ALLUCE VALGO NUOVE TECNICHE

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    Alluce valgo, a Napoli nuove tecniche
    per rimettersi in piedi


    Intervista al chirurgo Ottorino Catani



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    NAPOLI – Non riuscire a camminare, perdere la libertà di muoversi e
    diventare schiavi di antidolorifici e terapie che spesso non portano a
    nulla. Ecco i principali effetti dell'alluce valgo, patologia che in
    Campania colpisce migliaia di persone, molte delle quali anche giovani.
    Per i più, un vero e proprio dramma dal quale però ora è possibile
    liberarsi con facilità. La risposta arriva infatti grazie ad una tecnica
    innovativa utilizzata da un chirurgo napoletano, Ottorino Catani, che
    riesce rimettere in piedi i suoi pazienti in poche ore.



    Dottor Catani, perché si parla di intervento mininvasivo?
    «Perché,
    nonostante l’ostracismo inspiegabile di gran parte dei colleghi e della
    società di chirurgia del piede, i risultati postoperatori sono
    eccellenti e l’entusiasmo dei pazienti ha prodotto un passaparola senza
    eguali in questo settore chirurgico. Oggi si vedono tantissimi piedi che
    nel passato rimanevano nascosti per la paura di affrontare un
    intervento molto doloroso». Con questa tecnica non c'è dolore? «Si
    tratta di un aspetto molto soggettivo, ma in questo caso non si può
    parlare di dolore. Certamente si tratta pur sempre di un intervento
    chirurgico e quindi ci sono dei fastidi. In linea di massima però non si
    va mai oltre. Anzi mi viene da sorridere perché la domanda tipica dei
    miei pazienti è “dottore, il dolore deve ancora arrivare?”. Non riescono
    a capacitarsi del fatto che non soffriranno e per me questa è una bella
    soddisfazione».



    Chiedono anche altro?
    «Quando possiamo operare l'altro piede. Insomma, non ci sono paragoni con la chirurgia tradizionale».



    Dove ha imparato questa metodica chirurgica?
    «Inizialmente
    ho partecipato ad alcune sedute operatorie di un chirurgo perugino,
    probabilmente il primo ad importare in Italia questa tecnica, poi sono
    andato in Spagna dagli ideatori di questa metodica e che da quasi
    vent’anni la propongono, quindi ho potuto affinare le mie capacità prima
    in alcune sale settorie, su preparati anatomici ,ed infine ho iniziato a
    proporla e praticarla nel mio ospedale, riscuotendo un notevole
    successo. Oggi la ricca casistica raccolta mi ha permesso di approntare
    delle mie personali modifiche». Tutti possono sottoporsi a questo tipo
    di intervento? «Inizialmente abbiamo stabilito dei criteri di scelta e
    ci siamo imposti dei limiti, operando con questa tecnica solo le
    deformità lievi o medie, escludendo quelle più gravi. Oggi, visti i
    risultati, non escludiamo nessuno. Dal punto di vista funzionale
    riusciamo a garantire la totale eliminazione del dolore e a ristabilire
    una mobilità normale. E anche se lo scopo è quello di lavorare per un
    buon piede, e non per un bel piede, spesso anche il risultato estetico
    raggiunto è comunque apprezzabile. Abbiamo operato anche alcune
    novantenni, affette da patologie internistiche importanti, oggi forse
    sono le nostre migliori fans».



    Dove è possibile operarsi con questa tecnica?
    «Penso
    che l’ospedale San Paolo sia stata la prima struttura pubblica nel
    Meridione d’ Italia, grazie a me, ad aver implementato questo tipo di
    tecnica per l’alluce valgo e per le deformità di tutte le dita. Adesso
    ci sono molte strutture pubbliche e convenzionate che stanno iniziando
    ad utilizzarla. Il fatto è che questa tecnica è tanto valida da aver
    “intasato” le liste d'attesa. Oggi ,se consulta il Cuo del San Paolo,
    per operarsi con questa tecnica bisogna aspettare almeno 2 anni.
    Addirittura la richiesta è così forte che la risposta della struttura è
    stata quella di separare le lista d’attesa. Per operare un ginocchio per
    un menisco, o per togliere una cisti ad una mano, o per praticare un
    intervento per tunnel carpale bisogna aspettare solo 2-3 mesi, mentre
    per un alluce valgo o per una deformità delle altre dita dei piedi ci
    vogliono due anni. Questo è sicuramente uno dei motivi per cui sto
    meditando di lasciare l’ospedale per lavorare in qualche struttura che
    mi consenta un più ampio spazio chirurgico. Il mio primario sta facendo
    di tutto per trattenermi ma il reparto in cui lavoro è legittimato ad
    avere un maggiore indirizzo ortopedico traumatologico».





    fonte corriere della sera
     
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0 replies since 15/5/2013, 07:05   7 views
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