 2010, per i 29 degenti sono stati acquistati circa 18.000 litri di birra, 6.100 litri di Coca Cola, oltre 1.300 di Lemonsoda e 3.800 di aranciata Fanta.

    TANTI MEDICI E PRANZI FARAONICI E se questo non bastasse al 'serviziò dei 29 ospiti (di età media di 74 anni) nel faraonico ospedale c'erano sei medici, 23 infermieri, un fisioterapista, 17 addetti alle pulizie, tre autisti, un calderista, tre amministrativi, sei centralinisti, un elettricista, quattro addetti di lavanderia, un calzolaio, una sarta, un parrucchiere, un barbiere, tre suore lavoratrici, un parroco a stipendio e sei cucinieri. Questi ultimi erano organizzati per produrre circa 600 pasti giornalieri ma di fatto ne preparavano circa 15. Per quanto riguarda i pasti, venivano ordinati ai fornitori - sottolinea l'accusa - quantitativi pro-capite giornalieri assolutamente proporzionati: 700 grammi di pane, 1,4 kg di frutta, 500 grammi di latte per la colazione, tra pasta e riso 360 grammi, 1,7 kg di verdure. In particolare, nel 2007, per i pochi degenti sono state ordinati per la colazione 243 chili di biscotti e 150 chili di confettura.

    LE INTERCETTAZIONI Gli accertamenti che hanno portato agli arresti sono basati soprattutto su consulenze tecniche di carattere contabile e dichiarazioni di testimoni. A sostegno della tesi accusatoria un'intercettazione del 31 ottobre 2010 tra un ex medico dell'ex lebbrosario, Roberto Giannico, all'epoca licenziato dall'ospedale Miulli con l'accusa di aver falsificato le cartelle cliniche di due pazienti, e una collega. Nella telefonata Giannico riferisce di illeciti di sua conoscenza risalenti al periodo in cui era in servizio nella colonia hanseniana e dei finanziamenti illecitamente percepiti. Informazioni che il medico ha raccolto in un dossier consegnato ai pm e confluito nel fascicolo d'inchiesta che ha portato oggi ai due arresti. Ma negli atti del pm Nitti c'è molto di più di quanto trapela dal provvedimento restrittivo e dal decreto di sequestro di beni per due milioni (relativo a 25 immobili e 11 fondi rustici) a carico del Miulli e dei due arrestati. Sull'arresto del sacerdote è intervenuto il vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, mons. Mario Paciello, spiegando che la gestione della colonia hanseniana «non ha generato alcun danno nè ai pazienti, nè alla Regione Puglia». Paciello, che definisce don Laddaga «una formica instancabile e laboriosa», annuncia di aver insediato proprio ieri una commissione di indagine sulla gestione dell'ex lebbrosario e si mette a disposizione della magistratura per chiarire ogni aspetto della vicenda. Ma quella dell'ex lebbrosario sembra una storia tutta da scrivere. Ad aprile si seppe che il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, era indagato per una transazione da 45 milioni non conclusa tra Regione Puglia e ospedale Miulli. Oltre a Vendola in quest'inchiesta sono coinvolte altre sei persone tra le quali gli ex assessori regionali alla Sanità Alberto Tedesco (ora senatore) e Tommaso Fiore, il vescovo Paciello e don Laddaga. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono abuso d'ufficio, falso e peculato. Vendola risponde di tutti e tre.
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