UOMO D'AFFARI SI FA ASPORTARE LA PROSTATA PER NON RISCHIARE TUMORE

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    LONDRA
    Uomo d'affari si fa asportare la prostata
    per non rischiare il tumore
    Come Angelina Jolie, che si è sottoposta alla mastectomia,
    il paziente era portatore del gene della malattia

    Asportazione preventiva della prostata
    LONDRA – 53 anni, una moglie, quattro figli, davanti a se una vita da vivere senza la paura del cancro: il gene del tumore al seno non affligge solo le donne. Stando a uno studio realizzato su 2000 uomini dall’Istituto della ricerca sul cancro di Londra (ICR), BRCA 1 e 2 hanno un impatto sulla suscettibilità del portatore al tumore alla prostata e c’è chi preferisce non rischiare. Sulla scia delle rivelazioni di Angelina Jolie, che ha raccontato di essersi sottoposta a una doppia mastectomia preventiva, emerge la storia di un uomo d’affari londinese che, per le stesse ragioni, ha scelto di farsi rimuovere la prostata.

    LA DECISIONE - Come Jolie, aveva assistito alla malattia della madre, nonché di una zia. Come Angelina, era perfettamente sano. Quando ha scoperto di aver ereditato il gene ha deciso di tutelarsi. Non voleva vivere con la spada di Damocle sulla testa. I medici inizialmente erano restii a portare a termine l’intervento, che stando al Sunday Times rappresenta la prima rimozione preventiva della prostata al mondo. L’operazione infatti non solo ha conseguenze gravi sulla fertilità, ma può anche innescare disfunzioni erettili e incontinenza. L’uomo inoltre non sembrava aver ragione di temere il peggio. La risonanza magnetica e gli esami del sangue non avevano rilevato alcuna anomalia. Alla fine il chirurgo Roger Kirby si è convinto quando la biopsia ha evidenziato microscopiche mutazioni maligne. ‘«Se non fosse stato portatore del gene – ha sottolineato – non avremmo comunque fatto questo intervento, neanche con i risultati della biopsia alla mano». La vera sorpresa è arrivata dopo l’intervento, quando un esame approfondito della prostata ha rilevato «un notevole livello di cellule cancerogene». Il paziente ora «sta bene», ha sottolineato Kirby. «Per chi ha il gene questo tipo di intervento può rappresentare una vera liberazione».

    LO STUDIO - Ros Eeles, professoressa del centro di ricerca londinese e direttrice dello studio, cerca ora 26.000 volontari con familiari che hanno avuto problemi alla prostata per un monitoraggio di cinque anni. L’obiettivo è valutare se esami aggiuntivi sono in grado di prevenire il cancro e se, come sistema, va offerto a chi ha una elevata suscettibilità a questo tipo di carcinoma. Secondo la ricerca di Eeles, il portatore del gene BRCA 2 ha otto volte i rischi di contrarre il cancro alla prostata, il portatore del BRCA 1 il triplo rispetto media.

    Paola De Carolis








    fonte corriere della sera
     
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